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02/05/24

Crimea, le mezze misure misure dell'Occidente e quelle della Russia


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Martedì, 18 Marzo 2014 14:00
  • Silvio Pergameno

La Russia ha occupato la Crimea per ritorsione contro la rivoluzione di piazza Majdan e non sappiamo se questa mossa sarà soltanto la prima o anche l'ultima. Putin continua nella sua politica muscolare, sfruttando l'energia come strumento di pressione o in funzione di riserva per bloccare eventuali contromosse degli occidentali, come le minacciate sanzioni economiche che stanno diventando operative.

 

Certo è che sull’energia la Russia non può fondare una politica a lunga scadenza perché il gas nel giro al massimo di un paio di decenni sarebbe un’arma spuntata, ma per ora può essere una carta da giocare a metà. Infatti, se è vero che noi europei abbiamo bisogno del gas russo è altrettanto vero che noi questo gas glielo paghiamo e Putin dei nostri soldi ha un bisogno assoluto.

 

La Russia poi gode di un serio vantaggio nel quadro internazionale, perché è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e quindi può bloccare eventuali provvedimenti presi a suo carico in questa sede. Certo è che in altre situazioni l’ONU, di fronte a una situazione come quella creatasi in Crimea si sarebbe mossa, mentre per ora regna il silenzio.

 

L’Europa quindi si è fermata a una mezza misura e in fondo anche la Russia ha fatto lo stesso; basti pensare cosa sarebbe successo in altri tempi, quando nel caso del verificarsi di eventi che avessero minacciato la sovranità russa sui satelliti, l’Armata Rossa era pronta a normalizzare. Questa volta non è successo.

 

É successo invece che a Mosca cinquantamila moscoviti sono scesi in piazza a manifestare contro Putin, surclassando per numero e intensità i fans del medesimo, mobilitati in difesa del leader. In altri tempi non sarebbe stato neanche concepibile, non sarebbe venuto in mente a nessuno.

 

In altre parole, la questione presenta margini di flessibilità, dove chi ha più carte in mano avrà più mani per giocare le sue carte e ora come ora le previsioni debbono essere contenute entro limiti di probabilità molto ampi. Per Putin la defezione dell’Ucraina rischia di compromettere il suo piano russo-asiatico da contrapporre all’Europa e questa forse è la ragione per la quale Angela Merkel, che si è sbagliata sul tentativo di dialogo con il Cremlino sul quale aveva inizialmente puntato per una soluzione della crisi ucraina, ora ha dovuto arrendersi all’evidenza e ha aderito a un piano di sanzioni nei confronti della Russia.

 

Alla faccenda siamo tutti interessati per via dell’energia, ma la Germania deve cominciare a fare i conti con se stessa e con la sua politica di vicinanza alla Russia, per aiutarne la modernizzazione, culminante nello stretto rapporto che la lega al vicino orientale attraverso il gasdotto del Baltico che vede al vertice della società incaricata dell’esecuzione del progetto proprio Gehard Schröder, ex leader dell’SPD ed ex cancelliere federale.

 

Schröder fu l’autore nei primi anni 2000 di quell’”Agenda 2010” che ha rimesso in sesto la Germania dopo le grandi spese affrontate per risistemare la Germania-est dopo la riunificazione e che ha consentito una politica economica avanzata. Frutto di questa politica, che fu concordata con gli stessi sindacati, è il fatto che la Germania è stato l’unico pese europeo in crescita anche nel periodo più acuto della crisi, anche se si è trattato di una politica che ha imposto sacrifici al paese e continua a imporne.

 

Oggi, peraltro, la questione interessa molto da vicino tutti i paesi europei, in un momento nel quale la politica di Putin viene apertamente contestata nella stessa Mosca, come si è detto: la manifestazione di Mosca è stata salutata con favore dai dimostranti di piazza Majdan a Kiev, che vi hanno visto l’esplosione di una posizione che si affianca alla loro. E del resto appare chiaro che i dimostranti di Mosca non possono certo essere entusiasti di una politica che, con le sue prospettive “asiatiche”, allontana il paese dall’Europa e lascia quindi temere sviluppi autoritari.

 

Cosa facciamo noi europei? Si finisce quindi inesorabilmente nel solito discorso della carenza dell’Europa, delle incertezze della Germania e delle inconcludenze della Francia, sempre alla ricerca, non si sa bene dove, di una grandezza nazionale, che viceversa sarebbe proprio a portata di mano, se essa decidesse di farsi leader del processo di vera unificazione del continente.



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