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05/12/25

Tutti al Centro per lasciar tutto com’è


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Mercoledì, 23 Luglio 2025 19:20
  • Luigi O. Rintallo

Sorprende sempre la caparbietà di molta classe politica nel travisare o ignorare le indicazioni che provengono dagli elettori

 

Cinquant’anni fa il chiaro messaggio venuto dal referendum sul divorzio, che fece emergere una potenziale alternativa politica al sistema di governo imperniato sulla DC, fu disturbato e sabotato dalle interferenze di linea attivate in primo luogo dal PCI berlingueriano in favore del “compromesso storico”. In tal modo, il partito evitò di intraprendere la trasformazione in senso riformista e riformatore perché incapace di sottrarsi alla subalternità verso l’URSS, ma supportò nei fatti il modello consociativo (e conservatore) impostosi nel post-Jalta impedendo l’aprirsi di una nuova stagione politica.

 

In tempi più recenti, un’uguale divergenza dai segnali inviati dal corpo elettorale l’abbiamo vista  nel Movimento 5 Stelle quando, in occasione delle elezioni europee del 2019,  anziché prendere atto di essere stato punito dai votanti a causa di una campagna ricalcata sugli argomenti del mainstream informativo, calibrato sulle direttive imposte dalle oligarchie interessate ad auto-preservarsi, abiurano al loro iniziale antagonismo per dare sostegno a un establishment restaurativo, ignorando del tutto l’esplicito rifiuto verso questa scelta espresso dai tanti loro elettori che gli dimezzarono i precedenti consensi.

 

A tre anni dal voto politico, assistiamo ora a un iperattivismo volto a dar rilievo e importanza alla creazione di uno schieramento di centro, funzionale come nei casi prima descritti allo scopo di garantire il continuismo di un sistema di potere evidentemente in contrasto con l’interesse generale. L’operazione, da lungo tempo in corso, è promossa da una serie di personaggi – in prevalenza riconducibili al mondo ex democristiano – che dimostra una pertinacia davvero sbalorditiva. 

 

Se c’è un dato incontrovertibile, da subito evidenziato all’indomani delle elezioni per il Parlamento del 25 settembre 2022, è che il centro non esiste nel pronunciamento dei votanti. Sia nella formula di Forza Italia, che in quella della terza forza presentatasi all’epoca nella lista di Calenda-Renzi, il fantomatico “centro” si è caratterizzato essenzialmente come aggregato alle forze di destra e di sinistra. 

 

Che oggi esso si manifesti, attraverso il presenzialismo ossessivo sui media di Matteo Renzi o le investiture di personalità dall’improbabile appeal (si vedano ad esempio Dario Franceschini o Ernesto Maria Ruffini) chiamate a coagulare la quota di consensi necessaria per risultare determinante, con la pretesa di porsi alla guida effettiva del Paese dà solo la misura di quanto il politicantismo sia lontano dalla realtà e dalle aspettative dei cittadini.

 

 

A questo si aggiunga che l’equivoco legato a questo disegno è oramai acclarato, tant’è che sul n. 111 di «Quaderni Radicali» dedicato a 2 anni con Renzi risalente a quasi dieci anni fa (febbraio 2016) se ne era già fornita un’ampia disamina. Non siamo affatto di fronte al tentativo di rifornire linfa riformatrice e liberale agli schieramenti in campo, bensì a una ennesima manifestazione del gattopardismo inteso a lasciar tutto così com’è per non disturbare assetti di potere logori ma ben intenzionati a non modificarsi. 

 

Per quanto riguarda Renzi, che fra tutti è l’esponente più dinamicamente impegnato oggi nel profilare una ricollocazione del ruolo decisivo di una forza di centro, va detto che una volta calata la maschera del riformatore – del resto sin dall’inizio poco credibile stante la radice anti-politica della pretesa rottamazione così aderente ai giornali-partito  in mano alla finanza – ha rivelato infine di agire in perfetta  sintonia con il disegno restaurativo, promosso dai gruppi preoccupati di non perdere il controllo pervasivo e bloccante sulla società italiana.

 

 



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