Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

10/07/25 ore

La Stampa: intervista a Yigal Carmon. ‘Israele si sente abbandonata dall’Europa, nessuno chiede ai terroristi di fermarsi



Non nega il contraddittorio Yigal Carmon, anima dell’informatissimo Middle East Media Research Institute (MEMRI) ed ex consigliere antiterrorismo di diversi governi israeliani.

La guerra che spegne Gaza e indigna l’Ue? Telefonare ad Hamas.

L’antisemitismo in Occidente? Un israeliano oggi si sente più sicuro a Dubai che a Parigi.

Il pivot to Golfo dell’amico americano? Nulla è perduto, fuorché – s’intuisce – la fiducia nella pace.

 

Due israeliani uccisi a Washington al grido di “Palestina libera”. È la materializzazione della grande paura d’Israele, l’intifada globale?

 

«Anche a fronte di nuovi possibili attentati a civili ebrei e israeliani all’estero, non c’è rischio di intifada globale. Di sicuro però, in Occidente cresce l’odio contro Israele, che secondo molti non avrebbe diritto di esistere, e contro gli ebrei. L’assassino di Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim ha gridato “Palestina Libera”, che non significa “due Stati per due popoli” bensì un solo Stato palestinese senza ebrei.

 

Oggi, paradossalmente, un israeliano è più al sicuro a Dubai che in una capitale occidentale. I voli per gli Emirati Arabi, che nel 2020 hanno firmato gli accordi di Abramo con Israele, non sono mai cessati e neppure gli scambi commerciali e culturali. Negli ultimi anni persino gli intellettuali arabi che criticano apertamente i Fratelli Musulmani si sentono più al riparo a Dubai che a Parigi o Londra».

 

Tre anni di guerra e 53 mila morti palestinesi hanno ribaltato la percezione d’Israele, da vittima del 7 ottobre ad aggressore spietato. Continuare, nella speranza di distruggere Hamas, vale l’isolamento internazionale e la vita degli ostaggi ancora a Gaza?

 

«In primis, sono i terroristi di Hamas a violare il diritto internazionale nascondendosi fra la popolazione e ammettendolo. Hamas spara da aree civili, case, scuole e ospedali. Da qui la tragedia delle vittime civili.

 

E poi ci sono le responsabilità di Hamas, che continua a tenere oltre 50 civili in ostaggio e che negli anni ha lanciato contro Israele migliaia di missili nonché attentati. Nessuno chiede ad Hamas di smetterla con il terrorismo, ma si chiede a Israele di arrendersi. Detto ciò, ho sempre sostenuto che Israele dovesse puntare allo sponsor di Hamas, il Qatar. Il sostegno economico e politico di Doha ha costruito il potere militare di Hamas: 500 km di tunnel, migliaia di missili, 30 o 40 mila uomini armati. Se il target fosse stato il Qatar, gli ostaggi sarebbero a casa. Il Qatar è Hamas e viceversa: senza Doha, Hamas sarebbe scomparso».

 

Bruxelles vuole sanzionare Israele in risposta al blocco degli aiuti umanitari a Gaza che ha molto scosso l’Ue. Gli israeliani si sentono traditi. Cosa sfugge d’Israele all’Europa e a quella diaspora ebraica indisponibile a rispondere delle politiche di Tel Aviv?

 

«Gli israeliani si sentono traditi perché l’Europa non capisce che Israele sta combattendo per la propria esistenza. L’Europa abbraccia lo slogan “Palestina libera” che significa un solo Stato palestinese senza ebrei.

 

All’indomani del massacro del 7 ottobre molti leader politici sono venuti a dare il loro sostegno a Israele, ma hanno fatto marcia indietro ben prima dell’operazione a Gaza. L’Europa ha giustificato e ignorato il massacro del 7 ottobre, ha abbandonato gli ostaggi».

 

Il dibattito su chi abbia abbandonato gli ostaggi contrappone anche le loro famiglie al premier Netanyahu. Quali faglie dividono oggi l’opinione pubblica israeliana, pace possibile, guerra necessaria?

 

«Dopo il massacro del 7 ottobre molti hanno perso la speranza nella pace. Al tempo stesso la fine della guerra è percepita come l’unico modo per liberare gli ostaggi. Molti israeliani inoltre accusano la leadership israeliana del fallimento della difesa del Paese. Conclusa la guerra di Yom Kippur, Golda Meir dovette dimettersi».

 

Cosa non capisce Israele dell’Europa e della sua attenzione sia pur incompleta ai diritti umani, al punto da averle sempre preferito l’amico americano, perfino ora che con Trump l’amicizia vacilla?

 

«Israele capisce molto bene l’Europa. Per questo, seppur l’amicizia con il Presidente Trump possa apparire traballante, preferisce gli Stati Uniti all’Europa, che sui diritti umani è molto selettiva. Non ci sono campagne in Europa per i beluci o i curdi massacrati dalla Repubblica islamica dell’Iran. E neppure per i milioni di affamati in Sudan e Yemen».

 

In realtà, curdi e altre minoranze trovano più asilo in Europa che altrove. Ma riguardo all’America, come legge il nuovo pivot to Golfo e l’interesse di Trump per il Qatar?

 

«Doha è l’unica ancora di salvezza di Hamas e credo che l’interesse di Trump sia distruttivo per Israele, come lo è legittimare i terroristi di Hamas. Il Qatar è alleato dell’Iran e nemico degli Emirati: Trump dovrebbe riconoscere gli amici.

 

L’avvicinamento a Doha non è solo un problema per Israele, ma per tutto il mondo libero».

 

Anche l’apertura di Trump a Teheran ha turbato Israele. Secondo la CNN Netanyahu pianificherebbe un attacco contro l’Iran. È credibile?

 

«Non penso che Netanyahu andrà da solo contro l’Iran».

 

Che chance ha oggi l’iniziativa araba, la normalizzazione con Israele previo nascita dello Stato palestinese? E con quale leader, se il presidente Abu Mazen è stato finora screditato, anche da Israele?

 

«Non c’è nulla di ufficiale per ora, solo voci riferite dai media. Riguardo al presidente palestinese Mahmoud Abbas, è stato in parte lui stesso a marginalizzarsi sul post-Gaza: è come se avesse detto a Israele “avete causato il problema lasciando arrivare i fondi del Qatar a Hamas e ora vedetevela voi, poi entreremo a Gaza”.

 

Inoltre, gli israeliani hanno perso fiducia in un possibile partner affidabile, capace di garantire la sicurezza quando Israele lascerà i territori».

 

Può finire la guerra con il governo israeliano in carica?

 

«La pressione internazionale può fermare Israele ma non Hamas, che continuerà per riprendere il controllo di Gaza. Nuovi missili mireranno Tel Aviv e Israele dovrà rispondere».

 

Se la pace si fa con i nemici e Israele l’ha fatta con l’Egitto, la Giordania e Arafat: sarà possibile farla con Hamas?

 

«La pace si fa con gli ex nemici che sono cambiati e sono pronti per la pace. Lo erano Sadat e re Hussein, non lo sono Hamas né gli ayatollah che vogliono distruggere Israele».

 

Intervista di Francesca Paci (La Stampa)

 


 

 


Aggiungi commento


Archivio notizie di Agenzia Radicale

é uscito il N° 119 di Quaderni Radicali

"EUROPA punto e a capo"

Anno 47° Speciale Maggio 2024

è uscito il libro 

Edizioni Quaderni Radicali

‘La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu - Atti del Forum di Quaderni Radicali’

qrtv.jpg

Aiutiamoli a casa loro? Lo stiamo già facendo ma male.