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27/12/24 ore

Poesì di Rino Mele. Isacco e Abramo



L'insopprimibile angoscia della nostra ossessiva condizione di prede predaci.

 

Il mio testo termina con l'esemplare momento preparatorio, surreale, della sfida tra Isacco e Abramo al quale Dio aveva imposto una prova di morte.

 

 

 

RINO MELE

 

 

Isacco e Abramo

 

Colorate figure ci vengono incontro

nella lieve pioggia, è il respiro 

dei morti, 

vogliono essere dimenticati,

stanchi di giocare allo scambio infinito: 

sono lontani dall'inganno, non hanno 

più voce per farlo, né dita

per sciogliere i lunghi nodi di refe. 

Un bambino 

nasce: con la mia bocca grida 

il dolore di trovarsi in questa notte 

senza uscite 

come in un sacco - con dentro un cane, 

una scimmia, un gatto - 

gettato nel fiume.

Siamo nella rovesciata simmetria della 

fine: da un lato c'è un padre, 

una sorta d'Isacco invecchiato, dall'altro 

il fantasma di Abramo, 

preparano la legna 

per il sacrificio,

pongono su un panno bianco il coltello,

la pietra per affilare, fingono 

di non guardare, fanno lo stesso gesto 

al contrario. 

Nessuno di loro chiude gli occhi,

perché - nemmeno un istante - l'altro 

scompaia. 

Più tardi, placherà

quel furore la luce bianca dell’alba.

 

 

_________________________________________  

 

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

  

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