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28/03/24

Cannes 2017, è la volta del Male e suoi derivati. Ma il cielo della Croisette è sempre più blu


Categoria: CINEMA
Pubblicato Domenica, 21 Maggio 2017 23:34

di Vincenzo Basile

 

Faute D’Amour ultima fatica del russo Andrey Zvyagintsev, affermatosi proprio a Cannes con il suo penultimo, acclamato Leviatan (2014) e’ la riproduzione microcosmica della nuova grande Russia riciclatasi dal Post Sovietismo all’individualismo più estremo.

 

Il registra, per mostrare lo sfrenato egoismo verso cui tende buona parte dei suoi conterranei, utilizza Zhenya e Boris, (una coppia medio borghese tutta presa dall’organizzazione del dopo divorzio) indifferente verso il piccolo Alyosha, il loro unico e poco desiderato figlio, il quale sparira’ ben presto di casa e dalla scena. A nulla serviranno ne’ la polizia, emblema di un disordine corrotto e inefficiente, ne’ un gruppo di volontari specializzati in scomparse di bambini.

 

Attentissimo all’ambientazione, alla strategica distribuzione di ruoli e alla psicologia dei personaggi, il regista sfoggia una fotografia eccellente dei paesaggi ed efficace nel mostrare le sfumature di tenerezza, tensione, erotismo delle sequenze. Un’opera di notevole rigore stilistico che risulta  complessivamente un ottimo film da Festival.

 

Sarebbero probabilmente bastati meno di 127 minuti per riuscire, forse anche meglio, a centrare l’obiettivo.

 

 

Sicilian Ghost Story 

 

Giuseppe Di Matteo, quattordicenne vittima di mafia, fu ucciso nel tentativo di far tacere suo padre, ex-mafioso divenuto collaboratore di giustizia.

 

Il suo omicidio ebbe grande risalto anche per il cruento occultamento del cadavere, che non fu mai trovato, poiché disciolto in una vasca di acido nitrico.

 

Fabio Grassadonia et Antonio Piazza inscenano il calvario, durato 779 giorni, dello studente palermitano, all’epoca del sequestro non ancora tredicenne.

 

Dall’innamoramento per la coetanea alle due segregazioni che subì all’interno di fatiscenti tuguri, sepolti tra i monti delle Madonie, fino all’agghiacciante epilogo.

 

La struttura è quella tipica del thriller di mafia, ma la narrazione procede per strati compresenti. Il riferimento al dramma romantico di Giulietta e Romeo, ai film di indagine e denuncia sociale e politica di Rosi, il racconto di formazione e il romanzo gotico, i cui canoni, a questi livelli di tragicità, sono forse i più indicati  a rendere atmosfere e vicende individuali. La fotografia di Luca Bigazzi forse eccede ma non troppo, in certo virtuosismo decorativo ma e’ comunque piu’ che all’altezza nel contemperare le esigenze oniriche al piano realistico che gli autori pretendono. Con il loro precedente Salvo, presentato a Cannes nel 2013, vinsero entrambi i premi della Semaine della Critique: Grand Prix e Prix Révélation.

 

Con la sceneggiatura di questo nuovo lungometraggio hanno già vinto il prestigioso Sundance Institute Global Filmmaking Award, consegnatogli durante il Sundance Film Festival scorso.

 

 

Le Vénérable W.

 

Alla trilogia sul Male iniziata nel 1974 con il documentario sul dittatore ugandese Idi Amin Dada e proseguita nel 2007 con L’avvocato del Terrore (Jacques Vergès) mancava l’anello finale. Chi poteva meglio del monaco Wirathu, fondatore in Birmania del movimento antimusulmano “969”, propugnatore dell’odio razziale e religioso nei confronti della minoranza islamica in Birmania, incarnare il Malvagio per eccellenza?

 

Tale proprio in quanto Buddista, dunque portatore della più alta etica umanista, fatta di non violenza, di sviluppo della coscienza attraverso l’accettazione di se e degli altri, di liberazione dall’illusioni mediante l’abbandono della materialità e il superamento del Karma.

 

Operativamente il regista si limita a registrare le affermazioni, le pratiche e gli insegnamenti che il monaco diffonde tra i suoi devoti, proprio per privare di ogni soggettività e giudizio il racconto.

 

Ma i materiali filmici degli orrori compiuti dai sui seguaci, insieme alle dichiarazioni dei testimoni, dei giornalisti e alla completa indifferenza della Polizia locale a danno dei perseguitati, trasformano inevitabilmente l’operazione documentaristica nella denuncia politica e sociale di uno sterminio di cui poco o niente si sapeva.

 

Da parte di Schroeder, buddista da mezzo secolo, e in assoluto nel cinema contemporaneo, una prova di coraggio, coerenza spirituale e impegno civile rara.

 

A 11 anni da An Inconvenient Truth, Al Gore torna a Cannes per promovere il suo secondo documentario sull’ambiente, An Inconvenient Sequel. Truth to Power.

 

Su una delle più panoramiche terrazze del Palazzo del Cinema ha rilasciato una breve intervista in diretta TV, a Canal plus.

 

La novità rispetto al decennio precedente è che le soluzioni sono a portata di mano, bisogna solo applicarle”.

 

“Sono molto ottimista ma bisogna decidere quando intervenire”.

Intorno alle 20, su quest’ultima inedita affermazione dell’intervistato, si è diffuso l’allarme bomba alla Sala Debussy, la seconda del Festival per capienza; sale di proiezione e Palais immediatamente evacuati.

 

 

Alive in Paris, chiude la serie dei film più attesi della giornata.

 

Abel Ferrara, il massimo esploratore di addictions e creatore di personaggi pluridipendenti, rinasce trasformato dagli eccessi salvifici ai quali da decenni si abbandonava, grazie a Patrizia, la nuova moglie e alla bellissima bambina che da lei ha avuto in Alive.

 

E mescola, comprimendoli, frammenti dei suoi Blackout e Go Go Tales con Mulberry Street, China Girl e Chelsea on the Rocks. Le immagini scorrono caotiche dietro le sue spalle e a quelle del gruppo da lui messo su, tra East Coast e Francia, raccattando un batterista all’ultimo momento per 3 date, due a Toulouse e l’ultima a Parigi. Un flusso indifferenziato di partenze, arrivi, shows, parties e soprattutto musica; Blues e Rock, manco a dirlo. La chitarra di Paul Hipp insieme al pianoforte di Joe Delia evocano, tra gli altri, Il Cattivo Tenente e L’angelo della Vendetta ma anche Chris Penn, mentre canta in The Funeral proiettato sul fondale del locale. Una corista intanto, si spoglia di ruolo e di vestiti.

 

In sintesi, apparentemente, la chiusura della parabola antisociale del regista italo-newyorkese è, forse, l’inizio di un nuovo percorso, temporaneamente documentaristico, in attesa di definirsi più compiutamente nei temi.

 

L’elettricità dell’evento si è comunque percepita; unica scossa della quarta giornata di visioni.

 

-  Cannes 2017. Vivacità delle polemiche: ecco la questione morale di V.B. (Agenzia Radicale)

 

 



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