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29/03/24

Strapoteri giudiziari


Categoria: RIMANDI
Pubblicato Sabato, 19 Ottobre 2013 08:25

(editoriale da Il Foglio) 

 

L'ansia di protagonismo che sconfina in un delirio di onnipotenza della magistratura deve aver avuto il suo peso nell'indurre la Corte di assise palermitana a convocare come testimone nel processo sulla presunta trattativa tra stato e mafia le massime autorità istituzionali, il presidente della Repubblica e quello del Senato.

   

La convocazione di Giorgio Napolitano assume anche il senso di una ripicca nei confronti della Corte costituzionale che aveva vietato l'utilizzazione delle registrazioni delle conversazioni tra le utenze del Quirinale e Nicola Mancino, in seguito a una richiesta in questo senso del presidente che aveva sollevato una questione evidente di mancato rispetto delle prerogative del capo dello stato.

 

Ora viene convocato per dare una sua interpretazione di una frase contenuta in una lettera del suo defunto consigliere giuridico Loris D'Ambrosio. Chiedere a un'altra persona di dare spiegazioni su quel che intendeva dire uno scomparso, sarebbe improprio dal punto di vista processuale anche se l'altra persona non fosse il capo dello stato. Nel caso specifico, poi, per aggirare il senso della sentenza della Consulta, si chiede a Napolitano di fornire spiegazioni "nei soli limiti della conoscenza del teste che potrebbero esulare dalle funzioni presidenziali e dalla riservatezza del ruolo".

 

Che cosa vuol dire? Siccome e' ovvio che i rapporti tra il presidente e il suo consigliere giuridico attengono alle "funzioni presidenziali", la convocazione ha un evidente scopo provocatorio, quello di insinuare che ci sia stata una qualche partecipazione del presidente, indipendentemente dalle sue funzioni a qualche "manovra" trasversale, di quelle largamente evocate dalle fantasiose ricostruzioni della procura palermitana, già duramente sanzionate dalle motivazioni della sentenza sul caso Mori. Napolitano deciderà se e come rispondere a questa nuova invasione delle responsabilità e della riservatezza della funzione presidenziale da parte della magistratura.

 

Sarà interessante anche osservare la reazione di quelli che si sono finora rifiutati di considerare il pericolo rappresentato dallo strapotere giudiziario, perché accecati dalla faziosità anti bersusconiana. Ora che con manovre scopertamente strumentali si cerca di coinvolgere I presidenti della Repubblica e del Senato in una campagna di denigrazione delle istituzioni costruita solo su teoremi indimostrabili, su dietrologie inconsistenti, a sostegno delle quali c'è solo qualche dichiarazione teleguidata di pentiti considerati inattendibili, puo' darsi che qualcuno cominci a rendersi conto che persino i limiti della decenza sono stati travolti.

 

(da Il Foglio)

 

 

 



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