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23/11/24 ore

Il Palazzo del viceré, di Gurinder Chadha. La fine del dominio britannico in India



È apparso in questi giorni sugli schermi italiani “Il Palazzo del viceré”della regista Gurinder Chadha, in parte ispirato dal libro di S. S. Sarila The shadow of the great game: the untold story of India’s partition, in parte dal dramma vissuto dalla sua stessa famiglia.  

 

La frase “la storia è scritta dai vincitori” introduceil racconto degli ultimi mesi del dominio britannico in India nel 1947, con l’arrivo del viceré inglese Lord Mountbatten (Hugh Bonneville) che gestì la difficile transazione del paese verso l’indipendenza.

 

Aiutato dalla sensibile e umana moglie, Edwina (Gillian Andersen), nel film vengono messi in risalto i suoi sforzi nel cercare soluzioni pacifiche alle lotte tra induisti, musulmani e sikh, mediando tra diversi leader:  M. Ali Jinnah, che vuole ottenere un separato stato musulmano in Pakistan, J. Nehru e il grande Gandhi che invece mirano a difendere l’unità della nazione.

 

Nonostante gli insegnamenti di Gandhi, scoppiano violenze ed eccidi che vengono addebitati alle politiche separatiste e imperialiste inglesi del “Divide et Impera”. Per ristabilire la pace Lord Mountbatten accetta con riluttanza la Partizione dell’India: una separazione dolorosa che costrinse milioni di persone a spostarsi da uno stato all’altro tra violenti scontri che causarono migliaia di morti, scontri che si verificarono perfino tra la servitù dell’immenso Palazzo del viceré.

 

Forse per dar maggior risalto alla drammatica situazione, nel film è inserita anche la storia romantica e piuttosto melo di due giovani, Jeet Kumar(Manish Dayal), il valletto indù di Moutbatten, e la musulmana Alia (Huma Qureshi).

 

La regista che vive in U.K. da quando aveva due anni, anche se cerca di attenersi in modo obiettivo agli eventi storici, sembra in realtà in parte condizionata dalla sua appartenenza ai due mondi che descrive e dalle sofferenze sopportate dalla sua famiglia.

 

Il viceré appare come un personaggio nobile, manipolato da Churchill che nel disegnare i confini del Pakistan, voleva preservare l’accesso alle vie del petrolio contro l’ingerenza dell’Unione Sovietica. In realtà la storia dà di lui un’immagine piuttosto ambigua, mentre sua moglie Edwina viene ricordata ancora in India come una benefattrice. Ai  musulmani vengono addossate le maggiori responsabilità nelle atrocità ed eccidi che si verificarono dopo la Partizione. Nel complesso, tuttavia, non si può dire che non emerga la condanna dei mali derivanti dal colonialismo inglese.

 

Più che nelle scene oleografiche del fastoso Palazzo del viceré, il film trova una sua dimensione umana e si innalza di tono nelle drammatiche scene dell’esodo da un paese all’altro e nei realistici filmati d’epoca, inclusi quelli che chiudono la pellicola mostrando anche le immagini della famiglia della regista.

 

Tra le opere di G. Chadha ricordiamo Sognando Beckam, che ottenne molti riconoscimenti a livello internazionale. In questo film ha collaborato anche alla sceneggiatura insieme a P. M. Berges, M. Buffini.

 

Notevoli gli interpreti, le musiche di A.R. Rahaman, la fotografia di Ben Smithard, la scenografia di L. Dorman.

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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