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23/11/24 ore

Benedetto Della Vedova: l’arrivista ballerino che lascia solo macerie



di Giancarlo Perna  (da La Verità)

 

A ogni fine legislatura, c’è attesa di scoprire cosa architetterà Benedetto Della Vedova per farsi rieleggere. Il senatore non è mai con chi l’ha candidato nell’elezione precedente. Sulla scena da 25 anni, ha avuto flirt con i più disparati partiti ma rifiuta di accasarsi. Lo chiamano perciò signorino. Più sarcastico, Giovanni Negri, suo compagno degli esordi nel Pr pannelliano, che lo ha ribattezzato Della Nubile.

 

Della Vedova è l’incarnazione del parlamentare che vuole assaporare il privilegio dell’articolo 67 della Costituzione che esclude il vincolo di mandato. Il brivido di sentirsi libero e fare ciò che gli aggrada, senza risponderne agli elettori. Soggetto solo alla coscienza che, nel suo caso, è vivacissima e tumultuosa.

 

In questa vigilia elettorale, Benedetto si è appollaiato sul turbante di Emma Bonino. E un ritorno al nido perché, come accennato, aveva debuttato con i radicali. E dallo scorso anno che studia la manovra. Non che agganciare Bonino fosse l’optimum ma i margini erano pochi: uno come lui, che a furia di saltabecchi ha lasciato solo macerie, deve accontentarsi. Cosi, sapendo che Emma è una vestale dell’Ue, Benedetto l’ha conquistata creando un movimento, Forza Europa, a sua misura. Accadeva nel febbraio 2017. A fine anno — a conferma dell’inquietudine del Nostro —— il partito aveva già cambiato nome, diventando Più Europa (rectius: +Europa).

 

EVITATO L’INTOPPO DELLE FIRME

 

Appena il duo Bonino-Della Vedova è sceso in campo, c’è stato però un intoppo. Essendo esordiente, il movimento aveva bisogno di 25.000 firme per iscriversi alla lizza elettorale. E stata allora inscenata una sapiente lamentazione sull’importuno obbligo legale. Per giorni, Emma si è stracciata le vesti perché costretta all’incomodo. Come? Lei, da 5o anni sulla breccia, celebrata nell’universo mondo, obbligata come un pasquino a mendicare firme sotto la pioggia di un gennaio inclemente? E che diamine - ha esclamato nel suo simpatico braidese - «a me che sono la zia d’Italia chiedono di andare in giro proprio per l’Italia a raccogliere firme?» Insomma, suscitando un bailamme mediatico, l’astuto Benedetto, regista del tutto, ha pubblicizzato la sua iniziativa più e meglio che attraverso una campagna milionaria. Per poi risolvere in un fiat, con un colpo di scena pronto da mesi.

 

È accaduto, infatti, che Bruno Tabacci, leader di Centro democratico, si è offerto come alleato così da evitare al duo Bonino-Della Vedova la fastidiosa raccolta di firme. Con la conseguenza di presentarsi insieme agli elettori e fondere i simboli di +Europa con quello di Tabacci. Ora, chi a marzo voterà gli ex pannelliani, voterà anche Bruno e il suo mondo agli antipodi. Tabacci è infatti un ex dc di sinistra, come il suo braccio destro Angelo Sanza, seguace di Ciriaco De Mita e a più riprese sottosegretario negli anni Ottanta dell’altro secolo. La nuova creatura è dunque un dugongo, o bue marino, ossia un pastrocchio tra baciapile e mangiapreti. Inevitabili i cortocircuiti: mentre Sanza va a messa, Della Vedova offre spinelli.

 

IL RITUALE DI TABACCI

 

Il peggio però, è che la beffa è dietro l’angolo. Tabacci, infatti - che è una lenza — l’ha studiata bene pure lui. Già a novembre si era capito che sarebbe nato il dugongo quando si vide Bruno fare il suo ingresso alla manifestazione inaugurale di +Europa. Tutti nell’ambiente sanno che Tabacci è un Della Vedova Veterano. Anche lui un senza partito, è costretto da decenni a escogitare qualcosa per farsi rieleggere. Così, a ogni scadenza, diventa amico di qualcuno ed esala amorosi sensi dei quali non resta più traccia appena conquistata la poltrona. Ne ha buggerati parecchi facendo così: Mario Baccini, Savino Pezzotta,‘ Pino Pisicchio, altri. Dunque, il tendere la mano ai due radicali non è un atto francescano. E il suo rituale: mi infilo a casa tua e se riesco ti faccio fuori. Non mi stupirei se, alla fine della fiera, Bruno fosse eletto e gli altri no. È comunque una lotta tra giganti dell’arrivismo parlamentare e ogni esito è aperto.

 

UN'UNICA MATTANA NEL 1994

 

Il cinquantacinquenne Benedetto, attualmente sottosegretario agli Esteri, è un uomo di notevole valore. Ciò spiega come, nonostante il suo ballerinismo, ci sia sempre un gruppo disposto ad accoglierlo per il tempo che durerà. Bocconiano di solida preparazione, è un tipo serio, che studia i dossier. La passione politica è atavica. Di cospicua famiglia Valtellinese, suo nonno fu sindaco della natia Tirano, la stazione mezza svizzera da cui si inerpica il trenino per Sankt Moritz.

 

Dopo la laurea, fu assunto all’Irer, una specie di ufficio studi economici della Regione Lombardia. Un ottimo posto che — come sottolinea spesso - ha lasciato a 32 anni per seguire Marco Pannella. Si iscrisse al Pr senza però stravedere per marce, occupazioni e provocazioni sull'esempio delle antiche icone Bonino, Spadaccia, Cicciomessere, ecc. La sua sola mattana è limitata a una domenica del 1994 in cui, insieme al capo, distribui gratuitamente marijuana a Porta Portese. Si becco 4 mesi teorici. Con tale medaglia, fu candidato in una Lista Bonino, molto in voga all’epoca, ed eletto a Strasburgo dal 1999 al 2004.

 

L’INNAMORAMENTO PER FINI

 

Tornato a Roma, prese un appartamento dalle parti del Colosseo, in cui viveva con la moglie, la loro bambina e un lupo bianco. Per arrivarci si dovevano fare 103 scalini. Strinse il patto che a portare giù il cane, fare la spesa, sbrigare le incombenze quotidiane, sarebbe stato solo lui. L’inumana corvée lo trasformò, dandogli il gusto del difficile e della lotta. Divenne così ciò che sappiamo: un combattente per la propria sopravvivenza.

 

Erano gli anni dei trionfi berlusconiani che Pannella rifiutava, guardando a sinistra. Della Vedova stabilì invece che per i radicali l’ambiente del centrodestra era quello giusto. Fondò Riformatori Liberali, insieme a due ex pannelliani coi fiocchi, Marco Taradash e Giuseppe Calderisi, e cominciò a ronzare attorno al Cav. Va detto che, a ogni cambio di partito, Benedetto usa la formula: «Vado a innervarlo di radicali». Il corteggiamento del Berlusca, iniziato nel 2005, portò i suoi frutti l’anno dopo, quando - unico del trio - Della Vedova fu eletto in parlamento con il centrodestra.

 

E confermato nel 2008 ma, a metà cammino, si innamora di Gianfranco Fini schierandosi con lui nella lite col Cav. Aderisce a Generazione Italia, si impegola con i vari Italo Bocchino & co, finché, con gli altri, esce dal berlusconismo e fondano insieme, Futuro e libertà. Pareva che, per la prima volta, fosse pronto ad accasarsi con l’ex missino. Furono i nefasti dell’appartamento di Montecarlo a convincerlo che il volo di Fini stava finendo come quello di Icaro. Agilissima la giravolta.

 

L’INFATUAZIONE PER MONTI

 

Apparso Mario Monti all’orizzonte, si fiondò con il pupillo di Giorgio Napolitano, riavvicinandosi pure a Bonino, amica di Monti e sua collega nella disastrosa Commissione Ue, presieduta da Jacques Santer (1995-1999). «Finalmente a casa! » pensò il signorino quando fu rieletto nel 2013. Stavolta era davvero nel giro giusto: europeista, mondialista, lodenista. E lì è rimasto dopo il tracollo di Monti, entrando nelle grazie e nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Questo, dopo un viaggio di 36o gradi che, tornato al punto di partenza radicale, può ora proseguire a ritroso, in forma ellittica, sghemba o sghiribizzica secondo l’estro del nostro vivace valligiano.

 

 (da La Verità)

 

 


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