Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

22/11/24 ore

Sex in the city



Che cosa sarebbe stata tutta l’arte di Toulouse-Lautrec e in che modo avremmo compreso il passaggio dal periodo rosa di Picasso allo stile cubista, attraverso il dipinto "Les demoiselles d’Avignon", se non vi fossero state loro, quelle che oggi preferiscono definirsi sex workers, ovvero le prostitute?

 

Protagoniste nelle arti da sempre e al contempo marginalizzate, spesso cinicamente, dalla società, oggi ci parlano di diritti civili nelle sedi di partito e nelle piazze, aprendo ufficialmente un dialogo con le istituzioni, con quello Stato abolizionista, che nel 1958, cercò di debellare il fenomeno della prostituzione in Italia.

 

A definire "coraggiosa" la legge Merlin è proprio il ddl, prossimo alla calendarizzazione, che intende modificarla.

 

Il testo sulla regolamentazione  della prostituzione della Sen. Spilabotte (PD), infatti, pur insistendo sostanzialmente sulla decriminalizzazione dell’attività stessa, riconosce il principio cardine della legge a firma PSI, ovvero il divieto di esercizio delle "case di tolleranza", in favore, in questo caso, di forme di autogestione.

 

Perché, se è vero che lo Stato "magnaccia" faceva comodo a molti, come è ricordato dai "Comizi d’amore" di Pasolini - e si poteva ben "tollerare" lo sfruttamento su licenza dell’autorità di pubblica sicurezza - oggi si può pensare che uomini, donne e trans debbano non solo aver diritto al libero esercizio di un’attività di fatto lecita (abolendo, quindi, una serie di reati che  la rendono inattuabile, quale il reato di favoreggiamento e l’adescamento), ma che vadano tutelati in quanto lavoratori.

 

Alla base di questo pensiero sussiste una fondamentale distinzione tra chi sceglie liberamente l’attività sessuale consensuale tra adulti in un contesto commerciale e le vittime della tratta e dello sfruttamento di esseri umani, per le quali lo Stato prevede un reinserimento nella società grazie all’art. 18 della legge sull’immigrazione.

 

Un "vecchio" discorso, dunque: regolamentare per sottrarre un mercato alla criminalità organizzata e, allo stesso tempo, impedire forme discriminanti di schedature nella tutela della dignità della persona…salvo poi riconoscere alla prostituzione un valore sociale!

 

Piuttosto, un valore economico, dato che la prostituzione non solo è stata inserita, già da tempo, nel calcolo del Pil, ma è stata riconosciuta,  anche  in Italia, come un attività da tassare, fino al caso più recente di Rimini in cui l’Agenzia delle Entrate ha aperto la Partita Iva a delle prostitute mettendole sotto il codice 96.09.09, ossia "altri servizi alla persona".

 

A sentire la necessità di intervenire, a questo punto, è il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, contrario, tra le altre cose, all’obbligo di registrazione per i sex workers presso la pubblica sicurezza, secondo quanto previsto dal ddl della maggioranza.

 

° "La prostituzione è un fenomeno capillare - sottolinea Massimina L., ex sex worker – non credo si arriverà mai a una legiferazione,  da sempre la prostituzione è "anarchia"! E poi dovremmo pagare le tasse per cosa? Tanta gente paga i contributi per ritrovarsi, dopo anni, delle pensioni miserabili. Chi si prostituisce continua a essere percepito come un dispensatore di sporcizia, lo stigma sociale non può essere eradicato attraverso una legge che non dà diritti".

 

Il dipinto di E. Manet "Le déjeuner sur l’herbe" è quasi una denuncia rispetto a tale fenomeno di "apparente clandestinità", oggi come ieri, divenuto "aggressivo" per l’ordine pubblico. In esso una donna "misteriosamente" nuda si circonda di due uomini ben vestiti, mentre sullo sfondo un’altra figura femminile si compiace dell’acqua fresca del fiume.

 

Il riferimento alla prestazione sessuale della prima donna è evidenziato da una serie di indizi simbolici, come quello della rana nell’angolo in basso a sinistra, poiché  in francese  il termine "grenouille" è  usato anche per definire le prostitute.

 

Se sia in atto uno scambio di coppia, o se le due donne fossero complici tra loro non possiamo saperlo, ma il clima è solo apparentemente bucolico (non a caso il dipinto è il rifacimento in chiave moderna di una stampa rinascimentale che ritrae il Giudizio di Paride).

 

L’artista - consapevole dello scandalo che avrebbe suscitato non solo per il soggetto in sé, ma soprattutto per la tecnica rivoluzionaria con cui anticipa l’impressionismo - non si limita, infatti, a celebrare l’erotismo attraverso un tema classico, ma indaga nella complessità dei fenomeni sociali e nella psicologia del femminile, ritraendo la donna in posa contemplativa e allo stesso tempo con lo sguardo diretto all’osservatore dell’opera.

 

Oggi, fino a che le vicende "tarantino/berlusconiane" ci illuderanno che nel Paese si sia riaperto un "reale" dibattito sull’argomento della prostituzione, sarà difficile immaginare scenari diversi da quelli attuali, in cui ci si continua a chiedere se siano giuste o no certe sentenze, lasciando che l’ipocrisia impoverisca il pensiero.

 

Piera Scognamiglio

 

 


Aggiungi commento