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24/11/24 ore

La Grande Bellezza e il bianco e nero americano


  • Florence Ursino

“Sono belli perchè non vanno da nessuna parte” quei trenini che attraversano corpi e musica assordante: percorrono antichi binari, sfiorano umanità varie e si dirigono verso il Nulla con il loro carico meravigliosamente decadente. Treni da 'La grande bellezza' che, superato l'oceano, sono arrivati sul palco dei Golden Globes, trionfando in una terra straniera sedotta da quell'Italia fondata sulla sempreverde dicotomia 'mafia – pizza e mandolini'. 

 

Niente, in fondo, è mai complicato e tutto, in fondo, è un po' scontato. Non stupisce quindi la vittoria di Sorrentino a Los Angeles, non stupisce la fascinazione subìta da chi, attraverso la trasparente lente di un film, si ritrova a vivere nella sua postcard from Italy, la perfetta cartolina di quello che il Belpaese è per il Nuovo Mondo: meraviglia e corruzione, antico fasto e pietosa modernità.

 

Il gioco di contrasti eccessivo e rimbombante messo in scena dal regista napoletano – i personaggi vuoti e la sacralità del contesto in cui vivono, la magnificenza di una città e la miseria degli animi, il luccichio del passato e l'opacacità del presente - è un toccasano per quel popolo americano imprigionato tra via Veneto e fontana di Trevi, mano nella mano con Marcello e Federico, prozii dell'elegante Jep Gambardella.

 

Intriso di un'italianità in bianco e nero, voglioso di ritrovare l'uomo in groppa alla notte oltre le terrazze romane e perso sulle rive del Tevere incapace di godere veramente di quella Città Eterna che espone sfacciatamente una Grande Bellezza impossibile da ignorare, l'immaginario collettivo dei non-italiani è soddisfatto in pieno nella sua brama di (ri)vedere sul Grande Schermo l'apoteosi di uno stereotipo vecchio di oltre mezzo secolo.

 

Roma è lì, il fascino è intatto, la memoria non tradisce. E anche il popolo degli ignavi, i campioni di frivolezza, i compassionevoli rassegnati, loro, gli italians, sono lì, personaggi inutili, ombre di un passato grandioso che non riescono – o non vogliono – celebrare, finendo a fluttuare in un vuoto inquietante, debilitante.

 

Angeli e demoni, scriverebbero (o l'hanno già fatto?) gli americani, guardando allo spettro di quella Grande Bellezza che continua ad infestare i loro sogni d'Italia.


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