The Greatest Showman, diretto da Michael Gracey, racconta la storia di Phineas Taylor Barnum, divenuto famoso nel 1842 per aver creato l’American Museum e nel 1872 un enorme circo noto come The Greatest Show on Earth. Gracey ripercorre le tappe più importanti della vita di Barnum (Hugh Jackman), figlio di un povero sarto, il quale dopo aver superato molte difficoltà, riesce a sposare l'amata Charity (Michelle Williams) nonostante la disapprovazione del padre, ha da lei due figlie e poi finalmente raggiunge il successo con forza di volontà, coraggio e creatività.
Nel suo enorme circo con tre piste e quattro palcoscenici trovano lavoro e rispetto tanti personaggi ritenuti mostri in quell’epoca e pertanto emarginati e rifiutati da tutti in un'America razzista, discriminatoria e snob perfino verso quel tipo di spettacolo.
Emblematica in tal senso anche la storia d’amore tra il ricco drammaturgo, P. Calyle, (Zac Efron) e Anne, la trapezista di colore (Zendaya). Significative le frasi del film in cui P.T. Barnum (Hugh Jackman) afferma che “ognuno di noi è speciale nessuno è uguale a un altro…Nessuno ha mai fatto la differenza restando come gli altri”.
Stroncato dalla stampa e disprezzato dall’high society, Barnum non si scoraggia e finalmente raggiunge il successo, poiché per lui “l'arte più nobile è quella di rendere felici gli altri”.
Amato da moglie e figlie, tuttavia, rischia di perdere la sua famiglia per ottenere il rispetto delle caste a lui sempre negato, con il lancio della cantante svedese Jenny Lind (Rebecca Ferguson) che prova anche a sedurlo.
Dopo l’incendio che distrugge il suo circo, tutto sembra crollare intorno a lui, ma con la comprensione degli errori commessi e il ritorno alla famiglia e agli umili freaks che gli avevano donato il vero successo di un pubblico non snob, alla fine riprende la sua strada con coraggio.
In un’intervista il regista ha spiegato che è affascinato dal personaggio di Barnum, poiché “sapeva quel che la gente voleva: era un genio. Sempre ottimista, duro e indubbiamente con dei difetti, arrabbiato nei confronti del mondo e desideroso di sfondare. Era un visionario”.
Secondo Gracey, inoltre, Barnum, ebbe il merito di aver dato dignità a coloro che nell’800 erano considerati “mostri e coperti di vergogna, insieme ai rispettivi famigliari, chiusi in casa, nascosti. Erano trattati quasi come schiavi e Barnum li portò alla luce del sole, li fece arricchire e amare in tutto il mondo”.
Candidato già a diversi Golden Globe, il film si avvale di un buon cast, della sceneggiatura di Jenny Bricks e Bill Condon, delle musiche di John Debney, delle canzoni di Justin Paul e Benj Pasek (bellissima Never Enough, cantata da Loren Allred, non da R. Ferguson).
Ecco un’intervista al regista: (audio video)
Giovanna D’Arbitrio