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29/03/24

Brexit, le vittime di Londra e il signor Dijsselbloem


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Domenica, 26 Marzo 2017 09:47
  • Silvio Pergameno

Non si tratta ovviamente di tentare collegamenti o connessioni di cause ed effetti tra avvenimenti quando si accostano, come nel titolo dato a queste note, fatti tanto eterogenei e lontani, ma che pur suggeriscono riflessioni che sembra non possano esser ignorate. Il discorso vale per il signor Dijsselbloem, quando si lascia sedurre da incredibile complesso di superiorità, che lo porta all’uso di espressioni che lo mettono nettamente dalla parte del torto, quali che possano essere le ragioni delle sue convinzioni personali in materia di politica finanziaria e testimoniano di un troppo circoscritto approccio ai problemi europei, che ben spiega la rischiosa lentezza con la quale procede l’unificazione del vecchio continente.  

 

Ė la modestia, la ristrettezza di orizzonti con la quale le classi politiche dei paesi europei affrontano la vicenda del continente, anche quando la confinano entro i modesti ambiti dei problemi finanziari e soprattutto quando incorrono in decisioni e comportamenti di estrema gravità, come quando la Svezia chiude il ponte dal quale arrivano i profughi dal Mediterraneo, o, fatto assai più grave, nel realizzare il nord stream, il gasdotto che collega direttamente Russia e Germania, lo si costruisce tutto sottomarino, evitando che attraversi i paesi baltici e Polonia…, o quando si interpreta lo stato di diritto come stato delle regolette.

   

Così si arriva alla miopia della Brexit… eppure quando la follia di terroristi solitari miete vittime innocenti, noi registriamo che su un ponte sul Tamigi restano colpiti inglesi, francesi, rumeni… sentiamo che alla Camera dei comuni siamo colpiti tutti noi, è colpita la nostra democrazia e la nostra storia… il signor Dijsselbloem sarà senza dubbio un esperto delle materie finanziarie, ma quando usa certe espressioni per esprimere le sue valutazioni politiche, dimostra soltanto di non avere che una percezione molto vaga dei problemi sul tappeto.

 

Lo conferma l’alto concetto che dimostra di avere delle proprie convinzioni quando – dopo l’accaduto - manifesta l’avviso di non volersi dimettere dalla carica di presidente dell’Eurogruppo o quando non avverte il bisogno di scusarsi per l’uso di espressioni fin troppo sconvenienti, il che non comporta, è fin troppo chiaro, un’implicita approvazione di politiche finanziarie discutibili, come quella del nostro paese

 

Quanto poi all’attentato di Londra, che si aggiunge a una serie sempre più lunga, il contrasto appare evidente tra i fatti e la risposta che agli stessi viene data. Gli attentati colpiscono l’Europa, con una dislocazione geografica nella quale si può vedere un significato politico, e anche una strategia (implicita?, esplicita?, di mera risulta?...), perché il terrorismo dei fondamentalisti islamici, non essendo in grado di soggiogare l’Europa con spedizioni militari, mira, o quanto meno ottiene il risultato, di colpire il nostro modo di vivere, di minacciare il nostro modo di pensare, di mettere a rischio la nostra democrazia proprio nei suoi principi.

 

Schengen a rischio, la necessità di altre restrizioni di diritti, il bisogno di sicurezza che può scatenare movimenti politici antidemocratici… e più ancora: i rapporti intraeuropei, con i paesi dell’est che non sono convincenti, non rivelano un’intensa opera di costruzione politica di un’Europa che si faccia carico di un destino comune o delle conseguenze della vittoria del partito di Jaruzelski nelle ultime elezioni polacche o del nuovo corso in Turchia dopo decenni di anticamera alle porte di Bruxelles? Ci pensa il signor Dijsselbloem?  

 

Ė abbastanza normale che di fronte al verificarsi di gravi attentati vengano chiamati in causa i servizi di intelligence, ma la questione è più complessa e già rivela in partenza valutazioni contrastanti sulla natura dei gravissimi fatti che ricorrono. Ci si chiede infatti se si tratti di attentati posti in atto da singoli individui isolati (chiunque può lanciarsi con un autoveicolo spinto a gran velocità contro inermi passanti in una qualsiasi città) o invece di un’azione organizzata o quanto meno supportata dall’Isis o da Al Qaeda?

 

Ma non sembra ci si chieda se il fatto che gli attentatori finiscano uccisi non rappresenti forse un rischio maggiore rispetto alla possibilità di un arresto e di un conseguente processo, con la possibilità di ottenere informazioni… Né ci si chiede se il fatto che possa trattarsi di individui isolati, un qualsiasi abitante di Nizza, Londra o Berlino o Bruxelles, che si sveglia al mattino dopo aver dormito male, sia più o meno pericoloso che se si tratti di gruppi più o meno organizzati e collegati.

 

Nel secondo dopoguerra per quasi mezzo secolo l’Europa ha vissuto in una situazione protetta, in un mondo diviso tra le due superpotenze, ognuna delle quali teneva a bada le proprie teste calde. Sono così cresciute classi dirigenti abituate a calibrarsi sui problemi interni, tanto al resto ci pensavano USA e URSS. Poi con la famosa caduta del Muro di Berlino siamo di colpo diventati maggiorenni. Ma nessuno se ne è accorto. E spesso ci troviamo in mano di persone che dimostrano a usura di non sapere di cosa si tratti.

 

 



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