Il tema del confronto tra generazioni non smette mai di affascinare il cinema che di tanto in tanto vi ritorna per sottolineare le difficoltà di dialogo tra genitori e figli e, a quanto pare, anche Francesca Archibugi non ne può fare a meno, come dimostra il suo recente film “Gli Sdraiati”,tratto dal libro omonimo di Michele Serra.
Nel film il padre è Giorgio Selva (Claudio Bisio), giornalista di successo, che insieme alla sua ex moglie (Sandra Ceccarelli) si occupa in part time del figlio Tito (Gaddo Bacchini), adolescente pigro che preferisce dialogare con gli amici e cerca di evitare i genitori: passa le sue giornate con loro, tutti maschi, tutti indolenti e disordinati. Malgrado i sinceri tentativi di Giorgio per aprire un dialogo con il figlio, ogni approccio sembra essere inutile, come se entrambi parlassero lingue diverse.
Qualcosa cambia solo quando nella vita di Tito compare Alice (Ilaria Brusadelli), una nuova compagna di classe: l’amore per la ragazza modifica i rapporti con gli amici e sembra creare una svolta positiva nel dialogo con i genitori, finché la madre di Alice, Rosalba, ex amante di Giorgio non irrompe di nuovo nella sua vita, complicando la situazione.
Più volte è stato messo in risalto il rapporto tra cinema e letteratura, ma non è sempre facile per i registi passare dal libro al film. Si può dire che F. Archibugi, regista nonché sceneggiatrice insieme a F. Piccolo, nel complesso non abbia alterato il significato del libro di Michele Serra, un piccolo volume di poco più di cento pagine, una sorta di monologo interiore su una società in cui i genitori vivono con maggiore difficoltà il gap generazionale. Rispetto al libro, il film si è arricchito di personaggi, situazioni, musiche e colori, ma forse talvolta è troppo ridondante e perde in essenzialità.
La regista sembra voler mettere sotto accusa l’intera società, vista come un’orda barbarica contro la quale i giovani si uniscono per combatterla. Giorgio infatti afferma di aver immaginato “ un futuro quasi medioevale in cui i giovani, in minoranza, umiliati, cacciati ai margini della società da vecchi assetati di potere e privilegi, si coalizzano in un esercito di liberazione“.
Serra, invece, non parteggia né per i padri, né per i figli, ma parla di estraneità, occasioni perdute, desiderio sincero di ritrovare un dialogo tra generazioni, senso di impotenza e inadeguatezza di una generazione che in passato aveva lottato contro i genitori, illudendosi che un rapporto educativo basato sul dialogo, potesse sostituire l’autorità con l’autorevolezza.
Purtroppo non era prevedibile un gap generazionale accentuato da ritmi velocissimi, continue trasformazioni e soprattutto input negativi di una società consumistica, input sempre più invasivi di Tv, nuove tecnologie, smartphone, social network, il tutto accentuato da deriva etica e perdita di valori. Nel film si parla di adolescenti, ma negli ultimi anni non sono mancate definizioni generalizzate e offensive sui giovani, come bamboccioni, sfigati, choosy (schizzinosi), ora anche sdraiati. Preferibile sempre non fare di ogni erba un fascio.
Sia libro che il film descrivono, quindi, in modo diverso aspetti della nostra società. Forse i genitori più giovani, in realtà, sono quelli più provati oggi per mancanza di tempo e altri gravi motivi, genitori che spesso pur volendo, non riescono a seguire i figli e a intervenire con motivati rimproveri e qualche innocuo scappellotto, senz’altro integrabili con una comunicazione centrata su sentimenti e affetti.
Ecco un’interessante intervista con regista e cast (Audiovideo)
Giovanna D’Arbitrio