Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

25/04/24

Libia, le radici dell’anarchia


Categoria: RASSEGNA WEB
Pubblicato Martedì, 14 Aprile 2015 09:20

di Gabriele Natalizia

(da affarinternazionali.it)

 

A quattro anni dalla risoluzione Onu 1973 e dalla missione Unified Protector, il disordine in Libia è ancora centrale nell’agenda politica italiana e internazionale e la sua attualità nel dibattito pubblico è stata rilanciata dall’ingresso in scena dell’Isis. A differenza di altre crisi internazionali, qui non sono in gioco solo il prestigio di Roma o la sua esposizione economica.

 

Il dilagare dell’anarchia rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza nazionale italiana, tanto da costringere il governo a riflettere su ogni opzione valida se la situazione dovesse precipitare. Ma quali sono state le condizioni che hanno reso possibile questa deriva? E quali scenari erano ipotizzabili nel 2011?

 

La fine della Guerra Fredda impose al regime di Gheddafi un ripensamento strategico dei suoi rapporti con l’Occidente. Il riavvicinamento passò per l’ammissione della responsabilità oggettiva nella strage di Lockerbie e il risarcimento alle famiglie delle vittime (2003), la ripresa delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, la rimozione dalla lista degli Stati canaglia e la collaborazione nella guerra globale al terrorismo (2004) e la disapplicazione dell’Iran-Libya Sanctions Act (2006).

 

Parallelamente si sviluppò una nuova distensione con l’Italia. Berlusconi e Gheddafi raggiunsero un intesa (2003), confermata successivamente da Prodi, sul risarcimento dei danni coloniali, che sarebbe stato perfezionato con la costruzione di un’autostrada tra Tripoli a Bengasi. L’emblema della distensione fu il Western Libyan Gas Project, per cui l’Eni e la Lnoc realizzarono il gasdotto sottomarino Green stream (2004). Si giunse così al Trattato di Bengasi (2008), che come effetto indiretto, tra il 2009 e il 2011, determinò la riduzione del 99% del flusso di clandestini verso la Penisola.

 

Alla fine del primo decennio degli Anni 2000 l’interesse dell’Italia non era la rivoluzione dello status quo, per quanto non ottimale, ma la preservazione di un ordine favorevole ai suoi interessi e un passaggio dei poteri a Saif al Islam Gheddafi, considerato il volto moderato del regime.

 

L’attenuamento del disordine in Iraq, il progressivo ritiro della forza multinazionale e la riduzione della minaccia di al Qaeda diminuirono l’importanza politica della Libia. Al contrario, l’instabilità del Medio Oriente e il rally delle risorse energetiche ne accrebbero il ruolo economico, rafforzando la posizione dell’Italia...

 

- prosegui la lettura su affarinternazionali.it



Nuova Agenzia Radicale - Supplemento telematico quotidiano di Quaderni Radicali
Direttore Giuseppe Rippa, Redattore Capo Antonio Marulo, Webmaster: Roberto Granese
Iscr. e reg. Tribunale di Napoli n. 5208 del 13/4/2001 Responsabile secondo le vigenti norme sulla stampa: Danilo Borsò