Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

18/11/24 ore

Dobbiamo superare le recitenze sull’Islam



di Roberto Calasso

(dal corriere.it)

 

La ritrosia dei giornali a pubblicare i proclami e le rivendicazioni dei terroristi mi è sempre sembrata stolta. L’argomento secondo cui la pubblicazione equivarrebbe a una involontaria propaganda delle loro idee mi sembra ancora più stolto — e offensivo verso i lettori dei giornali stessi, come se questi avessero bisogno delle parafrasi dei giornalisti per capire qualcosa. Mentre non c’è nulla che possa sostituire la conoscenza diretta. E per conoscere qualcuno essenziale è sapere come parla e come scrive.

 

Se Mein Kampf, che oltre tutto è un libro ben anteriore alla presa del potere da parte di Hitler, fosse stato letto e commentato subito con la dovuta attenzione e scrupolo filologico, sarebbe stato molto più chiaro con chi il mondo aveva a che fare. Oggi, più che dichiarazioni del genere: «Non ci fate paura», servirebbero analisi secche e puntuali delle parole usate dai terroristi. Perciò ogni volta che leggo di «rivendicazioni deliranti», la cui lettera non viene riportata, sento un’invincibile irritazione e frustrazione.

 

Se davvero «deliri» sono, si tratta di materiale prezioso da analizzare. Freud fondò la sua teoria della paranoia sull’analisi di un singolo delirio, quello del presidente Schreber, che si manifestava in un libro di 516 pagine. Stando così le cose, è d’obbligo contentarsi di minuscole schegge che qualche giornalista osa riprodurre fra virgolette. Ma a volte anche le schegge possono essere molto eloquenti. Nella rivendicazione dell’Isis per l’attentato al Reina di Istanbul si dice che l’azione ha colpito «dove i cristiani stavano celebrando la loro festa pagana».

 

Poche parole, ma dovrebbero bastare, almeno per capire un dato essenziale: l’Isis è una setta islamica che vuole colpire gli infedeli in quanto tali — fatto non privo di precedenti nella storia. La novità è la composizione degli infedeli, identificati con l’Occidente. E l’Occidente in una sua notevole parte si dichiara cristiano: perciò è assimilabile ai Crociati, nemici da secoli. Ma l’Isis ben sa che l’Occidente non è tutto cristiano. In vasta parte è secolare, privo di affiliazioni religiose. Anzi, il suo apparato tecnico e la macchina dei suoi poteri è tutta secolare. Ma per chi ha avviato, come la setta dell’Isis (e di Al Qaida), una guerra di religione, non c’è nulla che non dipenda da una religione. Quale sarà allora quella dei secolari? In verità, sarebbero tutti pagani. È questo che l’Isis ha scoperto — e i secolari stessi non lo sanno. In un club dove si celebra la festa pagana del Capodanno, la setta avrà l’occasione di uccidere insieme cristiani e pagani. Quindi la totalità degli infedeli, se si eccettuano gli Ebrei, che sono demograficamente irrilevanti, anche se hanno il privilegio di occupare il primo posto fra gli infedeli e sono perciò meritevoli di un odio specifico ed esemplare.

 

La rivendicazione dell’Isis non potrebbe essere più chiara. E mostra un tratto euforico nell’osservare l’opportunità dell’occasione per l’attacco. Era ora, si lascia intendere, che i secolari capissero chi sono: semplicemente pagani, camuffati sotto altro nome. Tutti i fieri laici occidentali, convinti di essersi liberati di ogni impaccio religioso, ora dovranno rassegnarsi a riconoscere di essere soltanto dei vecchi pagani. Perciò passibili di essere colpiti non meno dei cristiani, nella nuova guerra di religione. Perché di questo — e solo di questo — si tratta, anche se la Chiesa e i governi fanno di tutto per evitare l’espressione. E una peculiarità di questa guerra di religione è che avviene in anni dove il sentimento religioso si è ridotto al minimo, in Oriente come in Occidente...

 

- Prosegui la lettura su corriere.it

 

 


Aggiungi commento