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21/12/24 ore

Cannes 2015: Garrone, Moretti e Sorrentino alla resa dei conti con i colleghi francesi



di Vincenzo Basile

 

Sarà La Tête Haute della regista francese Emmanuelle Bercot, ad aprire il Festival di Cannes n.68, Mercoledì prossimo, 13 maggio. Il film racconta la storia del giovane delinquente Malony, della sua mala educazione, dai 6 ai18 anni e degli sforzi di un giudice minorile (Catherine Deneuve) e di un assistente sociale per salvarlo da una vita sbagliata.

 

E’ stato girato nelle regioni dell'area Nord-Pas de Calais, Rodano-Alpi e Parigi, e include nel cast Benoît Magimel, Sara Forestier e Rod Paradot, che interpreta il personaggio principale.

 

"La scelta di questo film può sembrare sorprendente, viste le norme generalmente applicate nella Cerimonia di Apertura del Festival di Cannes ", spiega Thierry Frémaux, delegato generale della manifestazione.

 

"Rappresenta un chiaro riflesso del nostro desiderio di vedere il Festival iniziare con un’opera sia coraggiosa che commovente. Il film di Emmanuelle Bercot, in linea con il moderno cinema d’autore, indaga sulla società contemporanea e si focalizza sulle tematiche sociali universali e, in quanto tale, è perfetto per le attese del pubblico internazionale di Cannes".

 

La prima mondiale di La Tête Haute concluderà la serata di apertura al Grand Théâtre Lumière del Palais des Festivals e uscirà in contemporanea nelle sale francesi. Maestro di cerimonie e conduttore per tutta la durata della kermesse, il popolarissimo attore Lambert Wilson.

 

 

Emmanuelle Bercot è regista, sceneggiatore e attrice; si era già fatta notare nel 1997, sempre a Cannes, dove il suo cortometraggio, Les Vacances, aveva ricevuto il Premio della Giuria. Due anni più tardi , con un secondo premio nella categoria Cinéfondation per La Puce (la pulce )1998 e poi nel 2001, con il suo primo lungometraggio, Clement, si era definitivamente affermata come nuovo talento internazionale, a Un Certain Regard. 

 

Da allora, ha diretto diversi film, tra cui Elle s'en va (La mia strada) del 2013, in cui Catherine Deneuve ha offerto una delle sue più grandi interpretazioni.

 

La Tête Haute è stato sceneggiato dalla regista e da Marcia Romano e si è avvalso dell'esperienza di Guillaume Schiffman come direttore.della fotografia. Ricordiamo che la Bercot è la seconda regista donna a inaugurare il Festival di Cannes. La prima fu Diane Kurys nel 1987 conUn homme amoureux.

 

Con questa scelta coraggiosa e in controtendenza rispetto agli anni precedenti, il Festival che ebbe come suo primo presidente Louis Lumière (1932), interrompe l’annosa consuetudine di lasciare aprire i giochi alle mega-produzioni dell’industria cinematografica americana, sempre attenta ad avvalersi dell’autorevolezza che la prestigiosa manifestazione francese garantisce.

 

Riguardo le giurie internazionali, quella della Selezione Ufficiale sarà presieduta dai registi americani Joel e Ethan Coen mentre Un Certain Regard, avrà come presidente l'attrice e regista Isabella Rossellini, a Cannes anche per celebrare il centenario della nascita dell’illustre madre, Ingrid Bergman (alla  quale saranno dedicati due show). Presiederà invece la Caméra d’Or, Sabine Azema mentre la Giuria Unica della Cinefondation (che raccoglie, lo ricordiamo, i più promettenti allievi delle scuole di cinema) e dei Cortometraggi, sarà coordinata dal regista mauritano Abderrahmane Sissako, autore dell’acclamato Timbuktu (2014).

 

 

I padroni di casa saranno in lizza con ben cinque autori:

 

Jacques Audiard, che affronta il dramma dell’immigrazione e della conseguente, travagliata integrazione, con Dheepan (titolo provvisorio).

 

Un soldato Tamil fugge in Francia spacciando due connazionali per suoi familiari (moglie e figlia), complicando ulteriormente la realizzazione del nuovo grande miraggio.

 

In La loi du marché (La legge del mercato) di Stéphane Brizé, Vincent Lindon è un disoccupato che trova l’impiego più odioso: spiare i colleghi con le spiacevoli, immaginabili conseguenze che tale mansione comporta.

 

Valerie Donzelli con Marguerite et Julien presenta quella che lei stessa definisce una "Fiaba contemporanea sul desiderio, la passione, la speranza, l’amore e la morte. Una storia senza tempo e soprattutto oltre ogni moralità" in cui i due fratelli del titolo, che dalla più tenera infanzia si amano teneramente, continuano poi da adulti, appassionatamente, a vivere il loro trasporto. Facile prevedere  scandalo e polemiche, anche se non ancora, la direzione mai scontata da cui si abbatteranno.

 

Maïwenn (Le Besco), 39 anni, con  un Mon Roi dal cast stellare e ubiquo , Vincent Cassel (protagonista anche nel Racconto dei Racconti del nostro Garrone) Emmanuelle Bercot (regista del citato film d’apertura), e Louis Garrel (regista esordiente alla Quinzane des realisateurs con Les deux amis) e sua sorella Isild Le Besco.

 

 

Guillaume Nicloux con The Valley of Love interpretato da Isabelle Huppert e Gérard Depardieu, racconta il pellegrinaggio nella Dead Valley californiana, di due genitori in crisi alla ricerca di una disperata sopravvivenza morale dopo il suicidio dell’unico figlio.

 

L’Italia, com’è noto, schiera Garrone, Moretti e Sorrentino, le sue tre punte più agguerritemaanche il non meno talentuoso, è ora di ammetterlo, Roberto Minervini.

 

Marchigiano di Fermo (1970)vive e lavora sia  in casa che negli Stati Uniti e si è già fatto notare proprio a Cannes, con il notevolissimo Stop the pounding heart (2013), Premio Speciale della Giuria al Torino Film Festival nel 2013 e David di Donatello nel 2014. Profondo indagatore, attraverso uno stile personalissimo, dell’emarginazione post industriale, dell’inadeguatezza dei valori e dell’irrisoria loro condivisione nella convivenza civile, parteciperàcon il documentario Louisiana (The Other Side).

 

Uno sguardo trasparente sull’America meno muscolosa, quella dei perdenti bianchi negli States del profondo sud. Veterani disadattati, donne e madri allo sbando, adolescenti problematici che, insieme a tossici in cerca di redenzione, rendono visibile un’umanità sofferente da sempre celata dietro lo standard ufficiale di un benessere diventato ormai solo di  facciata.

 

Indubbiamente il più dotato tra i nuovi autori italiani, ammette: "Sono fiero e onorato di partecipare ancora una volta al Festival di Cannes. Questo è senza dubbio il mio film più complesso. Credo, quindi, che l'invito a un festival così prestigioso costituisca un forte segnale di apertura nei confronti di un cinema senza compromessi. Penso sia indicativo di una presenza sempre più significativa del cinema italiano nel panorama internazionale".

 

 

Attesissimo l’ultimo lavoro di Matteo Garrone (Gomorra, Reality, entrambi Grand Prix a Cannes 2008, 2012) grandioso affresco in chiave fantastica del secolo barocco di cui è regista e co-produttore : Il racconto dei racconti.

 

Dall'amara vicenda di una regina (Salma Hayek) che mangia il cuore di un drago per avere un erede alla storia di due sorelle che provocano la passione di un Re (Vincent Cassel) a quella di un altro Re ossessionato invece da una pulce gigante: tre differenti storie che intrecciano il fantastico con il grottesco, ispirate e liberamente riadattate da Lu cunto de li cunti, il seicentesco capolavoro diGiambattista Basile, emblema e apice della letteratura barocca Italiana.

 

Con il suo Youth (La giovinezza), Sorrentino non è certo da meno, almeno in quanto a in quanto a Star, del collega romano.

 

Michael Caine, Harvey Keitel e Jane Fonda, impersonano tre amici di vecchia data, ottuagenari ancora in piena attività, che discutono sul loro passato e sull’agiato presente.

 

In Mia Madre, Nanni Moretti dirige il suo alter ego al femminile, nel caso Margherita Buy, nel ruolo di una regista in crisi professionale, genitoriale e filiale. Nel cast uno scatenato John Turturro e una magistrale, come di consueto quando si presta al cinema, Giulia Lazzarini.

 

 

Aconferma della permanenza del cinema d’autore ungherese al più alto livello mondiale di questi ultimi anni, facendo seguito al Cavallo di Torino di Béla Tarr (Orso d’argento a Berlino nel 2011), a Kornél Mundruczó  con il suo Feher Isten (premiato a Cannes 2014) e a Gabor Reisz con Per qualche inesplicabile ragione (premio della Giuria al Torino Film Festival dello stesso anno), arriva sulla Croisette Laszlo Nemes.

 

Nato a Budapest nel 1977 ma cresciuto professionalmente a Parigi a 38 anni è al suo debutto nel lungometraggio e concorre alla Palma d'Oro con Saul Fia (il figlio di Saul),un film che affronta la Shoah in maniera inedita.

 

E’ il racconto di due giorni ad Auschwitz di un ebreo ungherese facente parte di un gruppo speciale di prigionieri, i Sonderkommando, isolati dagli altri e costretti ad aiutare i tedeschi nello sterminio della sua gente. Mentre lavora alla cremazione, Saul scopre in un forno il corpo di un ragazzo che crede essere suo figlio. Farà di tutto per trovare un rabbino, portarlo via e dargli una degna sepoltura.

 

 

Affermatosi con i suoi tre cortometraggi, i pluripremiati With a Little Patience (con un po’ di pazienza)nominato all’European Film Award 2008, The Counterpart (la controparte) e The Gentleman Takes His Leave (il signore si congeda) premio della regia e della fotografia all’Hungarian Film Week 2010, Nemes è poi stato tra l’altro assistente alla regia di Bela Tarr per L'uomo di Londra (2007).

 

Dice del suo film: "Io non volevo dare troppi messaggi ma focalizzarmi su un qualcosa di molto preciso. 500mila ungheresi sono stati uccisi in poche settimane nel '44. Io credo che quello che è accaduto non si possa dimenticare. Il passato è ancora vivo, gli ungheresi vivono ancora questo trauma".

 

Dunque non l’ennesimo esempio di pur pregevole cinema post sovietico, ma l’ennesimo segnale della ormai avvenuta, piena integrazione dei linguaggi cinematografici di tutta quella che, nonostante l’Unione ormai pluridecennale, continuiamo a chiamare Est- Europa.

 

Il Cinema di qualità, per fortuna, va avanti e oltre.

 

 


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