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19/03/24

Nagorno-Karabakh, l’Azerbaigian vuole un tribunale penale internazionale per Khojaly


Categoria: ESTERI
Pubblicato Mercoledì, 11 Marzo 2015 17:56

La regione contesa è il Nagorno-Karabakh, le parti contendenti sono l’Armenia e l’Azerbaigian, l’evento simbolo di un tragico conflitto è quello della notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, quando le forze militari armene attaccarono la città di Khojaly, seminando distruzione del territorio e la morte di 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani.

 

L’Azerbaigian parla di Khojaly come della ,"Sebrenica del Caucaso" su cui si attende ancora che venga fatta giustizia. In proposito e nelle more di un conflitto cosiddetto “sopito” in una “pace armata”, l’Armenia – che intanto occupa gran parte del territorio della regione sotto l’egida protettiva della Russia – non la pensa allo stesso modo, come Agenzia Radicale ebbe già occasione di evidenziare in un botta e risposta fra ambasciate in Italia.

 

Tuttavia, non vi è dubbio che ci fu massacro di civili, per il quale l’Azerbaigian – stato che sta conoscendo un grande sviluppo economico, grazie alla posizione strategica di crocevia caucasico di fonti energetiche - auspica prima di tutto l’ammissione di colpa di parte armena e una richiesta di perdono, mentre lavora diplomaticamente per ottenere l’istituzione di un tribunale penale internazionale per quello che viene considerato un vero e proprio genocidio.

 

Nel corso di una conferenza stampa, il Consigliere dell`Ambasciata dell`Azerbaigian in Italia e giurista, Vüqar Haciyev, lo ha ribadito, sottolineando come con “l’invasione di Khojaly si sono verificate uccisioni di bambini, donne sole o in attesa di un figlio, violenze e torture…”: tragici eventi che rientrerebbero pienamente nei casi che “l’Articolo II della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, adottata il 9 dicembre 1948, considera genocidio”. Da allora nessuno ha pagato: “chi ha compiuto il massacro di Khojaly – ha affermato Haciyev - rimane ancora impunito; e l’impunità crea nuovi crimini”. (red.)

 

 



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