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26/04/24

Libertà religiosa, a Trieste il volto democratico del contrasto agli abusi psicologici


Categoria: STILE LIBERO
Pubblicato Mercoledì, 17 Luglio 2013 11:30

La sfida di un dibattito aperto e democratico lanciata a Trieste dal Congresso dell’ICSA, realizzato in collaborazione con Info Cult, SOS Abusi Psicologici ed Exit Onlus, si pone come un inedito punto di svolta nel dibattito, talvolta troppo acceso, intorno all’equilibrio tra libertà religiosa e abusi in ambito religioso. Una simile esperienza non potrà che giovare a tutti i partecipanti, data la scelta esplicita di ospitare esperti di diverso orientamento, fuoriusciti e rappresentanti religiosi.

 

Incoraggiamo diverse prospettive di ricerca”, spiega Michael Langone, direttore esecutivo dell’ICSA, “e offriamo al tempo stesso sostegno ai fuoriusciti e ai familiari di persone appartenenti a gruppi religiosi. Anche perché il concetto di ‘setta’ ha significati diversi a seconda delle persone: non esiste un confine chiaro tra la religione e la setta. Facciamo generalizzazioni perché è la nostra mente ad averne bisogno”.

 

Le diverse concezioni di cosa sia una setta e cosa non lo sia c’impongono di far incontrare diverse vedute per scambiare informazioni”, aggiunge Mike Kropveld, direttore esecutivo di Info Cult. “Siamo una rete che accoglie diversi orientamenti accademici in varie parti del mondo. La reciprocità è fondamentale per l’apprendimento. Comprendere non significa necessariamente condividere, ma incentiviamo ugualmente il dialogo”.

 

Non solo l’apertura al confronto, ma anche la legge regionale in materia di abusi psicologici, varata il 22 maggio 2012 in Friuli, fortemente voluta da SOS Abusi Psicologici ed Exit Onlus, appare in netta controtendenza rispetto alla infuocata strada giustizialista percorsa dai movimenti anti-sette italiani più estremisti. La via prescelta dalle associazioni sopra citate e dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia è infatti orientata all’informazione e alla prevenzione, piuttosto che alla “distruzione della setta” o, peggio, alla violenza illegale della deprogrammazione.

 

La Regione non poteva legiferare diversamente, perché può deliberare solo in materia preventiva”, precisa Cristina Caparesi, consulente per SOS Abusi Psicologici e presidente di EXIT ONLUS. “Abbiamo individuato in questa strategia una strada percorribile perché i punti di ascolto anti-mobbing sono stati un’esperienza di successo. Io stessa sono stata consulente tecnico per la Regione”, aggiunge.

 

Il progetto prevede l’attuazione di sportelli informativi, divulgazione nelle scuole, assistenza legale”, spiega il consigliere regionale Franco Codega, in continuità con la giunta precedente: “E’ una legge per prevenire. L’unica possibilità per avere uno stato libero è la pluralità dell’informazione, le leggi devono colpire i reati ma anche garantire la libertà”, dichiara Roberto Asquini, che da consigliere della scorsa Giunta ha sostenuto con fermezza la necessità di un provvedimento che tutelasse dagli abusi senza calpestare le libertà civili.

 

L’assistenza è garantita a tutti coloro che hanno avuto una esperienza negativa, indipendentemente dal gruppo o dalla religione a cui appartengono, come ci tiene a sottolineare la dottoressa Caparesi: “Io parto da un punto di vista scientifico e non ideologico, dovrebbe essere questa la base e spero sia rispettata nell’attuazione di questa legge”.

 

Un segnale democratico, dopo le crociate contro i nuovi movimenti religiosi che si sono caratterizzate prevalentemente per l’infondatezza delle accuse e la scarsa attendibilità degli esperti.

 

Esistono due tipi di organizzazioni anti-sette. La FECRIS, ad esempio, non mira affatto a risolvere il problema, vuole unicamente lanciare leggi repressive a livello nazionale ed europeo. L’ICSA invece, come appare evidente qui a Trieste, ha un approccio più produttivo, perché invita al dialogo persone di diverso background, inclusi membri dei nuovi movimenti religiosi”, spiega Willy Fautré, presidente di Human Rights Without Frontiers.

 

Alcuni episodi internazionali danno fiato anche da noi a una piccola lobby che agita il pericolo delle sette, che ha ottenuto delle piccole soddisfazioni con gli organi di polizia: ma non bisogna sopravvalutare gli effetti di questa lobby, perché se è vero che ha provocato sofferenza, d’altro canto non ha scalfito il quadro italiano della libertà religiosa”, spiega Massimo Introvigne, presidente e fondatore del CESNUR. “Certo, episodi come i casi Di Marzio e Arkeon mostrano come ci sia il rischio che i demoni della psicosi o del panico morale sulle sette si scatenino anche da noi: ma per ora è un rischio che non va sopravvalutato”.

 

Sebbene la distanza che Introvigne traccia tra la situazione italiana e quella di paesi come la Francia sia incontestabile, e nel nostro paese le libertà siano molto più tutelate sotto questo profilo, il panico morale sul satanismo e i nuovi movimenti religiosi non accenna a fermarsi. Anche in questi giorni leggiamo sulla stampa affermazioni stralunate e allarmistiche sui Raeliani, gli Illuminati di Baviera e il pericolo della musica metal, che condiscono il solito raccontino estivo sulle sette sataniche che ha come unico scopo procurare allarme nei cittadini ignari.

 

Fare guerre di religione non porta a nulla”, dichiara Silvana Radoani, antropologa, esperta di satanismo e nuovi movimenti magici, che si dichiara cattolica praticante pur mantenendosi lucidamente laica nelle osservazioni sul satanismo e la magia, come del resto altri studiosi (vedi Massimo Introvigne o Raffaella Di Marzio) che hanno saputo tenersi lontani dalla propaganda allarmistica sul “pericolo delle sette sataniche”. “Molti casi si sono risolti con bluff incredibili partiti da persone che si qualificavano come esperti. Il satanismo, come ogni fenomenologia sociale, negli ultimi anni è mutato ed è emerso un fenomeno sempre più personale che tende a prendere le distanze da chi compie reati: esiste il satanismo acido, che coinvolge personalità spesso isolate, ma il vero satanismo, come fenomenologia ben studiata, oggi non richiede l’aggregazione in gruppo, e si rifà a un’ideologia di tipo filosofico. Spesso quelli che attirano seguaci sono legati semmai alla magia commerciale”.

 

Racconta Pietro Bono, vittima dell’eclatante vicenda di malagiustizia del caso Arkeon: “Tutto il can can di questi anni si è rivelato una bolla di sapone. Le accuse di psicosetta, truffa, calunnia, violenza sui minori etc. sono state smontate: le motivazioni della sentenza hanno escluso la presenza di simili reati. Le denunce a chi ha osato aprire dei blog, essere minimamente critico, dimostrano la violenza delle persecuzioni che abbiamo subito”.

 

La relazione di Pietro Bono dà la misura del costo umano delle violente campagne anti-sette, ed è un bene che esperti internazionali abbiano potuto ascoltarla: “Insieme ad altri associati, per evitare ulteriori persecuzioni, con infinito dolore decisi di avvallare la chiusura dell’associazione Arkeon. Diverse famiglie si sfasciarono, in altre il dolore per le falsità sentite e per l’isolamento subito fu così forte per taluni che pensarono seriamente al suicidio. Qualcuno degli indagati lo tentò effettivamente”.

 

È importante che simili vissuti siano finalmente emersi all’interno di un incontro sul tema. Non è stata però la sola innovazione proposta dall’appuntamento triestino, se si pensa all’ampia sessione dedicata all’indagine sulle derive settarie nella Chiesa Cattolica, in cui hanno trovato spazio fuoriusciti di gruppi controversi come i Legionari di Cristo, che furono travolti dallo scandalo di abusi sessuali imputati al fondatore, padre Marcial Maciel.

 

Una rivoluzione, in Italia, se si pensa che i principali convegni anti-sette si tengono all’Ateneo Regina Apostolorum: “Il paradosso più assurdo che io riesca ad immaginare”, come lo definisce Xavier Leger, fuoriuscito del movimento. “Qui all’ICSA ci sono i più grandi esperti del mondo a dire che esistono dei problemi con i Legionari di Cristo. Il fenomeno settario è stato studiato all’interno della Chiesa, gli esperti offrono delle soluzioni, ma la Chiesa che continuo, malgrado tutto, ad amare, riduce il dibattito a una questione dottrinale. Le sette sono sempre ‘gli altri’”!

 

Ebbi una lite con padre Maciel davanti a 20 legionari”, ricorda Paul Lennon, anche lui ex appartenente al gruppo, legionario per ben 23 anni. “Mi scontrai con lui: volevo sapere perché non si poteva parlare dei membri che se ne andavano. Andai nella mia camera, presi la valigia e lasciai la Legione. Quando ero all’interno non ho saputo mai nulla degli abusi: era tutto sigillato”.

 

La questione dei Legionari mette in evidenza come il ruolo dei media nella questione sia più ampio di ciò che si creda. Non sarebbe difficile, per l’italiano medio, giungere a ovvie conclusioni se sapesse che nel nostro Paese i convegni anti-sette sono presieduti da sacerdoti cattolici in istituti promossi dai Legionari di Cristo, se solo la stampa raccontasse le cose come stanno.

 

Come ho cercato di mettere a fuoco nella mia relazione, dati fondamentali come il fatto che il fondatore di MISA Yoga, ora nel mirino della SAS, sia un rifugiato politico e che ONG internazionali, dall’OSCE a Human Rights Without Frontiers, si siano mobilitati negli anni contro la sua persecuzione in Romania e non solo, sono stati perennemente omessi nell’ennesima ondata di demonizzazione mediatica.

 

Raffaella Di Marzio, referente italiana di HRWF, avverte: “Sono gli stessi pericoli che HRWF denuncia in tutto il mondo: la discriminazione delle minoranze religiose e spirituali che differiscono sensibilmente per dottrine e prassi rispetto al nostro contesto culturale, la discriminazione degli immigrati che portano con sé le loro tradizioni religiose e culturali per noi ‘strane’, la presenza di lobby interessate a reintrodurre nel codice penale il reato di plagio abolito dalla Corte Costituzionale, pensato per colpire le ‘sette’ e la manipolazione che esse attuerebbero a danno dei loro adepti, la presenza di una Squadra di Polizia antisette, che esiste e opera anche se non esiste una definizione chiara di cosa sia una ‘setta’. Credo che i pericoli per la libertà religiosa si sommino ai pericoli per la libertà di espressione e di associazione”.

 

Se da un lato in paesi come la Francia è il pluralismo religioso ad essere gravemente minato, i processi italiani e lo stesso caso Di Marzio, coinvolta ingiustamente nel processo Arkeon, mostrano come nel nostro paese la violenza del fenomeno “anti-cult” si possa abbattere su chiunque. Altrettanto tipico è il mobbing di cui sono vittime gli esperti “dissidenti”: la dottoressa Radoani ha finito col chiudere la sua associazione sotto la pressione di querele e denunce unilaterali.

 

La SAS è stata fondata subito dopo l’avvio delle indagini”, ricorda Vito Moccia. “Arrivavano lettere anonime alle scuole frequentate dai nostri figli, mandate anche a conoscenza alla SAS appena costituita. Eravamo tempestati. Venivano inviate persino alle parrocchie, segnalando il ‘demonio Vito Carlo Moccia’: e chi le scriveva sapeva già chi fosse il capo della Squadra, prima ancora che fosse nominato”.

 

I nostri governanti creano una Squadra Anti-sette con i nostri soldi, mentre chiudono la Catturandi e i poliziotti non hanno soldi per la benzina”, lamenta Gianni Zanella, scientologo che fu coinvolto nel maxi-processo che si concluse, dopo arresti, sei gradi di giudizio e gli orrori del caso Pesce, con il riconoscimento della natura religiosa di Scientology. Zanella ricorda Mellini e i Radicali, che furono i soli, negli anni Ottanta, a denunciare il pericolo della persecuzione volta alla reintroduzione del reato di plagio, e precisa: “L’art. 8 della Costituzione assegna un privilegio alla Chiesa Cattolica, con il Concordato. Le altre religioni devono accontentarsi delle intese, hanno un trattamento secondario. Ma le regole dovrebbero essere uguali per tutti”.

 

Diversa la situazione francese: “C’è una lista nera dei culti, che non dovrebbe essere usata perché è illegale ma è presente in tutti i tribunali quando si discutono i casi di ‘setta’. Le autorità francesi non imparano, anche se sono state condannate da Strasburgo perché violano i diritti umani”, spiega Eric Roux, rappresentante della Chiesa di Scientology in Francia.

 

Una cosa su cui gli esperti dal diverso background presenti all’ICSA, i fuoriusciti e i membri dei gruppi sembrano concordare, è che per l’assistenza del singolo non è di primaria importanza l’identificazione di un possibile reato consumatosi all’interno del gruppo. L’assistenza è un diritto, al di là della pericolosità o meno della minoranza o maggioranza religiosa in questione. Se ci sono dei reati, devono essere inoltrati alla magistratura.

 

Un approccio che l’ICSA ha maturato nella sua esperienza ultraquarantennale, dopo aver vissuto la cosiddetta “cult war”, la “guerra dei culti”: “Il termine ‘cult war’ fu usato negli Stati Uniti perché ciò che accadeva allora riguardava prevalentemente l’esistenza della deprogrammazione, che implicava il rapimento di bambini. Ovviamente il rapimento era illegale, ma in molti casi i giudici provavano empatia verso i genitori dei bambini deprogrammati. Si creò così una spaccatura tra chi accusava i genitori di essere troppo oppressivi e chi invece accusava i detrattori della deprogrammazione di essere ‘difensori delle sette’. Del resto, se un ragazzo lascia il college per seguire un messia o un guru, è naturale che i genitori si allarmino: abbiamo avuto bisogno di tempo per capire come fare al meglio il nostro lavoro di sostegno”, ricorda Michael Langone.

 

Franco Flocco, ex Testimone di Geova, condivide l’approccio dell’ICSA, e il sostegno alla tutela del soggetto debole. “Io ho fatto tante privazioni, tante rinunce. Ho dedicato tempo, energie, risorse, contributi monetari ad un culto che a mio giudizio limita la libertà personale. Provi una grande sofferenza, dopo che hai frequentato amici per anni, nel vedere che applicano l’ostracismo verso di te”.

 

Ho avuto modo di discutere con Flocco sull’importanza di una rappresentazione mediatica non discriminatoria dei Testimoni di Geova, affinché la stampa non alimenti problematiche d’inclusione per la comunità: pur mantenendo il suo atteggiamento legittimamente critico nei confronti del movimento, Flocco conviene sull’importanza del pluralismo, sebbene ricordi distinte occasioni in cui si è presentato a dibattiti con i Testimoni in televisione e nessun rappresentante ha voluto partecipare. Se questo da un lato è comprensibile, per via delle molte gogne mediatiche orchestrate nei confronti di questa minoranza mai risarcita dall’Olocausto nazifascista nella memoria collettiva, d’altro canto la rassegnazione e la chiusura dei TdG nei confronti del contraddittorio è controproducente, perché alimenta un clima di stigmatizzazione e di sospetto nei loro confronti.

 

Fui separata dalla mia famiglia. Praticavano abusi sui bambini, ma non li vivevano come tali. Ritenevano di possedere l’unica verità”, racconta Juliana Buhring, fuoriuscita dei Bambini di Dio (The Family) che ha raccontato la sua incredibile storia nel libro “Essere innocenti”. “C’erano campi di rieducazione per i bambini ribelli, con una dieta a pane e acqua e lavori forzati. Il libro racconta quell’intera generazione di bambini. Oggi lavoro per un’associazione volta alla tutela dei diritti umani dei minori. Sono un’atleta: sono la prima ragazza e la più veloce ciclista che abbia fatto il giro del mondo”, sorride. “Puoi scegliere il tuo futuro, il tuo passato non ti detta chi sei”.

 

 

Un affresco, quindi, di una realtà molto variegata, che va dalle difficoltà di comunicazione tra fuoriusciti e membri dei movimenti fino agli abusi psicofisici nei casi-limite, corredati peraltro da sentenze di tribunale, come nelle cosiddette “schegge impazzite” dei Bambini di Dio, fortunatamente ben lontane dalla realtà odierna del movimento. Grandi assenti, in un dibattito così istruttivo sul tema, i rappresentanti della Squadra di polizia e del Forum anti-sette, che l’organizzazione assicura sono stati regolarmente invitati. Sembra abbia declinato l’invito anche l’Ordine degli psicologi; e gli iscritti venuti volontariamente lamentano che non gli saranno riconosciuti nemmeno i crediti formativi. Ma forse il convitato di pietra per eccellenza è la stampa, pronta a gettarsi sulle storie di “sette” e altrettanto agile nel disertare simili occasioni d’informare sul tema.

 

Un congresso interessante, che coinvolge sia professionisti che ex appartenenti ai culti”, commenta lo psicologo psicoterapeuta Ermanno Moscatelli. “C’è la possibilità di confrontare idee. Fino a oggi non ci sono state grandi linee guida sul fenomeno: abbiamo assistito solo a un allarme sociale gonfiato a livello mediatico su casi singoli, a mio avviso non rappresentativi. Può capitare a tutti di essere vittime e inconsapevoli carnefici di abusi in tutti i fattori della società, non solo presso i culti. Ci si chiede cos’è un culto, cosa non lo è: in realtà sappiamo che non necessariamente il problema passa attraverso un quadro religioso, può benissimo inserirsi in un contesto culturale”.

 

L’abuso non è necessariamente frequente, ma questo non significa che non si creino situazioni problematiche, come nei gruppi che considerano l’omosessualità una malattia, ad esempio. Alle derive personali nei gruppi cattolici si contrappongono le problematiche proprie dei nuovi movimenti religiosi, spesso legate all’integrazione come nel caso della Eglise des Migrants”, spiega Brigitte Knobel, direttrice del Centre Intercantonal d’Information sur les Croyances, con sede a Ginevra.

 

Accanto all’assenza dei rappresentanti delle forze dell’ordine, spicca la posizione della Chiesa cattolica di fronte alle gravi denunce di derive settarie al suo interno. Monsignor Luigi Negri ha parlato del fenomeno come se riguardasse unicamente le altre confessioni, e con una convinzione che difficilmente avrebbe potuto mostrare nei paesi in cui Comunione e Liberazione, di cui il vescovo ci risulta essere esponente, fa parte della lista delle “sette pericolose”.

 

Ciò che caratterizza il fenomeno delle sette è la loro autoreferenzialità. L’identità è garantita dai guru, che sono un’immagine preoccupantemente diffusa. Viene caratterizzata come ‘guru’ una somma abbastanza sterminata d’imbecilli”, ha dichiarato mons. Negri, con tono sorprendentemente privo di inflessioni autoironiche.

 

Ma al di là delle eccezioni, l’immagine che traspare dal congresso è quella di un mondo che inizia, nonostante tutto, a comunicare. Sia gli esperti che i gruppi appaiono profondamente consapevoli del fatto di appartenere e guardare a una realtà in continuo mutamento, e il dialogo consente un ripensamento della propria entità rispetto alla società e al mondo.

 

Esemplifica l’importanza dell’autocritica e della coscienza dei fattori di mutamento interno Mauro Bombieri (Parabhakti), Presidente di Villa Vrindavana, sede principale dell’ISKCON (International Society for Krishna Consciousness – Hare Krishna): “Sono stati fatti errori, nel passato, che come tali sono inevitabili, ma l’importante è il modo in cui si reagisce. Un tempo sono stati commessi degli abusi: oggi per i bambini abbiamo la ‘child protection’. Dove abbiamo mostrato immaturità, ne abbiamo pagato le conseguenze”.

 

E per chiudere restando nell’ambito dell’autocritica, chi scrive ha avuto il rimpianto, mentre affrontava questa delicata tematica in articoli precedenti, di non essere riuscito ad adempiere a uno dei principi a me più cari espressi da Marco Pannella: l’importanza di non limitarsi a parlare “contro”, ma di identificare sempre il “pro”. A Trieste ho assistito finalmente al “pro”.

 

Una realtà aperta, democratica, in cui tutti hanno avuto libertà di parola e cittadinanza alle loro idee. Se il problema degli abusi in ambito religioso è una realtà innegabile tanto quando il diritto sacrosanto a professare il proprio credo, il futuro del dibattito accademico, ma anche politico, deve partire da qui. Dal confronto, dall’incontro fra diverse concezioni, dal diritto dei gruppi religiosi di parlare e dei fuoriusciti di raccontare la propria esperienza: “contro” le dissennate lotte alle sette e il mobbing spietato verso i dissidenti, “pro” l’aperta riflessione e il diritto alla libertà di espressione in merito a tematiche che, in un modo o nell’altro, riguardano tutti noi.

 

Camillo Maffia

 

 



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