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20/04/24

Il controverso caso Narconon: l’insopportabile parabola di un regime


Categoria: STILE LIBERO
Pubblicato Mercoledì, 15 Ottobre 2014 18:32

Nell’arco dell’ormai lungo lavoro di indagine sulla libertà e i diritti religiosi come problema laico e anticlericale, l’invito a visitare un centro Narconon, spesso oggetto di polemiche per via dei suoi legami con la Chiesa di Scientology, è sembrata una giusta opportunità per verificare direttamente lo stato delle cose. Al tempo stesso, purtroppo, offre uno spunto per un tragico bilancio del nostro sistemademocratico.

 

Nel centro vediamo operatori atei, scientologi, cattolici, confrontarsi con degenti di diverse appartenenze religiose. Le connessioni con Scientology derivano dal fatto che il metodo Narconon nasce dal lavoro di un detenuto negli USA, William Benitez, che negli anni Settanta, leggendo i "Fondamenti del Pensiero" di Ron Hubbard (fondatore della Chiesa), ha sviluppato un metodo di disintossicazione oggi diffuso e riconosciuto in tutto il mondo.

 

Narconon vanta la capacità di offrire un percorso di riabilitazione funzionale senza far ricorso né ad altre droghe, né agli psicofarmaci, come testimoniato dalla perizia dei dottori Gulini (Direzione Medica ASL Piemonte) e Cozzula. Lo studio rileva infatti un considerevole tasso di successo nella riabilitazione e un "innegabile guadagno di salute" per chi si sottopone a tutte le fasi: nonostante le polemiche su Narconon, sembra che la media dei risultati sia piuttosto positiva.

 

In Italia la vicenda Narconon inizia con l’improvvisa chiusura dei centri ad opera del giudice Mulliri negli anni Ottanta, 140 persone rinviate a giudizio, 72 imputati e il tragico abbandono di centinaia di tossicodipendenti in crisi d’astinenza lasciati a vagare nelle campagne dopo l’arrivo delle forze dell’ordine. La denuncia contro il gip non ebbe alcun seguito, nonostante la gravità del fatto.

 

Guardiamo il paesaggio tranquillo e irreale e la serenità che emana, camminando per l’ex albergo rivalutato dall’associazione Narconon e soffermandoci nella grande sala adibita a biblioteca, dove i degenti si concentrano sui programmi di studio nel morbido silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli. Sembra impossibile che trent’anni fa luoghi ideati per garantire a chi ne usufruisce la pace mentale per affrontare le orribili prove dell’astinenza da eroina furono turbati dall’improvvisa irruzione delle forze dell’ordine, e che i ragazzi intenti a sfogliare i libri si ritrovarono a fare l’autostop con atroci dolori alle ossa.

 

La storia s’inquadra nell’arco del maxiprocesso Scientology degli anni Ottanta, frutto dell’accanita corrispondenza del pregiudicato Ennio Malatesta con il giudice Mulliri e l’on. Luciano Violante del Partito Comunista Italiano, oggi incerto candidato alla guida della Corte Costituzionale. All’epoca era impegnato in una strenua e dichiarata lotta contro Scientology volta da un lato alla reintroduzione del reato di plagio abolito per incostituzionalità dopo il caso Braibanti, dall’altro al ridimensionamento di una presenza amerikana col kappa come Scientology in Italia alla vigilia del crollo del muro di Berlino.

 

Malatesta, fondatore dell’associazione ARIS, in quegli anni inviava il piano compensi per i suoi avvocati al parlamentare del PCI, affinché finanziasse una lotta che lo stesso Violante definiva "un atto politico" nelle interviste rilasciate in quel periodo. Negli stessi anni Malatesta, con l’aiuto di Michele Del Re (tessera P2 661), dell’avvocato Luciano Faraon (truffa aggravata, diffamazione a mezzo stampa) e altri personaggi figli degli anni Ottanta, s’innalzava dal suo ruolo di privato cittadino fornendo elementi contro Scientology allo stesso giudice istruttore.

 

A uno sguardo accurato, la battaglia dell’ARIS appare il frutto diretto delle vicende oggi archiviate storicamente come "panico morale" negli USA e che in quegli anni erano appena sbarcate in Europa, col loro carico di teorie sulla "manipolazione mentale". Sebbene già respinti dall’American Psychological Association, questi sistemi dottrinali piombavano come la manna dal cielo nelle mani di quei politici rimasti delusi dall’abolizione della legge sul "plagio" ideata dal Codice Rocco fascista come strumento contro evangelici, dissidenti politici e altre minacce per il regime.

 

Il quale non l’applicò mai, a differenza della "democrazia" venuta dopo.

 

Allo stesso tempo, alla metà degli anni Ottanta il partito comunista più forte d’Europa era rimasto orfano di Berlinguer, provato dalle tragedie della lotta armata e dal fallimento del compromesso storico, e in preda ai sentori degli imminenti sconvolgimenti dovuti a Tangentopoli e alla fine del comunismo sovietico. In tale contesto in molti assistevano con incredula rabbia all’arrogante insediamento di questa nuova religione che apriva centri di disintossicazione, distribuiva materiale divulgativo e passeggiava per il paese espandendosi rapidamente.

 

Un movimento che in quegli anni era visto come l’incarnazione diretta dei servizi segreti americani, per di più sotto forma di "lavaggio del cervello", che avrebbe potuto, con le sue tecniche di manipolazione mentale, convertire qualunque buon comunista in uno scientologo filoamericano. E magari (perché no?) al diretto servizio delle potenze d’oltreoceano anziché a quelle di oltre Tevere, che già si erano organizzate con un gruppo omologo dell’ARIS, il cattolico GRIS (acronimo che significava "Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette") che rivedremo poi collegato ad altri processi-bufala.

 

Nasceva così un’ondata anti-sette pronta a puntare il dito su qualunque movimento religioso non convenzionale, facendo assurgere superstizioni assimilabili al concetto di "fascinazione" al rango di verità scientifiche. Nel corso del maxiprocesso fece scalpore il caso di Alessandra Pesce, una ragazza che denunciò di essere stata sequestrata dall’ARIS ai fini della "deprogrammazione", provocando le reazioni in Parlamento di Mellini e Staiti.

 

 

La scientologa non rappresentò l’unica vicenda di questo tipo, e seguì al dramma di un Hare Krishna che subì un trattamento analogo grazie al sodalizio del gruppo anti-sette con "deprogrammatori" del calibro di Ted Patrick e del ricercato internazionale Martin Faiers. Fu solo grazie al lavoro di Mellini, che aveva lottato strenuamente contro il reato di plagio dall’epoca di Braibanti fino alla vittoria dell’abolizione, e di Staiti che lo scandalo giunse presso le istituzioni.

 

Purtroppo però il procuratore Chiappani aveva affidato la perizia su Alessandra Pesce proprio a quel dr. Di Fiorino che s’intratteneva ai simposi sul "lavaggio del cervello" organizzati da Malatesta a Forte De’ Marmi negli stessi anni. Si giunse così a un’inevitabile archiviazione che cadde come una pietra tombale sul caso, tanto che Alessandra verrà dichiarata "vittima delle pratiche scientologiche" e non delle violenze dei suoi sequestratori, nonostante la frattura da lei riportata nel corso del rapimento.

 

Dopo sei gradi di giudizio, il maxiprocesso si conclude con archiviazioni, assoluzioni e il riconoscimento della natura religiosa di Scientology da parte della Cassazione, cui non segue nessuna iniziativa parlamentare o politica. Eccetto l’accertamento di pochi reati individuali, del tutto estranei all’attività della Chiesa, Scientology esce dal maxiprocesso a passo di danza, con tutti i principali imputati assolti da ogni capo d’accusa e nientemeno che una sentenza definitiva che sancisce indiscutibilmente il carattere religioso del movimento.

 

La Chiesa dovrebbe pertanto essere sottoposta a quella tutela che la Costituzione più bella (dunque ornamentale) del mondo prevede sotto forma di "apposite intese", riconoscendo al tempo stesso ai Narconon quantomeno la dignità di posti in cui, evidentemente, si cerca di prendersi cura di soggetti fragili. Non accade nulla del genere, anzi: i centri Narconon sono ovunque descritti come luoghi in cui i tossicodipendenti vengono "indottrinati" dalla "setta", che spilla soldi alle famiglie per convertire i loro figli al credo dei "manipolatori mentali".

 

All’apertura della Squadra Anti-sette si ritrova a collaborare con la polizia di Stato nel Forum Anti-sette proprio l’ARIS, nonostante gli scandali, che ha cambiato nome dividendosi in Aris Veneto e Aris Toscana, nel nome della guerra a Scientology e ai Narconon. Con un colpo di mano, dunque, senza alcun dibattito parlamentare, mediante una firma su una semplice circolare, viene istituito un apposito organo di polizia incaricato di combattere le "sette", che vede nel suo principale referente, in un impeto di laicità, il prete cattolico don Aldo Buonaiuto.

 

Lo ricordiamo prevalentemente per perizie (da autoproclamato "esperto di sette") che hanno condotto a orrori giudiziari conclusisi con l’assoluzione dei malcapitati imputati (Angeli di Sodoma, Ananda Assisi), e per la delicatezza con cui diede dell’assassino a quel santo laico di Beppe Englaro. Al tempo stesso, la nuova SAS così organizzata decide, già che c’è, di premiare il curriculum dell’ARIS, che andrà a comporre quel Forum Anti-sette dalla cui collaborazione con le forze dell’ordine scaturiranno nuove entusiasmanti avventure, da Arkeon a MISA Yoga.

 

Processi che derubricare come "malagiustizia" rivelerebbe una perversione feticista nei confronti dell’eufemismo. Eccetto un’unica psicologa iscritta all’Albo e dunque quantomeno titolata a produrre analisi, studi, perizie ed eventuali consulenze (Lorita Tinelli del CESAP), il Forum di cui la polizia si avvale non è composto, come ci si aspetterebbe, da psicologi, sociologi, psichiatri o criminologi.

 

I soggetti principali sono bensì un prete, un ragioniere, un’associazione fondata da un pregiudicato e coinvolta in un sospetto caso di sequestro di persona, e il proprietario di una fabbrica di caramelle. Curiosamente, se il Ministero dell’Interno non sembra turbato dal passato violento dell’ARIS, si guarda bene dal collaborare ufficialmente invece con Simonetta Po, la quale con il sito Internet "Allarme Scientology" è stata il nemico numero uno della Chiesa e dei Narconon.

 

La studiosa, che ha perfino vinto una causa contro un’organizzazione affiliata a Scientology, sembrerebbe l’elemento ideale se proprio uno volesse fare davvero la guerra alla Chiesa fondata da Hubbard, ma è finita nel mirino degli anti-sette dopo aver espresso solidarietà nei confronti della dottoressa Raffaella Di Marzio, ingiustamente coinvolta nel caso Arkeon. Simonetta Po racconta che a un certo punto era diventata talmente pericolosa per Scientology da aver subito pressanti fastidi da parte di membri affiliati: fabbricazione di finta corrispondenza privata per diffamarla, pedinamenti, foto scattate di nascosto.

 

Poniamo che il Ministero, per ragioni a noi non note e non riscontrabili evidentemente nella verità processuale, fosse stato davvero convinto che questa Chiesa rappresenti un pericolo sociale e che sia necessaria una strenua "lotta alle sette": la scelta più logica sarebbe stata reclutare immediatamente la dottoressa Po come consulente. Invece la stessa racconta di aver subito "fastidi al minimo sindacale da parte di una multinazionale come Scientology", contro cui lei si era apertamente schierata, e di essersi piuttosto trovata a fronteggiare problemi e scorrettezze ben più gravi, semplicemente per essersi permessa di esprimere delle critiche, in quello che ha vissuto come un lungo accanimento nei suoi riguardi fino ad oggi.

 

 

Da parte di un’altra "setta"? no, da parte nientemeno che degli stessi gruppi anti-sette collaboratori delle forze dell’ordine!

 

Improvvisamente, benché la guerra a Scientology non cessi mai del tutto, Narconon si vede  riabilitato e riconosciuto non solo da Regioni e Comuni, ma dallo stesso Ministero dell’Interno, che inserisce i centri nell’elenco delle comunità terapeutiche del Dipartimento politiche anti-droga: è arrivata l’era Fini-Giovanardi. La lotta contro la libertà degli scientologi di autodeterminarsi e professare il loro credo può essere tranquillamente sacrificata per il più alto obiettivo della lotta contro l’autodeterminazione di chi fa uso di droghe leggere, tanto più che le pubblicazioni dei Narconon, a questo, sono piuttosto funzionali.

 

Sebbene né la Chiesa né i sostenitori del metodo ideato da Benitez abbiano mai assunto posizioni politiche nette all’interno del dibattito sul proibizionismo, la religione fondata da Hubbard è decisamente contraria all’utilizzo di droghe. Le pubblicazioni dei Narconon (prevedibilmente, trattandosi di centri per la riabilitazione dei tossicodipendenti) fanno opera di prevenzione informando sulla pericolosità di tutte le sostanze stupefacenti, i rischi cui si va incontro utilizzando le droghe pesanti e leggere, e invitando i giovani a non farne uso.

 

Insomma, sembra che il sistema si sia rapportato con questi centri come un cattivo maestro che valuta i suoi scolari non sulla base del merito o delle loro capacità, ma sulla funzionalità del loro modo di essere in relazione al modello che ha deciso di imporre. Poco importa la libertà del singolo di autodeterminarsi, sia che voglia essere scientologo, sia che decida di fumare marijuana, sia che intenda esercitare la propria libertà di ricerca scientifica applicando un metodo oramai collaudato con un’alta percentuale di successi sui soggetti in riabilitazione.

 

Narconon è quindi involontariamente la insopportabile parabola di un regime: negli anni Ottanta la libertà di religione, credo, espressione, ricerca scientifica viene sistematicamente violata con l’obiettivo di restringerla definitivamente con la reintroduzione del reato di plagio.

 

Perché il regime se ne infischia della "lotta a Scientology" almeno quanto se ne frega di quella alle "sette", tant’è che anziché criminologi piglia preti per collaborare con la polizia di Stato, e arriva a fare l’impossibile per zittire la studiosa che ha deciso davvero di fare la "lotta a Scientology". Simonetta Po si è distinta in quest’azione che si può condividere o meno, ma che certamente la renderebbe idonea se l’obiettivo, per quanto inaccettabile in un’ottica liberale, fosse proprio fare la guerra alle "sette" e non rafforzare lo Stato clericale mettendo un prete a guida di un settore della polizia.

 

Con la legge Fini-Giovanardi, ecco che Narconon ci sta pure bene, ma non perché si siano riconosciuti i diritti dei Narconon, né perché il tribunale o i medici ne abbiano dimostrato la non colpevolezza e anzi l’efficienza e i benefici per la salute, ma solo in quanto funzionale alla propaganda volta a limitare i diritti di altri e riuscire finalmente a penalizzare di fatto il consumo stesso. Un regime che, vietando l’autodeterminazione e mantenendo inalterato lo status quo, ha il potere di gettare Narconon nella polvere come d’innalzarlo a guardare le stelle, di incarcerarne i presidenti senza prove per poi mutare improvvisamente consiglio e consegnare loro delle onorificenze.

 

Ecco dunque la creazione di categorie arbitrarie, come "religione" e "setta", che consentono di identificare il diverso e dirigere l’odio dell’opinione pubblica verso il bersaglio scelto, affinché ognuno possa distruggere da solo il proprio doppio che rivela l’Io represso, scagliandosi come Dorian Gray contro il suo ritratto.

 

Camillo Maffia

 

(foto di Camillo Maffia)

 

 



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