Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

02/05/24 ore

The Slaughter, brividi horror made in Italy: intervista allo sceneggiatore Antonio Tentori



di Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

The Slaughter – La mattanza il nuovo horror diretto da Dario Germani, regista di Antropophagus II.

 

Sceneggiato da Antonio Tentori, che è stato autore di script per Lucio Fulci, Joe D’Amato e Dario Argento, il film vede nel cast Tonia De Micco, Samuel Kay, Nadia Rahman, Janice Quinol, Roberto Luigi Mauri, Jason Prempeh, Tashi Higgins e Fabrizio Bordignon

 

Di seguito una intervista a Antonio Tentori…

 

 

***************

 

 

The Slaughter - La Mattanza  è un film attualmente nelle sale diretto da Dario Germani, di cui tu hai scritto il soggetto e la sceneggiatura. Oltre ai numerosi tributi stilistici e cinematografici, conoscendo il tuo lavoro abbiamo notato un elemento di metacinema a partire dallo scenario, il laboratorio di sviluppo e stampa delle pellicole. Com'è nata questa collaborazione e l'idea per il lungometraggio?

 

Io ho conosciuto Dario Germani abbastanza recentemente, però c'eravamo già visti in altre occasioni, per altri film da fare insieme che poi non si sono realizzati. Ho visto subito che era come me un appassionato del genere, avevo visto anche il suo Lettera H che mi ha abbastanza incuriosito e interessato. The Slaughter in particolare nasce da un’idea della produzione di fare uno slasher, un thriller estremo appunto, basato sulla classica storia con un gruppo di ragazzi e un killer mascherato che li bracca e li massacra uno dopo l’altro, e questa in sintesi è proprio l’essenza del genere slasher. Quello però che mi è piaciuto di più scrivendolo è proprio quello che citavate prima: il discorso meta-cinematografico, a cominciare dall’ambientazione stessa, un grande stabilimento di sviluppo e stampa di pellicole cinematografiche a Roma, sulla Via Tiburtina. La location qui diventa protagonista, anch’essa è un personaggio del film. Già questo mi piaceva molto. Prima di scrivere la sceneggiatura, quando c'era soltanto il soggetto, sono stato più di una volta lì, sul futuro set per visitarlo e vedere tutti gli ambienti.

 

Per ispirarti, potremmo dire…

 

Sì, per ispirarmi, ma anche per vedere come si potevano ambientare determinate morti, determinate uccisioni, dato che il luogo si presta molto. Ci sono molti corridoi e anfratti, stanze, finestre, angoli chiusi, oltre ovviamente alla sala con la cabina di proiezione… Insomma, si tratta di un luogo molto stimolante. Poi con Dario ci siamo anche trovati d’accordo sull’idea di inserire una serie di citazioni da film a noi personalmente cari, di autori che amiamo da Argento a Fulci a Bruno Mattei, tutto in maniera piuttosto esplicita.

 

E infatti, senza voler fare troppi spoiler, abbiamo notato in particolare l’omicidio di una donna alla finestra che ricorda esplicitamente un celebre film di Argento. Stessa cosa per un altro delitto, che implica il soffocamento di una vittima in un barile di acido e ricorda lo stesso lungometraggio.

 

Sono tutte cose volute, assolutamente. Addirittura nel film gli stessi protagonisti parlano direttamente di Argento, di Fulci, a un certo punto dovrebbero vedere L'isola dei morti viventi - un film di Bruno Mattei – e invece incappano in questo filmato pseudo-amatoriale che in realtà è stato realizzato ed inserito lì dall'assassino stesso e da questo prende piede la storia. Anche questa idea dell’assassino che riprende le sue vittime durante i delitti è un esempio di cinema nel cinema.

 

A proposito di cinema nel cinema un'altra cosa di cui volevamo parlare con te è come questo tipo di metacinema sembri proprio un topos ricorrente nei tuoi lavori. Stiamo pensando a Un gatto nel cervello diretto da Lucio Fulci, che è stato uno dei tuoi primi lavori cinematografici e in cui la fantasia morbosa del protagonista si sovrappone agli orrori concreti della realtà. Possiamo dire che tu hai affrontato più volte il cinema con questo approccio.

 

È vero, questo discorso meta-cinematografico in maniera più o meno evidente o dichiarata mi affascina particolarmente da sempre. Un gatto nel cervello non a caso è uno dei primissimi film che ho scritto e anche firmato. Come molti sapranno, Lucio Fulci era protagonista in un ruolo di regista combattuto e lacerato tra la realtà e l'immaginazione, cioè tra quello che gira abitualmente nei suoi film e l'incubo che appunto prende vita. In seguito ho poi continuato ad adottare quest’approccio ogni tanto, quando ho trovato l'occasione giusta. C'è stato per esempio il film di Domiziano Cristopharo, Nightmare Symphony che è proprio una sorta di omaggio a Un gatto nel cervello con dinamiche molto simili. Anche lì c'è un assassino che uccide a ripetizione mentre il regista Frank La Loggia è dibattuto tra fantasia e realtà. C'è un discorso meta-cinematografico anche in Everybloody's Enddi Claudio Lattanzi e Bloodline di Edo Tagliavini. Ci sono insomma diverse occasioni in cui mi è capitato di farlo e dentro The Slaughter forse in maniera più dichiarata perché siamo dentro a un particolare genere di cinema tutto italiano, e questo a mio avviso funziona molto perché per quanto vengano citati anche film come Halloween o Zombi tutto è molto italian style.

 

A questo proposito volevamo chiederti un parere: il cinema horror italiano di maestri come Argento o Fulci sta suscitando di nuovo l'interesse del grande pubblico, dopo un periodo in cui sembrava quasi caduto nell'oblio. Pensiamo per esempio alla grande retrospettiva a New York dedicata di recente proprio al cinema di Dario Argento, autore di cui tu sei uno dei più grandi esperti avendo scritto vari libri su di lui. Come ti spieghi questo revival?

 

Io ritengo che il cinema horror di per sé viva in qualche modo questi cicli di eterno ritorno per quanto riguarda l'interesse da parte del pubblico, non solo da parte dei fan veri e propri ma anche del pubblico generalista. Abbiamo visto per l'appunto la mostra a New York ma c'è anche fino a gennaio 2023 la mostra dedicata a Dario a Torino, presso la Mole Antonelliana, e c’è stata la retrospettiva a Parigi alla Cinémathèque Française. Va detto che per quanto riguarda Dario Argento c'è sempre un interesse particolare, però come dicevate giustamente si tratta anche di un discorso di più ampio respiro perché Fulci ed altri, come Aristide Massaccesi e Bruno Mattei, adesso forse vengono visti in maniera più completa rispetto alla considerazione che potevano avere verso la fine degli anni ‘90 o negli stessi 2000. Passando il tempo ci si rende conto dell'importanza di questi autori e questo a mio avviso è significativo.

 

Avremmo un'altra domanda specifica da farti proprio sul cinema di genere italiano: tu hai dedicato a questo argomento diversi libri perché parallelamente all'attività di sceneggiatore ne hai anche una di saggista. Sappiamo che questo tipo di cinema ha vissuto un periodo di popolarità e prosperità - parliamo di vari sottogeneri dal Western al Thriller/Horror, fino al Poliziesco eccetera -  con alti e bassi a partire dagli anni ‘60, per poi interrompersi bruscamente intorno alla metà degli anni ’90, pur con qualche sprazzo fino ai primi 2000. Come ti spieghi questa frattura? Perché improvvisamente c'è questa scomparsa del cinema di genere dalle sale italiane e dalle produzioni?

 

Be', questa è una domanda complessa che richiede una risposta abbastanza articolata, nel senso che i fattori sono molteplici. Partiamo dalla fine: l'ultimo genere del cinema italiano è il Vietnam Movie, che possiamo situare tra la metà degli anni ‘80 circa e l'inizio dei ‘90, che nasce dal successo di film come Apocalypse Now, Il Cacciatore, Platoon. Facendo poi un passo indietro nel tempo, ai generi in voga dagli anni ‘70 a inizio ‘80, notiamo che il Poliziesco per esempio è stato abbandonato in favore delle fiction televisive da una parte e dall'altra dei cosiddetti Mafia Movie, incentrati sul fenomeno della criminalità organizzata ed ispirati alla cronaca. Insomma il classico poliziesco o “poliziottesco” anni 70 col commissario di ferro, i poliziotti scomodi eccetera, non esiste più da un sacco di tempo (gli ultimi esempi credo siano intorno al 1980). Di tutti quei generi che, risalendo a un periodo ancora precedente, andavano dal Western al Peplum, oggi ne sono rimasti essenzialmente tre: uno è la Commedia nelle sue varie declinazioni (e quella continuerà sempre), gli altri sono il Thriller e l’Horror.

 

Ahimè, il Thriller e l’Horror però, per una miopia dei distributori e dei produttori, da metà anni ‘90 in poi, come giustamente dicevate, non hanno avuto quell’iter che avevano seguito nei decenni passati. Perché? Perché purtroppo produzioni e distribuzioni hanno preferito acquistare i film dall’estero piuttosto che realizzarli in Italia con autori italiani: non ci hanno creduto, non so perché. I motivi sarebbero tanti, forse anche una certa auto-inflazione del genere stesso, il pubblico che non ha più risposto… E bisogna anche parlare della questione delle sale cinematografiche: ora la situazione è quella che è, però in passato era fondamentale avere prima l’uscita in sala e poi ovviamente quella nel mercato estero; a un certo punto invece è diventato importante solo il mercato estero. Se c’era l’uscita in sala bene, sennò andava bene lo stesso. E anche la televisione ha poi creato un grossissimo danno al cinema in senso lato.

 

Adesso con l'avvento di nuove piattaforme come Netflix o Amazon pare che ci sia un certo ritorno del cinema di genere, benché non essenzialmente di quello italiano. In Spagna ad esempio si sta lavorando molto in questo senso. Alla luce di tutto ciò, e anche della tua lunga esperienza come autore, sceneggiatore e scrittore di libri sull'argomento, come descriveresti lo stato attuale del cinema italiano? Pensi che l'avvento di queste piattaforme stia aiutando in qualche maniera la rinascita del cinema di genere?

 

Io sono ottimista di natura e vedo il bicchiere sempre mezzo pieno, mai mezzo vuoto, quindi rispetto al discorso che facevamo prima delle televisioni – e io intendevo ovviamente le televisioni commerciali, generaliste - ritengo invece che negli ultimi anni queste piattaforme siano diventate importanti. Soprattutto dall’avvento di Netflix ci sono film che vengono prodotti e distribuiti direttamente da loro, anche film italiani, compresi thriller e horror che hanno così la loro uscita. Ora, se si può uscire in sala va bene, ben venga, però anche uscire direttamente su una piattaforma come Netflix va benissimo, anche quella è un’uscita. Stesso discorso vale per l’home video. Non bisogna ormai fissarsi su cose che, in qualche modo, non è che siano superate - la sala non sarà superata mai, il cinema è quello, è per la sala cinematografica! - però è sicuramente vero che sono cambiate le modalità di approccio, di fruizione dello spettacolo stesso, quindi bisogna anche vedere le possibilità che offre il mercato e quant’altro. Io sono assolutamente positivo da questo punto di vista.

 

Ti ringraziamo perché attraverso questa conversazione possiamo dire di aver fatto, anche con molto piacere, una sorta di excursus, di retrospettiva sul nostro cinema di genere e in particolare sul Thriller e l’Horror, avendo tu collaborato con tanti maestri: ricordiamo Aristide Massaccesi/Joe D’Amato, Lucio Fulci, Dario Argento e Bruno Mattei, un regista con cui hai lavorato molte volte e che rispetto ad altri è un nome ancora poco noto al grande pubblico, un autore da riscoprire assolutamente.

 

Sono d'accordo, è proprio così.

 


 

 


Aggiungi commento