Nel film The Wife-Vivere nell’ombra, di Björn Runge, tratto dall’omonimo libro diMeg Wolitzer, il tema del rapporto di coppia e quello della condizione femminile s’intrecciano con sottili interazioni a livello psicologico.
La storia inizia nel 1992 quando Joe Castleman (Jonathan Price)scrittore di successo e sua moglie Joan (GlennClose) vengono svegliati all'alba nella loro casa nel Connecticut da una telefonata che annuncia un’importante notizia: Joe ha vinto il premio Nobel per la Letteratura. Partono per Stoccolma accompagnati dal figlio David (Max Irons)scrittore alle prime armi, incompreso e sottovalutato dal padre.
Continui flash back ci riconducono al passato, agli anni’50 e a quelli successivi sull’onda dei ricordi di Joan quando giovane studentessa si innamorò di Joe, suo professore. Lei ripensa ai quarant'anni passati al fianco del marito, al patto segreto che li unisce e che le è costato un sacrificio divenuto ora troppo pesante, con l’assegnazione del Premio Nobel: in realtà è lei la vera scrittrice dei libri attribuiti a Joe ai quali egli collabora solo con delle idee. Eppure Joan continua ad amarlo teneramente, malgrado le sue infedeltà e il suo infantile, egoistico narcisismo. E in fondo anche lui l’ama molto, anche se in modo sbagliato.
Celandosi dietro il nome del marito, comunque, ha ottenuto di veder pubblicati i suoi libri, poiché come le aveva fatto comprendere un’altra scrittrice “i libri devono essere letti”, altrimenti non ha senso scriverli in un mondo editoriale maschilista che non dà spazio alle donne. Tale escamotage, inoltre, ha consentito a lei e Joe di sbarcare il lunario all’inizio e poi di vivere in modo agiato con una bella famiglia, composta da due figli e un nipotino in arrivo.
Purtroppo un invadente giornalista Nathaniel Bone (Christian Slater) cerca di carpire a Joan il suo segreto, ma avrà solo il devastante effetto di acuire le tensioni tra lei e il marito, nonché tra il padre e il figlio. L’epilogo sarà drammatico e ricco di sorprese che qui è meglio non svelare.
Anche se il ritmo iniziale appare un po’ lento, poi la sceneggiatura di Jane Anderson, con i suoi dialoghi ironici, incalzanti e ricchi di tensione, vivacizza il raccontodando risalto ai personaggi e alle loro emozioni. Ottima l’interpretazione di Glenn Close, buona anche quella di Jonathan Pryce nelle vesti in verità di un difficile personaggio maschile, pieno di contrasti: Joe dovrebbe suscitare rabbia nelle donne per il suo egoismo maschilista, ma alla fine le lascia sconcertate per il suo atteggiamento comunque un po’ infantile, tenero e naif.
Sembra assurdo infine che Joan con il passar degli anni non abbia preteso che venisse aggiunto sui libri pubblicati anche il suo nome mettendo in evidenza almeno la sua collaborazione, in un’epoca oltretutto in cui il femminismo aveva fatto notevoli progressi. Che diamine perfino P.B. Shelley rivelò che sua moglie Mary W. Godwin era la vera autrice di Frankenstein, non lui, e in pieno ‘800!
Ecco un’intervista a Glenn Close.
Giovanna D’Arbitrio