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16/04/24

Governare “a cavolo” in tempi di Covid-19


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Domenica, 17 Maggio 2020 20:02
  • Antonio Marulo

Dunque va bene anche 1 metro, dopo tre mesi di raccomandazioni sul distanziamento fisico di almeno 1 metro e mezzo, se non due, già solo per il passeggio in luoghi aperti.

 

Fino a due giorni fa si parlava persino di 4 metri tra un tavolo e l'altro al ristorante, mentre per le spiagge si ragionava addirittura in metri quadri... Insomma, è finita un po' come per le mascherine: prima inutili, poi indispensabili; prima necessariamente certificate dal “bollino sanitario”, infine ammesse anche se prodotte fai da te con mezzi di fortuna.

 

La stessa fortuna su cui pare sia ormai riposta la buona riuscita della Fase 2 e seguenti, in base a linee guida che si rifanno a un modello “a cavolo” tipicamente italiano, mentre i tamponi, i test sierologici, il tracciamento..., ritenuti salvo smentite vitali contro il Covid-19, non sembrano più all'ordine del giorno. E se qualcuno obietta, e magari “ritiene di saper far meglio...”, al massimo ottiene da Giuseppe Conte di essere “tenuto in considerazione per la prossima volta“.

 

Chissà se ciò vale anche per questioni non strettamente legate alle precauzioni sanitarie, che vedono il governo impegnato a seguire la pia illusione di “non lasciare nessuno indietro”, attraverso la distribuzione di nuovo debito pubblico per lo più a pioggia e con poco costrutto, come se tutti fossero uguali di fronte al virus.

 

Si trascura o, peggio, si finge di non accorgersi che da questa brutta storia qualcuno ha tratto invece persino un maggior guadagno, molti hanno sofferto, ma contano di riprendersi, altri ancora dovranno arrangiarsi col rischio di non farcela. C'è anche chi non ripartirà, quali che siano le condizioni e gli aiuti posti in essere, semplicemente perché le variabili da cui dipende il suo business prescindono dalla buona volontà, da qualche spicciolo a fondo perduto e dal desiderio di tornare alla vita di tutti giorni.

 

Accade in primis nei settori del commercio, della cultura, del turismo, dello spettacolo, che insieme fanno una fetta considerevole del Pil, sui quali s'è abbattuta una crisi difficile e duratura.

 

A loro un governo serio avrebbe dovuto destinare una cura speciale e privilegiata, da subito e senza esitazioni, assumendosi la responsabilità di scegliere a chi dare e a chi non, magari azzerando tanto per iniziare l'intero anno fiscale, piuttosto che limitarsi al pannicello caldo dell'abbuono parziale Irap, unito a qualche rinvio nelle scadenze dei pagamenti, per giunta indiscriminati.

 

Evidentemente non c'erano fondi e di più non ci si poteva permettere. O almeno così diceva ieri il presidente del Consiglio nella consueta conferenza stampa a reti unificate.

 

Quasi quasi verrebbe da dargli pure ragione, se non fosse per quei 3 miliardi e rotti destinati alla plurifallita Alitalia: l'ennesimo atto osceno con denaro pubblico!

 

 



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