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26/12/24 ore

Ricerca: tagli e mortificazione delle risorse umane. E continua la politica del finanziamento a pioggia



 

Una volta lo scienziato ricercatore era una sorta di figura mitica fuori dal mondo, spesso isolato nel suo mondo costituito da provette ed alambicchi, magari afflitto da problemi economici pressanti, ma vissuti con “filosofico” distacco.

 

Oggi la situazione è completamente diversa; lo scienziato moderno è inserito in organizzazioni multidisciplinari strutturate e gerarchiche, intorno a cui ruotano non solo sete di nuova conoscenza, legittime ambizioni della grande scoperta, ma anche interessi economici con tutte le implicazioni del caso.

 

In questo contesto non ci si deve meravigliare se anche il mondo della scienza, quello dei santuari del più elevato sapere viene coinvolto in beghe di basso profilo per questioni di fondi e di natura sindacale. Cosa sta avvenendo?

 

Apprendiamo da alcuni documenti sindacali (FLC-CGIL) che lo scorso ottobre 2011 è stato costituito, con la partecipazione del Ministero Istruzione Università Ricerca, il Miur del tunnel dei neutrini, un consorzio tra l’Infn, quello dei neutrini tachionici, e l'Università di Roma Tor Vergata, diretto da Roberto Petronzio, presidente dell'Infn all’epoca della vicenda neutrini. I sindacati in stile metalmeccanici denunziano che a tutt'oggi non è stato ancora ufficialmente reso pubblico, a differenza delle altre delibere del consiglio direttivo dell’Infn, lo statuto del consorzio, nonostante sarebbe stato approvato nel luglio dell'anno scorso. Ma poi si va al sodo, anzi al soldo. Con toni apocalittici si denunzia che 19 milioni di euro assegnati nell’ambito dei cosiddetti, e sembrerebbe non meglio definiti, “progetti bandiera”, sarebbero stati trasferiti dall’Infn al nuovo consorzio.

 

In tempi di crisi, di tagli draconiani questi aspetti possono influire persino in maniera devastante. Ad esempio è lecito porsi il quesito su quanto abbia influito lo spauracchio dei tagli sulla tradizionale prudenza del provare e riprovare prima di proclamare una nuova conquista, soprattutto se rivoluzionaria, quali il recente caso dei neutrini risultati ad un “particelvelox non omologato” (affetto da un errore sistematico successivamente individuato dagli stessi sperimentatori) più veloci dei limiti di Einstein la cui teoria pone quella della luce come velocità insuperabile.

 

Avevamo espresso, proprio su Agenzia Radicale seri dubbi quando grande era il tripudio, con ministri che rivendicavano il merito della costruzione di un fantomatico tunnel lungo centinaia di chilometri e “burocrati” della scienza che cercavano di capitalizzare in termini di finanziamenti il risultato.

 

Qualche perplessità l’abbiamo anche per la scoperta della fantomatica “particella di Dio”; qualcosa senz’altro è stato rilevato ma forse non si tratta di “particella mistica” neppure di Sant’Antonio o di San Pasquale. Ignoriamo se le attività economiche e di finanziamento abbiano un santo protettore a cui intitolare la particella di recente rilevata, ma il sospetto che dal Cern la notizia sia uscita in modo da innescare qualche forzatura mediatica finalizzata a prevenire tagli in vista è, come dicono i pm, un “atto dovuto”.

 

Staremo a vedere. Comunque la lezione delle inevitabili dimissioni dell’allora Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) che aveva trionfalisticamente esaltato quello che poi era solo un errore di misura è servita. Ufficialmente al Cern hanno adottato un profilo possibilista di grande prudenza; la stampa ha enfatizzato, ma nessun giornalista cambierà per questo mestiere, anzi.

 

A tal punto la scienza, la conoscenza, le nuove frontiere della fisica, la stessa “particella di Dio” prosaicamente “vanno al diavolo” sovrastati da questioni di precariato, di “poltrone”, di stipendi ritenuti eccessivi, in particolare per i casi di cumuli di più retribuzioni, per i dirigenti del nuovo ente, di destinazione di fondi e della modalità della loro gestione. La denunzia che ci è stata fatta pervenire è corredata da una tabella contabile.

 

Forse le frontiere dello scienziato del passato erano più limitate, forse ci si limitava a cercare tutt’al più al “particella del sagrestano”. La scienza era più romantica e, forse, anche più genuina e produttiva. Oggi si ricerca l’immagine anche in questo campo; si mettono in piedi e trovano finanziamenti costosissimi progetti che inseguono scoperte rivoluzionarie e sconvolgenti, mentre poi non si erogano fondi per la “cenerentola” ricerca applicata, in grado di influire realmente sul progresso delle scienze e della tecnologia, persino con ricadute economiche e sul tenore di vita.

 

Già, ma quello attuale è un governo di tecnici che non dovrebbe illudersi sull’esistenza di immaginifici tunnel. Eppure ancora oggi si resta legati ad un distorto criterio politico di finanziamento della ricerca.

 

Si privilegiano faraonici progetti, quasi sempre di portata internazionale, alla ricerca non sempre supportata dalle conoscenze acquisite di rivoluzionari risultati. Anche quando, come nel caso della fusione nucleare, esistono i presupposti teorici e persino le applicazioni pratiche, quali la bomba termonucleare, si investono cifre astronomiche in una sorta di superenalotto della scienza, addirittura una sorta di roulette russa dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche.

 

Fare la fusione nucleare è come realizzare un sole in miniatura. Nelle applicazioni militari (purtroppo dicono i miei amici nonviolenti e obiettori di coscienza di Agenzia Radicale) con armi di distruzione di massa si è riusciti a realizzarla sin dagli albori dell’atomo; il problema delle applicazioni civili è quello di costruire una “bottiglia” in cui mettere il sole in miniatura e poi utilizzare il tutto per “fare l’acqua calda”, nel senso di produrre vapore da utilizzare in turbina per azionare elettrogeneratori.

 

Si investono cifre spropositate in progetti tipo “torre di Babele”, mentre non si finanziano progetti per i quali si dispone di grande conoscenze di base che richiederebbero solo una sperimentazione a fini applicativi. Ad esempio a livello internazionale sono stati catalogati in apposite banche dati tutte le conosciute reazioni di fissione, con le energie dei proietti che li innescano i relativi prodotti di fissioni corrispondenti al loro variare.

 

Una sperimentazione di grande importanza pratica sarebbe quella di finanziare, ad esempio proprio nell’ambito dell’Infn, che dispone già dei laboratori e degli apparati per effettuarla, una ricerca sulla fisica dei reattori tradizionali in modo da evitare, comunque limitare al massimo, la formazione di quei due prodotti di fissione che sono i responsabili quasi esclusivi della stragrande quantità del calore residuo che promana dopo la fermata di un reattore.

 

Sarebbe un salto enorme nella sicurezza dei reattori tradizionali, che renderebbe quasi impossibile il verificarsi di nuovi incidenti tipo Fukushima, dovuti proprio alla impossibilità di asportare, nello specifico per la mancanza di energia elettrica, il calore residuo in grado di causare, se non rimosso, la fusione del nocciolo.

 

Altro aspetto che sempre presso i laboratori dell’Infn potrebbe venire sviluppato è quello dell’abbattimento delle scorie, in parte con metodi “tradizionali” quali quelli della “combustione” in reattori subcritici appositamente innescati da un acceleratore di particelle, in modo “rivoluzionario” con metodi biologici, quali l’assorbimento e persino l’abbattimento con piante e batteri, di radionuclei inquinanti dispersi nell’ambiente, ad esempio a seguito di gravi incidenti.

 

Uno di questi batteri “estremofili” è stato ad esempio trovato casualmente anni fa nei Laboratori Infn di Frascati nel corso di sperimentazioni sulla fusione fredda, ma non si è andati oltre la registrazione della scoperta per scuse di natura burocratica.

 

Questi stati sono stati sviluppati all’estero ed, ironia della sorte, illustrati proprio in un recente convegno internazionale svoltosi nei Laboratori Infn di Frascati. Come si vede, forse il discorso sulla destinazione di quei 19 milioni è qualcosa di più di una questione sindacale, di precari e di superpoltrone…

 

Giorgio Prinzi


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