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21/11/24 ore

Poesì di Rino Mele. I morti a teatro



Il 16 marzo fu aspramente bombardato a Mariupol il teatro di prosa che porta il nome della città. In quel teatro, ieri sarebbero stati trovati trecento corpi di ucraìni rifugiativisi proprio per scampare alle bombe. È un luogo sacro il teatro, vi si dovrebbe poter non morire. Per la finzione che vi si elabora, sarebbe un gioco da ragazzi per la morte uscire dall'enigma della scena senza straziare.

 

 

 

 

 

POESÌ

 

 

I morti a teatro

 

Cos’è la guerra? Una parola che si pronunzia in fretta, 

a metà ha un dittongo dolce, 

s'apre, e divora. 

Nel duello mortale tra Ettore e Achille, 

partecipano alla rovina 

forze senza volto, luminose, nere: come Atena e Zeus,

e Apollo che difende Ettore domatore di cavalli. 

Corrono i due eroi la pianura intorno alle mura, l’uno 

non riesce 

a raggiungere l’altro né questi a sfuggire. Omero 

scrive: “Come nel sogno 

chi corre non può raggiungere uno che fugge né questi 

sfuggirlo”. Li paragona a un cane 

e a un giovane cervo, corrono tanto 

che i piedi si staccano da terra, volano i due guerrieri 

dopo l'interminabile guerra:

in quei due corpi 

che volano, la distanza appare 

e scompare, sono l’uno sull’altro, di nuovo distanti, 

sentono la paura, l’affanno,

e dell’altro il sudore, il desiderio d’uccidere, il bisogno 

d'infliggerla e liberarsi dalla pena. Ettore 

vorrebbe continuare a girare intorno alle mura 

di Troia per non vedersi aprire il corpo, come un albero 

dall’accetta. Sa che dopo morto, 

il suo volto sbatterà sulle pietre, 

il corpo trascinato dai cavalli. La violenza 

ognuno l’ha vissuta

nella nascita atroce, l’ha ritrovata incessante nei sogni. 

Achille insegue Ettore, l’altro la morte. 

Gli dei e gli uomini hanno lo stesso volto ma i primi 

ridono eterni, gli uomini

hanno incancellabile pena.

Zeus prende una bilancia d’oro e il destino ha un peso 

leggero, sprofonda. Nel duello 

entra Atena, si trasforma 

nel fratello di Ettore, lo sprona 

al delirio: sarà legato pei piedi, trascinato nell’Ade. 

Sembrano precisi disegni su un quaderno di geometria, 

Achille 

lancia la pesante asta dalla punta di bronzo, 

Ettore si curva, la schiva, 

Atena, dea invisibile, la riporta ad Achille. 

Sulla piazza di un villaggio i ragazzi gloriosamente 

s’azzuffano, fingono 

difficili catture, si liberano da immaginate funi 

e corrono. 

Intanto, dai rifugi, bunker, corridoi sotterranei risalgono 

ombre.

A     Mariupol, sotto il pavimento del teatro sono stati 

trovati trecento corpi, 

credevano d’essersi salvati, 

protetti dalla finzione del luogo, alabarde, spade 

di cartone.  

La scena ora è al buio, 

Ofelia inseguita dal desiderio, Amleto 

dalla disperazione, 

il teschio di Yorick s’alza piano dalla fossa (l’ha in mano 

un becchino), Amleto 

gli parla con felice sconforto. Ofelia è vicina, s'è uccisa.

 

 

- Poesì di Rino Mele. I balconi di Mariupol (Agenzia Radicale)

Poesì di Rino Mele. Terrificante veder morire (Agenzia Radicale)

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

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