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19/04/24 ore

Storie di mafia, storie da ricordare (7): l’assassinio della piccolissima Angela Talluto (1945)



di Dario Caputo

 

La mafia, come l'intera criminalità organizzata, non si è fermata, purtroppo, neanche dinanzi alle vittime innocenti di pochissimi anni o, addirittura, mesi. Ne ricordiamo e se ne contano, purtroppo, davvero tante: in questa nuova rubrica settimanale parliamo del lontano 1945 e della piccolissima Angela Talluto, di un anno.

 

La piccola perse la vita nell’agguato che aveva come vittima prescelta, dal pluribandito Salvatore Giuliano, il militante socialista Giovanni Spiga che, a differenza della neonata, riuscì a salvare la propria vita.

 

L'unico e decisivo motivo per cui Spiga doveva morire era legato ad un forte antagonismo politico con lo stesso Giuliano, lui bandito separatista, mentre Spiga era un fervente socialista con un'attività politica attiva per il suo partito. La barbara aggressione arrivò, a colpi di arma da fuoco, addirittura dinanzi il portone di casa del povero Spiga che si trovava lì davanti anche con dei parenti e amici: Giuliano, incurante di ciò, aprì il fuoco, senza farsi nessun tipo di scrupolo, sparando senza tregua e facendo fuoco tra la gente, tra i pacifici paesani della sua vittima.

 

Spiga venne ferito ad una gamba mentre, il bilancio di quei proiettili sparati dal bandito, fu molto tragico nel proprio epilogo: in quell’attentato morì la piccola Angela, con lei rimasero feriti, anche in modo molto grave, il suo piccolo fratellino, Francesco, di soli quattro anni, Vincenzo Musso di undici anni con Giovanna Candela, di 46. La mafia, quella criminalità che non si ferma neanche dinanzi alla presenza di piccoli infanti che, davvero, con nessun atteggiamento, anche involontario, hanno potuto causare tali aggressioni.

 


 

C’era ancora, quella sera di settembre del 1945, un’aria estiva, ma comunque di fine stagione e quello che successe, in pochi istanti, rappresentò una scena davvero indimenticabile e che ancora segna le vite di chi, direttamente, l’ha vissuta.

 

Ricordiamo che l’Italia, in quel periodo, era stata da poco liberata e la banda di Giuliano continuava a fare ciò che voleva, senza freni, da un po’ di anni e faceva il bello e il cattivo tempo: a ricordare quei tragici istanti ci sono state le parole del fratello di Angela, Franco, facendo così ritornare alla mente che, in quei pochi secondi, “successe il finimondo”; a quei tempi, lui, di anni ne aveva quattro e giocava sotto le gambe degli adulti assieme alla sorellina Angela, proprio davanti a quella casa di Montelepre, quando da un muretto i banditi aprirono il fuoco contro di loro.

 

La famiglia della piccolissima vittima di mafia viveva a Palermo, in via Catania; il padre, Pasquale, era un muratore, la madre Antonina, originaria di Montelepre, era una casalinga. Quel tragico 7 settembre, la signora e i figlioletti Angela e Franco presero la corriera per andare in paese a trovare la nonna: cenarono da lei e intorno alle 21 la salutarono; “siamo andati davanti la casa degli Spiga dove erano tutti riuniti fuori, come si usa fare nei paesi. Poi successe il finimondo”, il ricordo nelle parole di Franco Talluto.

 


 

A essere denunciati, per quell’agguato, furono Salvatore Giuliano, Rosario Candela e Antonino Terranova. Fortunatamente la memoria della piccola Angela è stata coltivata nel tempo ma, come purtroppo molte volte capita, solo da un ristretto numero di persone: questa volta da Graziella Accetta, la mamma di Claudio Domino, il bimbo ucciso nel 1986 a Palermo.

 

La vicenda è stata raccontata, tante volte (ma la memoria è sempre corta) nelle scuole, tra gli alunni: “Sono 109 i bambini uccisi dalla mafia. Un numero che dimostra come sia una fesseria che Cosa Nostra abbia un codice d’onore”, ha ricordato sempre la donna. Sulla stessa linea è stato sempre anche Dino Paternostro, Responsabile legalità della Cgil a Palermo: “Giuliano non era solo un bandito ma anche un mafioso che non guardava in faccia a nessuno. Altro che Robin Hood”.

 

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