Mario (Maurizio Casagrande) è un uomo adulto di mezza età, filosofo di professione, disoccupato di fatto. Appena divorziato dalla moglie Silvia (Flora Vona) e senza un soldo, trova asilo in casa di Massimo, amico di una sera che, impietosito dalla sua storia , decide di mettergli a disposizione il suo appartamento.
Mario è triste, insoddisfatto, ancora innamorato della sua ex moglie. Dopo aver fallito persino nel tentativo di suicidarsi, si rassegna alla sua vita e tenta di andare avanti. A fargli compagnia il suo amico di infanzia, Emilio (un esilarante Michele Caputo), avvocato arrivista e voltagabbana, che tenta a tutti i costi di svegliarlo, di scrollargli di dosso quel perbenismo nauseabondo che sembra attecchire solo in lui oggigiorno.
A fare luce nella vita del protagonista ci penserà Simona (Tiziana De Giacomo), alla quale Mario subaffitta una stanza dell’appartamento. La storia di Simona e la sua grande forza di volontà lo colpiranno talmente tanto da risvegliare in lui il desiderio di volersi bene, cominciando dall’essere sincero con se stesso, accettando i suoi sentimenti e le sue emozioni.
“Anche l’occhio vuole la sua parte” , vincitore del premio Albatros 2011, conclude la stagione dell’Ambra Jovinelli, che chiude il sipario per problemi tecnici e strutturali. Si può dire che abbia chiuso in bellezza?
Forse avrebbe potuto fare di meglio. Lo spettacolo si regge sui dialoghi divertenti di Maurizio Casagrande e Michele Caputo, che , puntando sul napoletano, riescono a rubare qualche applauso e risate spontanee. Nonostante la bravura più o meno soddisfacente degli attori, la storia, apparentemente indecifrabile fino alla fine del primo tempo, risulta invece piuttosto banale con un colpo di scena scollegato e male inserito nella trama.
La commedia, decantata come responsabile di una profonda analisi della differenza tra essere e apparire, sembra apparire invece ciò che esattamente è. Notevole l’interpretazione di Michele Caputo, scrittore del testo e comico inarrestabile, che fa acquistare al lavoro punti preziosi.
Chiara Cerini