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19/04/24

Gennaro Vallifuoco e le Guarattelle. Divagazioni su Pulcinella, Totò e segni picassiani


Categoria: MOSTRE
Pubblicato Martedì, 30 Maggio 2017 00:19

Saranno le suggestive sale espositive delle Terrazze di Castel dell’Ovo a Napoli ad ospitare, dal 29 maggio all’11 giugno, la personale dell’artista Gennaro Vallifuoco con la partecipazione degli allievi del corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.

 

La mostra, realizzata in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli, è inserita nel programma del Maggio dei Monumenti 2017 ed è curata da Augusto Ozzella.

 

L’esposizione presenta un focus centrale con le tavole realizzate da Gennaro Vallifuoco a corredo del volume «Le Guarattelle: fra Pulcinella, Teresina e la morte», scritto da Roberto De Simone e pubblicato dall’editore Franco Di Mauro nel 2003. 

 

Dalla tradizione del teatro popolare dei burattini, all’avanguardia dei primi del Novecento, ai giorni nostrila mostra “Divagazioni su Pulcinella, Totò e segni picassiani” è un omaggio a quello che è il linguaggio più caro a Gennaro Vallifuoco, un linguaggio che si lega al filo della memoria e lo attualizza attraverso la ricerca del segno che trasferisce un sogno

 

E il sogno è anche quello degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli con la direzione tecnica di Marco Perrella, i cui lavori esposti in contemporanea con le tavole di Vallifuoco, rappresentano un’incredibile sintesi tra le tradizioni figurative del teatro popolare, del teatro dei burattini e di quella anche mestiere dell’”arte” del teatro di cui il Principe della risata è stato tra i più grandi ambasciatori nel mondo.

 

 

“C’è nel lavoro di Gennaro Vallifuoco l’abilità dei vecchi maestri di scena, pittori ancor prima che tecnici, capaci di restituire grazie ai loro grandi pennelli, con cui dipingere dall’alto, le atmosfere di questa o quell’ambientazione a “pinakes” fissi - osserva Stefano De Stefano, docente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli -.

 

E infatti nel linguaggio dello scenografo irpino si riscontra quella sapienza storica, che in genere rifugge dalle tecnologie estreme del tempo presente, per immergersi nella cultura più autentica del suo nobile mestiere. Come peraltro la mostra di Castel dell’Ovo chiarisce a fondo, a partire dal rapporto fecondo fra il maestro e i suoi allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, anche loro in parte protagonisti di questo ciclo.

 

A partire dalla prima sezione, quella che prevede l’esposizione del tema centrale, quello del filo rosso che lega i suoi burattini, Picasso e Totò. Con l’idea scenografica partorita da alcuni studenti per un immaginario allestimento del «Pulcinella» di Stravinskij o con le sagome ritagliate in legno di un Totò decisamente cubista. E poi la ricostruzione di uno scenario per guarattelle di Serafino Tanzillo, un fondale quasi metafisico di un notturno sul golfo di Napoli.

 

Infine le tavole con la sequenza ripresa del libro «Le Guarattelle: fra Pulcinella, Teresina e la morte», scritto da Roberto De Simone e pubblicato dall’editore Di Mauro nel 2003, di cui Vallifuoco ha curato con tratto rapido e fortemente espressivo le illustrazioni qui esposte. Segmenti di un rapporto di collaborazione con il musicologo e compositore che va avanti da anni e che di volta in volta si rinnova sul terreno di una sperimentazione, che rimanda costantemente all’incrocio fra la cultura partenopea e la freschezza stilistica che riporta alle avanguardie storiche di primo Novecento”. 

 

 

Della magia di questo artista irpino sempre alle prese con tavolozza e pensieri, ha scritto Gerardo Picardo:  “Gennaro Vallifuoco gioca col tempo. Ascolta il vento, e dipinge. Nei labirinti di cui sono fatte tutte le sue opere, si fanno luce i distinti. L’artista continua ad accendere fuochi nella notte, scheggiando la selce della sua Irpinia. Fa uscire le parole-segno da un oltre più profondo, che è il vissuto di ognuno, con le sue carte e i morti che portiamo appesi al collo, vede le cicatrici che sono parte di noi e i Santi che al Sud sono sempre Salmi di speranza recitati nelle piazze. Danzano tra porti di attese e sguardi inesausti Pulcinella e Totò, un’immensa topologia della nostra infanzia contadina e carica di vita, dei sogni che abbiamo perso, delle piccole scommesse mantenute arrivando a sera.

 

Eppure sono percorsi non raggiunti dalla ruggine, contaminazioni di umanità. Vallifuoco impasta colori e ombre, ricorda a se stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo. Conosce le erbe adamantes, i cui segreti sono noti solo ai medici e alle streghe, e il potere del Notarikon, l’abile combinazione di lettere e figure in modi distinti che ottiene risultati diversi secondo la loro posizione.

 

Una geometria del tempo di dentro, che mostra un pensiero slargato sul domandi senza dimenticare i terreni cretosi che abbiamo dovuto attraversare per trovare sentieri abitati dall’attesa e dalla battaglia di ragione, cifra di percorsi tenuti controvento. Quest’opera è perciò un arcipelago di testimonianze di quel ‘plurale’ che ci serve nel viaggio senza fine della ricerca. Una danza di ciò che abbiamo perso, e del poco che abbiamo portato nella bisaccia, graffiandoci con unghie di carne e di parole perdute. La forza delle tele è sempre pensiero.

 

 

Libera, perché racconta. E aiuta a diventare finalmente messaggeri di nessuno, pone il suo ‘melos’ su una tavolozza e nella carne di una storia vissuta, nella quale all’esodo del viandante di senso corrisponde l’avvento di un ‘anghelos’ che per ciascuno ha un volto, e stra dritto in piedi tra rovine e altari infranti. Giordano Bruno, nello Spaccio della bestia trionfante, parla della verità e dice che “il tempo non l’arruga e notte non l’interrompe…”. Forse, tra le nostre lotte e ritorni, è questo che cerchiamo. Anche le mani di Rino Vallifuoco hanno la riga delle corde dei porti mancati. Ma sono mani che tracciano colori di confine, segnando il ritorno al centro dopo l’avventura del labirinto.

 

La sua pittura è alchimia, voce che consuma le attese. È segreto di carne, che dice appartenenza sotto il nocciolo di una terra che ti cammina nell’anima, dove il vento ha l’odore del sale e dei crepuscoli anneriti. In questo universo di più universi, Vallifuoco traccia un salutare nostos, il ritornare alla piazza di un paese del cuore che custodisce solitudini e attese di grano nei campi aperti della memoria. Nelle vene di questi pennelli inquieti abita un canto di nenie e lamenti di donne che raccontano vita. Rimandano sempre a infiniti significati e avventure. Di aperto e scoperto. Vi prende forma un sentiero del destino. Bellezza che è rischio reale nella danza dei misteri e l’irrevocabilità del passato.

 

Ed è meglio lasciar partire le parole prima che penetrino in gola, e qualcuna in petto. Non c’è, per nessuno – è il messaggio dell’artista - la teriaca di Andromaco, il leggendario farmaco capace di guarire ogni cosa. Ci sono però scialli di lana per l’inverno, e altra legna da accannare per i giorni. Gli impastatori di intrugli mirano alle stoffe del quotidiano, i cantastorie hanno il loro palco. Gli artisti – gente dannata di verità - hanno occhi diversi. Sanno che il passato è un dio potente, che neanche Dio può cambiare. Stendono colori come fossero pezze di lino sulla carne aperta di mille ferite. E guardano il sole con Pulcinella e Totò”.

 

Perché sulla condizione soglia del nostro tempo, Vallifuoco pianta un’altra tenda per farci parlare anche con le ombre. È il canto di un cammino che si fa insieme, oltre l’erba sconfitta da ogni inverno. Quando gli altri pensano di possedere tutta la verità, i pittori cominciano a cercarla. Nella notte e nel vento più bello: l’ànemos del Mediterraneo. Perciò i loro pennelli non sono mai asciutti di vita.

 

Salvatore Balasco

 

 

Gennaro Vallifuoco e le Guarattelle 

Divagazioni su Pulcinella, Totò e segni picassiani

Terrazze di Castel dell’Ovo a Napoli

29 maggio - 11 giugno 2017

Inaugurazione lunedì 29 maggio, dalle ore 17.30 alle 20 

 

 



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