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22/11/24 ore

Veronica Pivetti in “Viktor und Viktoria”



Ispirata all’omonimo film di Reinhold Schunzel, la commedia “Viktor und Viktoria” è approdata sul palcoscenico romano del Teatro Quirino, in programmazione fino al prossimo 17 febbraio. Protagonista ed anima pulsante dello spettacolo, Veronica Pivetti interpreta il ruolo dell’attrice Susanne Weber, artista talentuosa alla disperata ricerca di un ingaggio nella Berlino degli anni ’30, ormai sfinita dal gelo e dalle privazioni, stremata dagli esiti di una Repubblica di Weimar che di lì a poco avrebbe visto legittimarsi la definitiva e drammatica ascesa del nazionalsocialismo tedesco.

 

Riscritta da Giovanna Gra e diretta da Emanuele Gamba, la storia è colma di significati, di occasioni per ragionare passando attraverso la leggerezza, nonché di spunti preziosi per comprendere quanto attuali possano essere eventi solo apparentemente distanti da noi.

 

Ecco così che l’incontro con Vito, squattrinato collega italiano, offre a Susanne l’imperdibile opportunità di essere assunta in una compagnia. Perchè se per una donna è tanto difficile trovare posto su un palco, forse per un uomo le cose potrebbero andare in modo diverso. Basterà allora, semplicemente, fingersi un uomo che si finge una donna, senza dimenticare che “...siamo a Weimar: qui vogliono emozioni forti e i travestiti sono chic”.

 

Con eleganza mista a raffinatezza e ad una inconfondibile ironia, Veronica Pivetti trasforma Susanne nell’idolo di tutti i teatri: il pubblico conosce Viktor e si innamora di Viktoria, inesorabilmente ammaliato da entrambi. “E non ti chiedi perché mi vuoi”, canta Susanne con voce suadente, mentre il successo riempie di luce un tempo buio e di stupore chi credeva di non sapersi più sorprendere.

 

Proprio quando tutto sembra aver raggiunto il giusto equilibrio, l’amore arriva a complicare le cose, a scombinarle, a sovvertire l’ordine faticosamente raggiunto, portando con sé una verità scomoda, esaltante: sì, ci si può innamorare anche a Berlino. Anche prima di saperlo. Anche senza, saperlo. E mentre il cuore si fa spazio come può, fuori dalle scene avanza “la fine che fa paura”, nulla di più lontano dai tormenti estatici della passione. A cosa si può rinunciare per riappropriarsi di sé? Che costo potrebbe avere scegliere di gettare la maschera? In alcuni casi, persino la salvezza.

 

Regina Picozzi

 

 


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