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20/04/24

Europa, un problema nazionale


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Giovedì, 25 Gennaio 2018 08:44
  • Silvio Pergameno

Sembrava che si andasse al 4 marzo con un quadro tutto fatto, con sondaggi convergenti su una vittoria (e buon distacco) del centrodestra, quando invece uno dopo l’altro stanno succedendo fatti nuovi e imprevisti nel centrodestra, che forse possono non mettere in discussione l’esito delle votazioni, ma ridurne la portata, soprattutto per un considerevole aumento delle astensioni, proprio il nemico della democrazia che si vorrebbe scongiurare. E rendere ancora più plausibile l’ipotesi di una grosse Koalition anche a Roma, oltre che a Berlino.

 

I fatti? Sono ben noti: Maroni che si tira indietro, Grillo che si tira indietro, Bossi che non si sa bene cosa farà (con Berlusconi che lo vorrebbe con sé). Non si tratta di personaggi di secondo piano, sono i più noti dei gruppi politici di cui fanno parte, i più conosciuti e quindi il loro sostanziale tirarsi fuori proprio sotto elezioni diventa una chiara indicazione per elettori e simpatizzanti, forse non disposti a scegliere Forza Italia sia pure per ripiego (cosa che nessuno ha mai loro impedito di fare).

 

Ecco perché il 4 marzo potrebbero aumentare gli astenuti… D’altra parte, e allargando un po' il discorso, sembra evidente che queste “coalizioni di governo” non sono certo il top di una democrazia efficiente e sentita: che i partiti principali invece di combattersi siano costretti a mettersi d’accordo per evitare il peggio è un’evidente ripiego. E questo in un tempo politico non certo privo di problemi. Tutt’altro. E pieno di contraddizioni e di errori.

 

A una parte della sinistra ad esempio sembra che la democrazia in Italia consista nel vanto della costituzione e nel richiamo alla Resistenza. Per carità si tratta di passaggi fondamentali delle nostra storia, ma della nostra storia, appunto; nella vicenda politica attuale i problemi sono altri, in particolare il fatto che la democrazia nei nostri stati nazionali purtroppo langue.

 

I dittatori europei del secolo ventesimo per assicurarsi il consenso al loro potere unico dovevano costruire una convergenza al livello popolare, incarcerando o addirittura sopprimendo gli avversari politici più pericolosi. Oggi i governi di coalizione esprimono il fatto che la convergenza avviene da sola e avviene perché i motivi di contrasto non sono di fondo, e non sono di fondo perché quelli di fondo sono al di là della portata degli stati nazionali.

 

Guardiamo alla figuraccia fatta dai conservatori inglesi con la Brexit: hanno creato un pandemonio in tutta Europa per poi accorgersi di non poter stare né dentro né fuori. Questo è il senso delle trattative per uscire che si prolungano, della speranza di pagare di meno che diventa un conto salato presentato da Bruxelles, della posizione senza senso dei laburisti…

 

Oggi il mondo si sta ridisegnando, e gli stati europei non concorrono a quest’opera di portata storica, come la caduta dell’Impero Romano, la fondazione del Sacro Romano Impero, la Riforma protestante che avvia i secoli degli stati nazionali, oggi in crisi… Sciocchezze fatte dagli inglesi; la Francia di Macron che prende la strada giusta, facendo anche tesoro delle esperienze degli ultimi decenni, che consigliano i piccoli passi, ma reali, comprensibili da tutti e come tali accettabili; la Germania, la Spagna, l’Italia, la Polonia che non capiscono o fanno finta di non capire e intanto Polonia e Ungheria e Austria si ritrovano con governi di destra che fanno pensare più al passato che all’avvenire, come il Regno Unito del resto…

 

Per questo, per tornare al discorso iniziale, le nostre elezioni del 4 marzo possono avere un risultato e conseguenze, soprattutto, difficili da valutare e sicuramente non circoscritte nell’ambito dei termini del dibattito politico in corso. Certo è però, comunque, che – sia pure di traverso – l’ “Europa” sta entrando nel campo della discussione politica quotidiana e addirittura nei problemi della formazione dei governi. Per moltissimi cittadini ci sarà cioè la percezione del fatto nuovo che l’Europa non è qualcosa di lontano, un problema di politica estera, confidato all’interesse di pochi specialisti…

 

Il Risorgimento italiano, la nostra unificazione nazionale si realizzò ad opera di minoranze politicamente avanzati e di uno statista di primo piano; oggi l’unificazione europea non può non passare da partiti, movimenti, referendum, elezioni, congressi: essere cioè il problema centrale della vita politica dei paesi interessati, del dibattito politico, dell’interesse culturale. E in questo senso gli avvenimenti di questi giorni hanno, e avranno, una rilevante importanza. E il congresso dei socialdemocratici tedeschi domenica scorsa a Bonn ha dimostrato che l’Europa è un problema proprio della nostra vita nazionale, dei partiti, delle elezioni: il discorso politico vero dovrebbe cominciare proprio da questa constatazione…

 

 



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