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26/04/24

La lunga crisi italiana


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Giovedì, 26 Luglio 2018 16:04
  • Silvio Pergameno

La lunga crisi italiana, la crisi cioè del nostro sistema politico, dura ormai da più di un quarto di secolo e di essa non solo non è visibile una soluzione, ma ancora non si delinea un percorso da seguire.

 

Ad avviso di chi scrive alla base di questo giudizio… perplesso sta la considerazione del fatto che nei tanti anni trascorsi da Tangentopoli, che dell’esistenza di un problema grave per la democrazia italiana fu momento rivelatore, gli unici tentativi venuti in essere per affrontare la preoccupante situazione fu affrontata solo con riforme della legge elettorale: proporzionale o maggioritario, con la vittoria finale del primo.

 

La legge elettorale non è certo un momento secondario della vita politica di un paese: la proporzionale significa dare una rappresentanza a chiunque riesce in qualche modo a presentarsi alle elezioni, consolidare la tendenza ad andare tutti d’accordo, smussare gli angoli, favorire il consociativismo e la pacifica spartizione, un ministero a me e un ente a te…la spartizione del finanziamento pubblico, che non è un male in sé (dipende da cosa nel complesso si finanzia…).

 

Il maggioritario significa chiamare gli elettori a decidere su un risultato: si eleggono rappresentanti alla Camera e al Senato, ma in vista del futuro governo: l’elezione è uno scontro politico e bisogna confrontarsi su idee, prospettive e programmi, tutt’altro che la sonnolenza cui invita la proporzionale, che non è certo lo strumento elettorale per affrontare la scomparsa di un’intera classe politica, come è avvenuto in Italia (e anche in Francia). Il maggioritario, opportunamente spiegato, stimola anche a vincere l’astensionismo.

 

Ho avuto più volte occasione di accennare su Agenzia Radicale a questa vicenda per lo meno singolare, e che comunque dimostra un’incapacità dell’attuale classe politica, che non può non destare notevoli preoccupazioni. E a ben vedere la prima osservazione che emerge di fronte all’esito delle elezioni dello scorso marzo è quella relativa alla natura dei nuovi “vincitori”, che non sono due asteroidi caduti per caso dal cielo, ma rappresentano le punte estremizzanti di una destra e di una sinistra, residuate appunto dalla crisi dei due poli del vecchio sistema politico dopo il 1992 (due punte che già dimostrano di proseguire sulla scia del passato: altro che “cambiamento”!).

 

Ora i due poli - che hanno trovato espressione in due leader “esponenziali”, Berlusconi e Prodi (o forse, meglio, due riferimenti utili..) - sono stati però assai più legati alla gestione del passato che a prospettive per l’avvenire, del resto mai ben analizzate e meno ancora comprese. Così il fronte Berlusconi (destra) si trova nel fianco la spina della Lega e il fronte Prodi (sinistra) la spina dei 5 stelle.  Berlusconi ha cercato di gestire un rinnovamento della destra con il tentativo del “Popolo delle libertà” – sguardo al passato – e Prodi con l’Ulivo ha cercato di tenere insieme i resti della sinistra, marxista e cattolica, un motivo che ha percorso tutta la storia italiana dal secondo dopoguerra, e che ha visto i radicali di Pannella sempre molto critici.

 

Leghisti e 5 Stelle si trovano adesso “costretti” a governare insieme per non mettere a rischio i frutti della vittoria elettorale, ma le difficoltà già emergono e si aggraveranno più passerà il tempo e man mano si presenteranno i mille problemi del nostro tempo. Tanto per fare un esempio: il “decreto dignità” non solo non risulta sgradito a tutto il PD, pur intaccando il “Jobs act” che dell’azione di governo in questi ultimi anni di governo ha rappresentato un prodotto ritenuto non sbagliato e se mai insufficiente, ma nello stesso tempo determina la protesta degli industriali di Treviso e Padova perché li mette nelle condizioni di dover chiudere..

 

È chiaro che i necessari aggiustamenti si troveranno, ma il fatto è che il quadro politico sembra animarsi solo al di fuori dei problemi veramente fondamentali: l’Italia che rimane in coda della ripresa economica nei paesi europei dopo la lunga crisi può essere un indice assai pericoloso per il nostro futuro; la contestazione che l’Unione europea giustamente subisce (a parte i termini inammissibili con i quali da qualche parte viene formulata) rivela comunque un fatto estremamente contraddittorio.

 

Il fatto cioè che i rimproveri verso Bruxelles derivano da un deficit di integrazione europea, da una mancanza di poteri di decisione a livello europeo in campi dove solo a un livello europeo si potrebbero trovare soluzioni credibili (ad esempio, in materia di immigrazione, con un piano Marshall per l’Africa…), mentre poi quello che in concreto succede è una ripresa di… sovranismo, come oggi si dice.

 

Comunque il corso degli eventi sta dimostrando che sia a destra che a sinistra esiste un grosso problema di aggiornamento - o, meglio, di vero e proprio svecchiamento – del dibattito interno e che questa grossa impresa richiede il coinvolgimento delle forze affini di Francia e Germania, una storia unitaria che ha coinvolto gli attori centrali delle tragedie del secolo scorso.

 

 



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