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23/11/24 ore

Venezia Cinema 2013. Gravity, serata di gala in Laguna e deludenti ma adorate stelle al Lido



Festa grande per il Cinema e per Venezia e il suo Festival al Danieli, per il tradizionale party della bibbia mondiale dello spettacolo, la rivista “Variety”, che celebra com'è abitudine ormai consolidata, l’apertura della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

 

Bernardo Bertolucci, accompagnato dalla moglie Clare PeopleFrancesco Rosi, William Friedkin(L’esorcista), Haifaa Al Mansour (la prima regista donna dell’Arabia Saudita), Geppi Cucciari(protagonista del mediocre “L’arbitro” di Paolo Zucca), Goffrey Gilmore (Direttore del Sundance di Robert Redford), la francese Virignie Ledoyen, la brava Ksenia Rappoport, il regista e sceneggiatore (Taxi Driver) Paul Schrader e tanti altri inclusi i padroni di casa Baratta, Presidente della Biennale con il Direttore Alberto Barbera e la figlia di Sam Fuller, Samantha Fuller, a disposizione della stampa internazionale, eccetto naturalmente quella italiana, da sempre esclusa dalla soirée.

 

Quest’anno l'evento è stato dedicato a Bernardo Bertolucci che  ha scelto come intitolare la serata: "La Notte dei Dreamers".

 

Ma veniamo a Gravity, nuova produzione Warner Bros. Pictures, thriller spaziale diretto da Alfonso Cuarón, l'attesissimo "fuori concorso" che inaugura quest'anno il  Festival.

 

 

Chi l'ha visto, sentito e deve riferirne deve prima sciogliere il gelo cosmico assorbito nello spazio profondo in cui è stato immerso per la durata del film. A chi  consigliarlo?  Impegnativa domanda alla quale però, per dovere di cronaca, bisogna pur dare una risposta. Nello slang pubblicitario si potrebbe forse azzardare:

 

Stressati? Delusi dal lavoro, dall’amore, da qualsivoglia altra fonte annaspate in cerca di un impatto qualsiasi purché sicuramente liberatorio? Vi serve urgentemente una boccata di ossigeno con le istruzioni per l’uso dell’erogatore? Perché optare per una noiosa, costosa e  dagli incerti esiti, seduta  psicoterapeutica? Molto meglio andare a vedervi e di corsa, i due attori premi Oscar George Clooney e Sandra Bullock in: Gravity.

 

Trascorrerete un’ora e mezza circa di adrenalinica angoscia, miscela certo non inedita, condita (come potrebbe essere diversamente per una produzione di matrice Hollywoodiana) da un lieto, incoraggiante, edificante e  liberatorio appunto, lieto fine. Intanto vi costerà senz’altro meno del Dottore di cui sopra. E poi vi godrete due delle star del momento e …solo loro (!) per l’intera durata del film.

 

Lei, cinquantenne dall’anno prossimo, si mostrerà in pur casti ma eloquenti canotta e short al pubblico femminile (senza preclusioni per quello maschile ovviamente), aggiornandolo sulla sua smagliante forma fisica e sul risultato a cui si può arrivare con diete e palestre ben seguite. Lui, il comandante di astronave Matt Kowalsky (George Clooney), eroe auto-immolantesi, che con la battuta pronta fino all’ultimo respiro, addirittura resuscita e ritorna per salvare (ma è solo un bel sogno e lo si capisce dopo l’effetto comico, non proprio coerente con il ritmo della sceneggiatura),la malinconica astronauta-medico-ingegnere Ryan Stone (Bullock).

 

Ma, ahimè non troverete nessuna parentela con o emulazione di Godard, Kubrick o altri Maestri. I talenti impiegati nell’operazione sono tanti e non solo tra il cast ma anche tra i produttori esecutivi del film (Nikki Penny, Chris Faria, Stephen Jones, David Heyman).Tutta gente espertissima da anni arruolata dalle Majors californiane per riscuotere e a piene mani, dal box office che produrrà, com'è avvezza, ottimi incassi e su questo si può tranquillamente scommettere. Per buon film si intende però ben altro.

 

 

Gravity è stato scritto e diretto da Alfonso Cuarón (regista messicano pluri nominato sia agli Academy Award che ai BAFTA) che firma anche un buon montaggio e da Jonás Cuarón, ma le immagini,pur efficaci e grandiose non rendono giustizia al testo. La musica di Steven Price (Attack the Block) echeggia sgradevolmente quella di Odissea 2001 ma non è Ligeti, ne tantomeno Strauss.

 

La fotografia (Emmanuel LubezkiI figli degli uomini),ottima, mostra soprattutto le 3-D degli effetti speciali.

 

La storia di Andy Nicholson (sceneggiatore di Alice in Wonderland), a tratti diventa favola  e, seppur addizionata di valori antichi e condivisi, riesce perfino a porre interrogativi del tipo: "ma perché ci scordiamo così spesso del paradiso che è la vita sulla nostra amata Madre Terra?"

 

E già! … perché mai?

Non importa, glissons, questa sera sarà bagno di folla per i divi e foto a raffica da fotografi e fans; assiepati numerosi e gementi a bordo red-carpet, postulanti autografi e foto vis à vis con delle vere, autentiche leggende.

 

It's only Star Sistem but... we like it!

 

Vincenzo Basile

 

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