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18/04/24

Aborto legale difficile, il Consiglio d’Europa conferma le distorsioni italiane


Categoria: DIRITTI E LIBERTA'
Pubblicato Lunedì, 11 Aprile 2016 18:16

Per gli “amanti” del genere non è una novità. Da tempo si denunciano infatti le difficoltà crescenti in Italia nell’applicazione nelle strutture pubbliche della legge 194 in materia di interruzione volontaria di gravidanza. Ora c’è anche un nuovo bollino del Consiglio d’Europa, chiamato a pronunciarsi in materia di obiezione di coscienza, dopo la denuncia presentata dalla CGIL nel 2013 contro la legge che non prevede sufficienti garanzie che nelle strutture ospedaliere sia sempre presente un numero minimo di personale non obiettore che possa praticare l’aborto.

 

«Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto – si legge nelle conclusioni della sentenza dell’organo con sede a Strasburgo – continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge ». L'Italia, per giunta, discrimina medici e personale medico che non obiettore.

 

Secondo il comitato dei diritti sociali del Consiglio d'Europa "la Cgil ha fornito un ampio numero di prove che dimostrano come il personale medico non obiettore affronti svantaggi diretti e indiretti, in termini di carico di lavoro, distribuzione degli incarichi, opportunità di carriera". Lo stesso comitato ha osservato che il governo "non ha fornito virtualmente nessuna prova che contraddica quanto sostenuto dal sindacato e non ha dimostrato che la discriminazione non sia diffusa".

 

A rendere problematico l'accesso all'aborto sono tra l'altro una diminuzione sul territorio nazionale del numero di strutture dove si può abortire e la mancata sostituzione del personale medico che garantisce il servizio quando un operatore è malato, in vacanza o va in pensione. Il comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d'Europa ha rilevato che le strutture sanitarie "non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all'obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate".

 

Secondo Filomena Gallo e Mirella Parachini, rispettivamente segretario e membro della direzione dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, “la decisione di oggi dimostra come negli ospedali del nostro Paese sia sistematicamente violato il diritto alla salute delle donne…Violazioni che il Consiglio d'Europa aveva già denunciato con una sentenza emessa due anni fa. Nonostante ciò, non solo il governo ha continuato a fare finta di nulla, ma dal 15 gennaio scorso ha perfino inasprito le multe per le donne che, non riuscendo a interrompere la gravidanza per mancanza di medici non obiettori, sono costrette a rivolgersi a strutture non accreditate o a medici non autorizzati. Un provvedimento che riporta l'Italia a un clima pre-194 e non considera che il ritorno dell'aborto clandestino è diretta conseguenza del dilagare dell'obiezione di coscienza”.

 

Intanto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin prende goffamente tempo, e si riserva – dice - di approfondire con i miei uffici, ma dalle prime cose che ho letto mi sembra si rifacciano a dati vecchi che risalgono al 2013. Il dato di oggi è diverso». Per il ministro «non c’è alcuna violazione del diritto alla salute». Bontà sua.

 

 



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