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19/04/24

Perché Matteo Renzi non piace a “Repubblica-Espresso”


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Lunedì, 24 Settembre 2012 10:38
  • Luigi O. Rintallo

 Su Matteo Renzi, al momento della sua candidatura alle primarie del Pd, è immediatamente calato l'anatema di Repubblica-Espresso, attraverso un articolo di Eugenio Scalfari. "Renzi è come Craxi", scrive il fondatore, e non poteva essere più fulminante verso il sindaco di Firenze, perché quel paragone agli occhi del suo pubblico è quanto di più infamante potesse esserci.

 

Al di là della sua veridicità, che in fondo trova conferma solo in un certo effetto modernizzante (all’americana, dice qualcuno) della campagna avviata da Renzi, vale la pena soffermarsi sulle ragioni di questo respingimento da parte di un soggetto editoriale che vuole essere la voce più titolata del progressismo in genere.

 

Renzi non va bene perché una sua vittoria potrebbe segnare l’inizio di un processo di distacco e rafforzamento della politica tutta. Il che non è gradito ai giornali-partito dell’ing. De Benedetti, impegnato nella battaglia di sempre: decidere le sorti del Paese, attraverso la sua attività di condizionamento e subornazione dello schieramento riunito attorno all’ex Pci.

 

C’è però un problema. Questo disegno storico del Gruppo Espresso-Repubblica, sin dagli anni ’70, oggi mostra i segni di una profonda debolezza. Lo si capisce dai fumosi tentativi di dar vita a liste civiche parallele (con la “nuova” icona Saviano) o dalle divisioni interne manifestatesi in occasione del contrasto con Napolitano, a proposito dell’uso delle intercettazioni telefoniche ordinate dalla Procura di Palermo.

 

La ragione della impraticabilità del suo modello interpretativo risiede nel mutamento intervenuto a livello globale, che inevitabilmente ha riguardato anche l’Italia. È difficile pensare che si possa ancora esercitare influenze e manovrare la realtà politico-economica, secondo logiche del secolo scorso, quando bastava controllare poche leve.

 

Un tempo dai salotti buoni si tessevano le reti di relazioni capaci di imbrigliare ogni attività di rilievo. Era una logica cripto-massonica di livello nazionale, che permetteva, ad esempio, a Mediobanca di far vivere o morire soggetti economici indipendentemente dalla loro sostanza e validità progettuale.

 

Nella fase attuale, le carte del gioco sono distribuite da altri banchi ed è per questo, come scrivevamo qualche tempo fa, che anche il gruppo Espresso-Repubblica rischia di rimanere privo di una prospettiva strategica. Quella consueta ha bisogno di un mondo che non c’è più.



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