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19/04/24

Politica e giustizia. Italia-Brasile: Battisti potrebbe non essere estradato


Categoria: RASSEGNA WEB
Pubblicato Martedì, 24 Ottobre 2017 16:17

di Carlo Cauti 

(da Affari Internazionali)

 

Il 24 ottobre il Supremo tribunale federale (Stf), Corte Suprema brasiliana, deciderà sull’estradizione di Cesare Battisti. L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac), condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi, latitante prima in Francia e poi in Brasile, e che la stampa verde-oro si ostina a definire, vergognosamente, come un “ex attivista italiano”.

 

Il Stf dovrà decidere sulla richiesta di habeas corpus preventivo, presentato dalla difesa di Battisti a fine settembre per evitare una possibile estradizione. Una decisione, quella di deportarlo, che dovrebbe essere presa dal presidente brasiliano Michel Temer, il quale aveva già dato segnali in tal senso dopo le pressioni della diplomazia italiana.

 

Temer aspetta i giudici


Battisti, evidentemente, non deve serbare grande fiducia nei giudici brasiliani, perché il 5 ottobre è stato fermato mentre cercava di attraversare il confine con la Bolivia con migliaia di euro e dollari in contati. Il suo immediato arresto per esportazione illegale di valuta e riciclaggio ha fornito il pretesto al governo brasiliano per dichiarare la “rottura del legame di fiducia” tra il Brasile e il “cittadino straniero Battisti” – che, è bene ricordare, non si è mai naturalizzato brasiliano –, giustificando così l’estradizione.

 

Tuttavia, Brasilia ha preferito non inviare Battisti a Roma e aspettare la decisione del Stf sul caso prima di compiere qualsiasi atto, in modo da evitare attriti con la Corte ed eventuali decreti sospensivi. L’idea è che sia la Corte a sentenziare se il presidente possa o meno decidere l’estradizione, revocando un atto di un capo dello Stato precedente. Nello specifico, Temer (che ha nel frattempo revocato a Battisti lo status di rifugiato politico) dovrebbe annullare il decreto emanato dal Luiz Inacio Lula da Silva l’ultimo giorno del suo secondo mandato, il 31 dicembre 2010, con cui si concedeva a Battisti l’asilo politico.

 

Un asilo basato sull’argomento che un eventuale ritorno in Italia lo avrebbe messo in “pericolo” e che il processo italiano non era stato corretto. Un atto non solo oltraggioso verso un Paese amico, ma anche una violazione di quanto previsto dall’accordo di estradizione tra Italia e Brasile del 1989.

 

Ad ogni modo, questa volta al Palazzo del Planalto vogliono aspettare la decisione del Stf prima di agire e liberarsi, una volta per tutte, di un imbarazzante problema politico e diplomatico che si trascina da oltre dieci anni. E che potrebbe portare a conseguenze gravi, come ripercussioni sui negoziati in corso tra Mercosur e Unione europea per un accordo di libero scambio. Accordo a cui l’Italia potrebbe porre il veto, se volesse.

 

Il percorso verso l’estradizione sembra altresì ben disegnato. La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica brasiliana – giornalisti a parte – è a favore del rimpatrio di Battisti. Al governo non ci sono più i politici del Partito dei lavoratori (Pt) che lo avevano sfacciatamente protetto in questi anni. I giudici del Stf – benché 7 su 11 siano stati nominati da presidenti del Pt, tra questi l’ex avvocato di Battisti Luis Roberto Barroso –  sembrerebbero orientati a confermare la loro decisione del 2009, che dava al presidente l’ultima parola sull’estradizione. E l’Italia ha già fatto sapere che Battisti non sconterebbe l’ergastolo nelle patrie galere, ma al massimo trent’anni, pena massima prevista dal codice penale brasiliano.

 

Il ruolo della nuova legge sull’immigrazione


Tuttavia, un altro grave ostacolo potrebbe sorgere durante la seduta odierna del Stf. Un problema creato, per quanto possa sembrare incredibile, proprio dal governo di Michel Temer: la nuova legge sull’immigrazione. Un testo già firmato dal presidente e che entrerà in vigore tra un mese esatto, il 24 novembre, ma che potrebbe portare il Stf a decidere per la permanenza di Battisti in Brasile.

 

Ciò perché il nuovo testo prevede espressamente l’applicazione del principio del ricongiungimento familiare. Un principio del diritto internazionale previsto anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, e a cui la difesa di Battisti si appellerà senza dubbio durante l’udienza di fronte al Stf, sottolineando la presenza di “stabili legami familiari in Brasile” e di un figlio minorenne, di quattro anni, di cui Battisti dovrebbe occuparsi. Una delle sue ex-compagne, Patricia Pereira, ha già inviato una lettera alla presidente del Stf chiedendo che Battisti rimanga in Brasile, in quanto “unica fonte di sostentamento per il figlio”.

 

Benché la sessione del Stf sia precedente all’entrata in vigore del nuovo provvedimento legislativo, si tratta di un principio di diritto internazionale che i giudici dovrebbero applicare immediatamente. Se invece il Supremo tribunale federale dovesse decidere per un rinvio della decisione, il testo della nuova legge sull’immigrazione entrerebbe in vigore, dando un ulteriore appiglio alla difesa di Battisti, che potrebbe così chiedere di far scontare la pena all’assistito in Brasile.

 

Pressioni politiche sulle toghe progressiste


In questo caso, però, si tratterebbe, di fatto, di una concessione di libertà, dato che Battisti è stato condannato in Italia in contumacia, mentre in Brasile non è possibile realizzare un processo penale in assenza dell’imputato. Il che potrebbe potenzialmente rendere nullo il procedimento per la giustizia brasiliana. Senza contare il rischio prescrizione per atti commessi da quasi quarant’anni.

 

Non solo, ma il Stf (e ancora di più i giudici nominati dal Pt e quindi di orientamento progressista) dovranno far fronte alle pressioni dei partiti di sinistra e dei movimenti sociali. Gruppi che hanno iniziato una rumorosa, benché poco seguita, campagna mediatica a favore di Battisti, arrivando a paragonare il suo caso a quello di Olga Benario Prestes (ebrea tedesca, spia sovietica inviata in Brasile nel 1934 per sobillare una rivolta comunista, e deportata dal regime di Getulio Vargas nel 1936 nella Germania nazista, pur essendo incinta, dove morì nelle camere a gas di Bernburg).

 

Battisti, evidentemente, non ha nulla a che vedere con Olga Benario. Né tantomeno l’Italia è il Terzo Reich. Ma le pressioni sul Stf, oltre alle questioni giuridiche che verranno abilmente sfruttate dalla difesa, potrebbero mettere in serio rischio l’estradizione di Battisti in Italia.

 

 * Carlo Cauti è un giornalista italiano di base a São Paulo del Brasile

 

- Affari Internazionali 

 

 



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