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23/11/24 ore

The Rolling Stones Olé, Olé, Olé!: A Trip Across Latin America


  • Giovanni Lauricella

Il 10 aprile scorso è stato riproposto al pubblico romano, propagandato da Radio Rock, il film cult dei Rolling Stones del regista Paul Dugdale, intitolato Olé, Olé, Olé!: A Trip Across Latin America, documentario dietro le quinte della tourneé sudamericana che toccò  dieci capitali culminando con il  concerto avvenuto a Cuba (dove si ebbero a settembre 2015 la visita di Papa Francesco e il 20 marzo 2016, solo cinque giorni prima del concerto all'Avana, quella storica di Barack Obama, che di fatto annunciava l'arrivo della band); raduno musicale di duecentocinquantamila persone, trattato più approfonditamente in un altro film Havana Moon dello stesso autore.

 

Presentato per la prima volta in Concorso Ufficiale all'ultima Festa del Cinema di Roma Olé, Olé, Olé! è un road movie girato dal giovane ed intelligentissimo Paul Dugdale, che ha al suo attivo film con Adele, Coldplay, One Direction, Ed Sheeran, Lenny Kravitz and Mumford and Sonsname e altri.

 

Un genio che dopo il film di Scorsese  riesce a dare una dimensione umana dei quattro terribili londinesi di Dartford e al contempo del Sud America alla stessa maniera, ovvero una rappresentazione insolita rispetto alla versione patinata che noi tutti conosciamo  del tanto osannato complesso, con un ruolo attento anche alla riservatezza di Charlie Wattson e alle attitudini pittoriche di  Ronnie Wood che di solito vengono messi da parte dalle due star del gruppo: Mick Jagger e Keith Richards (assente il bassista Bill Wyman, uscito dalla formazione).

 

La musica rivoluzionaria è l’ideale che ha accompagnato tutto il fervore popolare giovanile dagli anni ’60 in poi. Musica fatta per il cambiamento, è stata anche musica per le orecchie di attivisti di ogni genere sociale e speranza per tutti i frustrati del mondo, come a dire: la libertà passa attraverso la musica pop, che da noi era la colonna sonora della protesta....

 

Musica che altro non è che il lato b subliminale del vistoso aspetto keynesiano del benessere di massa dell’occidente capitalista, che con la caduta, o per meglio dire abbattimento, del muro di Berlino ha perpetrato sortite e sconfinamenti in varie parti del Globo giustamente assetati di quella libertà di cui noi occidentali abbiamo avuto l’esclusiva.

 

Un godimento trasgressivo di cui sono stati privati i popoli dei regimi militari fascisti del sud America, che ci sbalordisce vedere ora nel film di Paul Dugdale mentre esultano come facevamo noi negli anni ’60, quando “amare i Beatles e i Rolling Stones” era, anche nella vulgata pop di Gianni Morandi, il connotato della bella gioventù impegnata.

 

Tra favelas e panoramiche di megalopoli spaventose, vedute mozzafiato da alte montagne spettacolari, mari incantati e piante tropicali, il tour inizia dall’Argentina e prosegue per Uraguay, Perù, Bolivia, Brasile, Messico ecc. dove vediamo il gruppo inglese coni fans ad aspettarli ai lati delle strade e le guardie con i mitra che li scortano.

 

 

Aspetti folkloristici si uniscono a buffi seguaci locali che spuntano inaspettatamente come i “rollingos”. Salsa e samba e altri surrogati musicali fanno il verso ai Rolling Stones non nascondendo aspetti comici che esaltano i momenti spettacolari delle riprese cinematografiche dei vari concerti, dove il suono della band inglese è veramente fantastico e la musica è di alta qualità: insomma un documentario dietro le quinte denso di aspetti piacevoli per l’occhio e per l’udito.

 

Se si vuole, il trailer con le riprese del popolo dell’Avana è anche involontariamente una testimonianza della Via della schiavitù, che descrisse Hayek (ispirandosi all’omonima opera di Alexis de Toqueville, nel secondo volume del trattato L’abuso della ragione) dove si dimostra la degenerazione consequenziale che la paventata logica di eguaglianza socialista presenta con l’antitetico nazismo, se intesa come negazione dei diritti civili, quale fu perpetrata dal castrismo, il cui solo nome è l’essenza concettuale di tale fenomeno.

 

Emerge chiaro nel film/documentario che il ruolo della sub cultura è di gran lunga più efficace di tanto alto profilo culturale generalmente propinato che spesso viene totalmente ignorato dai popoli del mondo; e infatti suona molto significativa - a riprova della popolarità del rock - la frase detta da Mick Jagger dal grande palco dell’Avana in spagnolo:“qualche anno fa non era possibile ascoltare la nostra musica, le cose stanno cambiando, siete pronti?”. Al che il pubblico cubano risponde positivamente con un boato talmente gioioso che fa commuovere.

 

Nel complesso è un film documentario spassoso, dove emerge il ruolo eroico degli organizzatori, che, come affermato dallo stesso regista, senza le necessarie garanzie sono riusciti a fare un concerto epico all’Avana che ha coinvolto un pubblico enorme, dando un segno di avvicinamento culturale in quella terra che è stata esclusa e penalizzata dell’embargo e dal severo dogmatismo comunista.

 

I Rolling Stones sono sempre grandi, con il frontman Jagger che dopo mezzo secolo schizza da un lato all’altro di giganteschi palchi con balzi e piroette come un furetto impazzito, dove la musica stravolge il pubblico come nei più potenti concerti heavy metal, anche se loro sono beatnik, originariamente, di spirito bluesman, e poi pop ma anche rockers … insomma loro sono i Rolling Stones, che in un’altra “one night only” capiterà di rivedere al cinema.  E ancora ci stupiranno.

 

The Rolling Stones Olé, Olé, Olé!: A Trip Across Latin America

Documentario di Paul Dugdale

Gran Bretagna 2016

Durata 105 minuti distribuito dalla Wanted

 

 


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