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29/03/24

Venezia Cinema 2012. The company you keep di Redford … e … I Miserabili


Categoria: CINEMA
Pubblicato Venerdì, 07 Settembre 2012 01:13

È arrivato l’esordiente, per Venezia, Robert Redford, regista e protagonista di "The company you keep" dal romanzo di Neil Gordon, adattato da Lem Dobbs,  affiancato da un cast in gran parte, come si suol dire… stellare: Shia La Beouf, Julie Christie, Sam Elliott, Nick Nolte, Susan Sarandon, Jackie Evancho, Brendan Gleeson e Terrence Howard.

 

Thriller civil-politico che racconta la storia di Grant, avvocato di provincia, Albany-NY, padre vedovo da un anno che vive con la figlia dodicenne fino a quando un ambizioso giornalista, Ben Shepard, scopre che è in realtà un ex attivista del movimento Weatherman Underground, responsabile e ricercato per l’omicidio di un poliziotto avvenuto trent’anni prima, in piena contestazione antimilitarista contro l’intervento USA in Vietnam.

 

E da quel momento che inizia la caccia all’uomo, preoccupato solo di non esporre al trauma di questo suo ritorno al passato la figlia adolescente, ancora in lutto per la prematura perdita della madre.

 

La confezione è in perfetto stile radical Hollywoodiano.

 

Efficaci il montaggio, il ritmo, le musiche la fotografia tutto quello che serve per farlo sembrare un’elegante e coerente film indipendente anche se badget e ispirazione paternalistico-normalizzante non combaciano perfettamente con gli intenti espliciti. Nè da una star di quella stazza si può poi troppo pretenderlo nonostante la militanza nel cinema civile dimostrata negli ultimi decenni (non solo con alcune pellicole di riguardo ma anche con l’invenzione di un festival prestigioso come il Sundance) potrebbe indurre ad aspettarsi.

 

Né i preziosi camei di Sam Elliott, Richard Jenkins, Nick Nolte e Susan Sarandon riescono a salvare le apparenze . Gli incassi sono prevedibilmente assicurati e, tutto sommato, la coscienza pure.

 

**********

 

Mr. Redford,cosa l’ha spinta a fare questo film?

 

Oggi si può guardare con distacco alla storia è questo è il motivo di base che mi ha spinto a farne un film. Che secondo me somiglia, ricorda I Miserabili in quanto anche lì c’è un fuggitivo  perseguitato da un investigatore. Inoltre, come nel romanzo, anche nel mio film si racconta di cosa un padre sia disposto a fare per il bene di una figlia. La scelta degli attori della mia generazione è basata oltre ché sul loro talento anche sulla vecchia stima reciproca e riguardo ai giovani sulla bravura, sulle capacità artistiche.

 

Quali differenze tra la generazione di ribelli degli anni 60/70 e quelli contemporanei?

 

Beh, avevamo motivazioni diverse, mezzi operativi diversi, non c’era internet, ogni generazione ha i suoi motivi di scontento, tempi e condizioni sono diversi…

 

I giornalisti di ieri e quelli di oggi?

 

Nell’altro mio film “Tutti gli uomini del presidente i due giornalisti interpretati da me e Dustin Hoffman mettono in primo piano l’etica mentre oggi c’è più un riemergere dell’ego personale e professionale che ricerca prima di tutto il successo. La ricerca dello scoop a ogni costo prevale sull’umanità dei soggetti in esame, sulla storia che deve a ogni costo diventare notizia. Ben il giovane protagonista di questo film ricerca la verità ma anche l’ammirazione che gli arriverà se riuscirà ad arrivarci prima dell’FBI.

 

Durante la campagna alle presidenziali di Obama si è parlato di suoi contatti con l’organizzazione Weatherman Underground (organizzazione contro la guerra in Vietnam a cui appartengono i personaggi del film, ndr), corrisponde al vero?

 

No è assolutamente ridicolo non ho mai avuto nessun tipo di contatto con loro.

 

Qual’era la sua posizione politica in quegli anni?

 

Ero molto giovane e stavo entrando nel mondo del cinema, pensavo a lavorare e a crescere la mia famiglia…

 

Qual è la situazione attuale in Usa rispetto ai cambiamenti in atto nel paese?

 

C’è una grande necessità di riforme che permettano alla gente che ha poco potere di accedere alle risorse che la società ha da offrire. Obama pensa che il cambiamento sia inevitabile ma i suoi oppositori ne temono le conseguenze e questa è la cosa che più mi rattrista.

 

Pensa che gli europei abbiano da riflettere sulla loro situazione politica attuale? Quali differenze riscontra con gli USA?

 

Invidio l’Europa per la sua antica storia, noi siamo molto più giovani, abbiamo molto potere e ne sono lieto ma abbiamo solo duecento anni di storia ed è questo che mi porta qui. Qui, come negli Usa, ogni generazione ha la possibilità di diventare una guida e mi spiace che la mia abbia sprecato questa possibilità…

 

Si tende in genere ad assimilare le proteste di vario tipo al terrorismo. Cosa ne pensa lei?

 

Riguardo la domanda penso che lei si riferisca a esempi comela Baader-Meinhoffo a  organizzazioni simili in Europa che peraltro conosco poco. Io posso parlare per gli USA. Lì le intenzioni delle organizzazioni contrarie alla guerra erano giuste, la loro causa era senz’altro giusta. Penso sia giusto chiedersi se dopo trent’anni siano ancora convinti di tale giustezza, se siano pentiti. Avremmo dovuto fare diversamente? Era giusto così? Sono cambiato in questi anni? Quali erano le emozioni allora e ora. È questo quello che ho voluto esplorare in questo film.

 

La lotta è inutile?

 

Se lo pensassi non sarei qua. Ci sarà sempre qualcosa per cui lottare. Vedo oggi le stesse ingiustizie, gli stessi errori di una volta e questo non penso possa cambiare, per questo ci sarà sempre bisogno di lottare ovunque nel mondo.

 

C’è una battuta nel film: “I super, super, super ricchi vivranno sempre bene a scapito dei non ricchi”. Lei che fa parte di quella categoria cosa ne pensa?

 

Vorrei che la sua affermazione (che io sia super ricco) fosse vera. Ad ogni modo c’è certamente una parte di quelli che hanno poco o nessun potere che vogliono una parte di quel potere posseduto dalle elite finanziarie. Ha visto cosa succede alle conventions repubblicane? Esse rappresentano si  e no l’un per cento della popolazione…

 

Può dire qualcosa sulla violenza nel film?

 

La parte iniziale del film, che attraverso vecchi filmati di repertorio mostra la violenza degli scontri tra manifestanti e polizia, è l’ultima possibilità e per questo ho voluto mostrarla, mostrare questo punto importante. Ma d’altronde è il dolore stesso, la sofferenza a essere violenta e anche con questo bisogna misurarsi…

 

Vincenzo Basile



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