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24/11/24 ore

Agnus Dei, tra guerre e stupri, dubbi e fede



Agnus Dei” (titolo originale: Les Innocentes), il film di Anne Fontaine, tratto dal diario di Madeleine Pauliac, giovane dottoressa della Croce Rossa, è ispirato ad un episodio reale della II guerra mondiale. AMadeleine viene dato il nome di Mathilde Beaulieu (Lou de Laage), una giovane francese, studentessa di medicina, che nel ’45 viene inviata dalla Croce Rossa in Polonia per aiutare i sopravvissuti agli orrori della guerra.

 

Un giorno una monaca di un convento vicino, Suor Maria (Agata Buzek), le chiede di aiutare una sua consorella che sta male: giunta in convento Mathilde scopre che la giovane è in preda ai dolori di un parto difficile e che non è la sola ad essere incinta, ma che ben sette suore sono nelle stesse condizioni, dopo essere state violentate ripetutamente da soldati russi per diversi giorni.

 

Mathilde decide di aiutarle ad affrontare il parto con l’aiuto del suo amico medico Gaspard (T. Couman)e di impedire che in paese si sappia la verità, dichiarando che il convento è in quarantena per un’epidemia.

 

Scopre in seguito che la madre superiora (Agata Kulesza), per evitare lo scandalo aveva abbandonato alcuni neonati  ai piedi di una Croce nel bosco, affidandoli alla divina provvidenza. Drammatici sono i suoi dialoghi tra la sensibile e generosa Mathilde, comunista e atea, e le suore (in particolare con la madre badessa), tormentate da dubbi, sofferenze spirituali e peso di condizionamenti sociali: quelle povere donne stuprate, quelle vittime, sono costrette a vergognarsi e a temere ignominia e disprezzo della gente. Significativa la frase di Suor Maria che svela il tormento di quelle povere anime in bilico tra dubbio e fede: “La fede: 24 ore di dubbio per 1 minuto di speranza”.

 

Prima di ripartire con la Croce Rossa per un’altra destinazione, Mathilde allora trova un escamotage per salvare sia i neonati che il drammatico segreto celato nel convento: affida gli orfani del paese alle suore in modo che possano coprire le nuove nascite ed aiutare altri poveri innocenti rimasti soli. Alla fine dunque morte e violenza vengono sconfitti dall’amore materno: commovente la scena in cui una giovane suora si emoziona nell’ascoltare i battiti cardiaci del bimbo che ha in grembo.

 

La regista Anne Fontaine ha dichiarato in un’intervista  che i fatti da lei raccontati “gettano una luce oscura sui militari sovietici, una verità che le autorità si rifiutano di divulgare”.Tali violenze purtroppo ancor oggi si ripetono, atti brutali, disumani che ogni giorno si verificano purtroppo in tanti paesi in guerra, come in molti paesi africani o attualmente in Siria dove tante donne e bambine spesso ricorrono al suicidio per non sopportare tutto ciò. E che dire poi di tante violenze quotidiane contro le donne, in aumento anche nei paesi civili dove non ci sono guerre?

 

Un film intenso e coinvolgente: volti in primo piano, inquadrature che scavano nell’anima, luci soffuse di candele nel gelido inverno, stanze spoglie ricche di penombra, colori in bianco nero e grigio sfumato (fotografia di C. Champetier), dialoghi coinvolgenti (sceneggiatura di S. Karine, A Fontaine, P Bonitzer), belle musiche (G. Hetzel).

 

Così la regista racconta il film.

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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