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23/11/24 ore

Vieni a vivere a Napoli. Migranti battono napoletani, ancor più brutti, sporchi e cattivi



Suscita discussioni tra gli spettatori napoletani il film, Vieni a vivere a Napoli, diviso in tre episodi: 1) Nino e Yoyo, di Guido Lombardi; 2) Luba, di Francesco Piscopo, 3) Magnifico Shock, di Edoardo De Angelis.

 

Il primo episodio, Nino e Yoyo, si svolge in una vecchia palazzina in cui uno sfaticato portiere, Nino (G. Imparato) vive con la sorella Anna, che fa da babysitter al piccolo cinese, Yoyo (Marco Li), la cui madre è sempre impegnata nel lavoro. Quando Anna vince un viaggio premio di una settimana, Nino è costretto a badare al cinesino stakanovista che svolgerà al posto suo tutti i lavori condominiali, scambiandoli per divertenti giochi. Anche se lo squallido portiere alla fine mostra qualche straccio di umanità, Yoyo senz’altro batte Nino in positività.

 

Nel secondo episodio ci viene raccontata la storia di Luba (V. Lapushova), ex presentatrice televisiva ucraina costretta a fuggire dal suo paese, la quale svolge ora la mansione di badante di un vecchio scortese e bizzoso, Ferdinando(Antonio Casagrande), subendo umiliazioni di ogni genere e rischiando perfino di finire in un giro di prostituzione. Di nuovo, dunque, brilla la figura della coraggiosa ucraina a confronto di napoletani gretti, ignoranti e delinquenti.

 

Il terzo episodio “Magnifico Shock” ci presenta  un giovane srilankese, Amila (Bagga Lankapura), cameriere di un piccolo bar, che nel tentativo di farsi pagare dopo aver consegnato dei caffè, entra nella limousine di una cantante e viene coinvolto in un vortice di matrimoni, comunioni e serenate alle quali la ragazza è costretta a partecipare, minacciata e sfruttata da impresari furfanti e camorristi. Solitaria e disperata, la ragazza troverà conforto in Amila che le regalerà qualche ora d’amore. E così anche il giovane srilankese, tenero, sensibile, ironico, che si esprime in italiano corretto, batte i napoletani incolti, brutti, violenti, camorristi.

 

Convinti da positive critiche su tale film, ritenuto un panegirico di Napoli come città dell’accoglienza per i migranti, fiduciosi siamo andati a vederlo: ci siamo trovati di fronte all’opera di tre registi napoletani (dispiace dirlo!) che hanno offerto della nostra città un’immagine ancor più squallida e piena d’insopportabili cliché, rispetto a quella che siamo già costretti a sopportare ogni giorno.

 

Non solo nel film i napoletani sono “brutti, sporchi e cattivi”, sfaticati, delinquenti, truffatori, sfruttatori, ignoranti e quant’altro, ma in aggiunta sono anche inferiori per sentimenti, educazione e civiltà, se confrontati con i numerosi immigrati che qui dimorano. Con tutto il rispetto e la pietà per i migranti, mi sembra davvero inopportuno fare tali confronti.

 

Qualche spettatore con un certo humour si è chiesto perché mai i tre registi non abbiano ambientato il film al Nord tra i fans di Salvini, oppure in qualche paese europeo dove si costruiscono muri.

 

Siamo già stanchi dei continui attacchi contro questa città i cui problemi sono sempre criticati e mai risolti, ma che poi siano tre registi “napoletani” a denigrarla, davvero è troppo!

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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