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19/04/24

Poesì di Rino Mele. Questo maggio pietoso


Categoria: Poesì
Pubblicato Lunedì, 16 Maggio 2022 00:50

Oscene ossessioni sono le guerre, e di quello straziato delirio l'umanità è prigioniera. L'ultimatum di George W. Bush a Saddam Hussein porta la data del 19 marzo 2003. A fine marzo 2003 fu pubblicato il mio libro di poesia "I dolorosi discorsi", edizioni Sottotraccia.

 

La prima parte del libro è dedicata all'incendio appena sorto. Tra i primi testi, uno porta nel titolo quella data, "19 marzo 2003", ne leggo qualche verso: "Baghdad è nell'immagine / di New York, gli aerei / entrano nelle case, spezzano le sue torri, / i muri hanno palpiti / d'infiniti sismi, conoscono la morte, le contorte / funi ritorte nella nuova tortura”.

 

In quel libro c'è anche "Questo maggio pietoso", è del maggio 2002: meno di un anno dopo il mondo arderà per la guerra in Iraq.

 

 

 

 

RINO MELE

 

 

Questo maggio pietoso

 

 

Torneranno tutti. Spingeranno su pattini

d'aria il corpo, piccole

ruote di gomma, lo tireranno

con carrucole lievi, argani

silenziosi, le gru spezzate dell'infanzia.

Riempiranno le scale

e gli ascensori, stipàti

nelle metropolitane, troveranno riparo

nelle stanze dai letti rifatti, gli armadi.

Pallidi, ciechi, senza memoria,

avranno una voce

sottile, e basterà niente a farli piangere.

Hanno freddo,

si sono portati appresso quell'umore

gentile, il ghiaccio

delle lacrime dipinte, il bianco degli occhi,

i capelli messi insieme

da invisibili dita. All'improvviso avranno

fame e ci divoreranno, ben seduti,

la forchetta a sinistra come da un manuale.

Sarà un lungo giorno, i divorati

torneranno anche loro uguali, nella purezza

idiota della parola

insensata, un passo di danza in cui la mano

destra è alta e prende

la sinistra di chi dolcemente le si oppone

e la tira: come aprisse un velo,

la figura che s'apre e scompare. Le piazze,

i giardini, sono caduti nel vuoto,

la richiesta di un dono, l'allegria

feroce della guerra

per rabbrividire. Quando escono dalla calce,

non resta alcun segno, la siepe

è intatta e Dio ride

della vana spuma di una piccola onda

che intorno a una pietra

s'adombra e sfugge. Sulla riva,

in una vecchia Buick rossa, un maestoso

vagabondo conta le sue tre

dita, pensa al figlio inchiodato

su un palo, al suo amore straziato, le ali

di un fuoco

bianco, e s'addormenta,

anche lui senza nome, smemorato.

 

__________________________________   

 

  

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

Leggi l'intera sequenza di POESÌ

 

 



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