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14/05/24

Italia e Spagna di fronte alla crisi


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Giovedì, 14 Agosto 2014 09:29
  • Silvio Pergameno

La "vicenda Renzi" sta rivelando in maniera esemplare la natura intima della condizione italiana e i motivi per i quali è tanto difficile fare riforme in Italia: non è infatti perchè il diavolo ci abbia messo la coda che nel nostro paese da trent’anni a questa parte si urta sempre con lo stesso problema: lo scontro con gli interessi consolidati nel paese cioè certamente con le grandi organizzazioni dei cosiddetti poteri forti, ma più o meno indirettamente con le tasche e con i cervelli dei cittadini, protetti e organizzati in categorie a tutela di interessi, che finiscono sempre per diventare privilegi grandi e piccini, sotto la guida accorta a tenace di sindacati e sindacalisti e di politici e politicisti.

 

Un voto di scambio colossale (altro che il reato personale di tizio o di caio alla ricerca di qualche manciata di  preferenziali…); un voto di scambio organizzato ai massimi livelli della politica e in un’indefinita caterva di leggine dove ogni gruppo porta i suoi in un indefinito processo di consociazione. Il massimo esempio? Le leggi elettorali fatte apposta per consolidare il potere a chi già ce l’ha, ma legittimate dal fatto che le opposizioni di quanti amano apparire come fuori del gioco si presentano con forme e argomenti che sembrano fatti apposta per votarsi all’inconcludenza.

 

Non c’è da farsene particolare meraviglia, basta pensare agli ultimi anni della terza repubblica francese che ha vissuto un processo simile a quello nostro nazionale di oggi: l’impero coloniale andava a rotoli, ma gli interessi consolidati (politico-partitici in primo luogo) prevalevano costantemente e ci son volute le tragedie di Dien Bien Fu e dell’Algeria e la personalità del generale De Gaulle per uscirne in qualche modo, con una soluzione peraltro vecchia e legata a una forte carica nazionale, modesta quindi e inadeguata ai tempi..

 

Per l’Italia di oggi la resa dei conti sta entrando nell’agenda politica, volenti o nolenti gli italiani, ma la sensazione è che si continui a far finta di niente; con i partiti politici per i quali il prevalente impegno sembrano le liti interne e con le "categorie" che presentano esempi allucinanti di incoscienza (proprio di recente abbiamo avuto esempi di superprotetti che alzano vibrate proteste in difesa di privilegi insostenibili!)…

 

E così oggi l’Italia è diventata il fanalino di coda nell’Europa che ha cominciato a dar segni di ripresa economica ed è stata superata anche dalla Spagna, che registra un aumento del PIL dell’1,5% mentre il nostro paese, fermo da molti anni, comincia a registrare dati negativi, Certamente la Spagna non è partita con il peso di un debito pubblico imponente come quello italiano, ma in compenso registrava tassi di disoccupazione paurosi…

 

Di questo questione si è occupato l’economista Federico Fubini (la Repubblica del 10 agosto) il quale soprattutto mette in rilievo la complessità dello sforzo compiuto dal governo spagnolo per avviare il paese sulla strada della crescita: le nuove professioni (designer, manager, esperti di marketing, di logistica, di contabilità, di finanza…); imprese che dislocano la materiale costruzione dei prodotti in Cina o nell’Europa dell’est; la qualità della produzione, che è diretta al consumo di massa (ci sono imprese agricole e alimentari, industrie di elettronica online, catene alberghiere… prodotti che nel mondo oggi si vendono (la Spagna oggi supera l’Italia nel turismo)¸ si curano i processi aziendali e la logistica.

 

In Spagna la pubblica amministrazione funziona… e la riforma del lavoro: il  licenziamento può essere deciso ad personam per ragioni economiche, anche se l’impresa è in utile; il ricorso al giudice non è consentito (forse non esiste un articolo 18…); la buonuscita è scesa da 33 a 20 giorni per anno di lavoro; i contratti collettivi di lavoro vengono incentivati al livello aziendale anche a condizioni di lavoro e retribuzioni inferiori a quelle previste dai contratti nazionali; ma si promuovono le assunzioni più stabili (per i primi due anni, se non ci sono stati licenziamenti recenti e se si assume a tempo indeterminato si pagano solo cento euro di contributi); soprattutto ne ha molto favorevolmente risentito l’industria automobilistica che viaggia a un ritmo positivo del 9% e attira investimenti dagli Stati Uniti e dalla Francia…; è stato anche molto favorito il credito alle imprese in connessione con le opportunità offerte della Banca Centrale Europea…

 

Si è certamente trattato di misure legate a uno stato di necessità estremo, che però è anche la condizione nella quale versa l’Italia, e che quindi giustifica innovazioni di carattere eccezionale.

 

In Italia la percezione generale sembra lontana da una realtà che non è più quella della crescita data per un dato in un certo senso "naturale", scontata. Oggi, grazie a quella Banca Centrale Europea che desta tanti sospetti e della quale si lamentano le minacce alla sovranità nazionale, i tassi di interesse del debito pubblico sono scesi a livelli bassissimi, un fatto che rappresenta una condizione favorevole della quale sarebbe bene approfittare subito.

 

Vorremo farcela finchè siamo in tempo?

 

 



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