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15/11/24 ore

Il Pataffio, di Francesco Lagi. Tratto dal libro di Luigi Malerba


  • Giovanna D'Arbitrio

Presentato in concorso al Locarno Film Festival, Il Pataffio, di Francesco Lagi, tratto dall'omonimo romanzo buffo di Luigi Malerba, viene definito comeuna commedia su sesso potere, povertà e libertà.

 

Il libro viene così descritto dalla Casa Editrice Quodlibet: “Il Pataffio  di Malerba è un buffo romanzo che si muove in un medioevo pieno di fame e carestia. I nomi dei personaggi sono già un eloquente programma, il marconte Cagalanza, la marcontessa Bernarda, grassa e scontenta, la corte tutta disgraziata e approssimativa, con i soldati arrugginiti e affamati, i contadini più affamati ancora, raramente qualcuno trova un pollastro o un somaro cotto, più spesso lo sogna. Alla fame non c' è mai fine, e questa è la trama fondamentale che accomuna contadini e sgangherati signori. Si parla un bellissimo maccheronico semi romanesco, semi latino, o semi qualcosa d'altro. Parente prossimo della "Armata Brancaleone" di Mario Monicelli”.

 

Ambientato nel Medioevo come il libro, il film racconta le avventure di un gruppo di soldati e di cortigiani con a capo il Marconte  Berlocchio (Lino Musella)e la sua sposa Bernarda (Viviana Cangiano). Il Marconte con la sua carovana  arriva nel nuovo feudo, ma lo trova in rovina: nessun rappresentante regio ad attenderlo, ma solo una banda di villici affamati che usano il castello per pascolare gli animali . Assieme al consigliere Belcapo, al frate cappuccio e a un manipolo di strani soldati, Berlocchio cercherà di comportarsi come un nobile, malgrado  le sue origini umili surclassate per velleità altolocate.

 

Incontrare il libro di Malerba è stato l’inizio di un viaggio in un mondo altro, un invito ad andare in un tempo e in un luogo che altrimenti non avrei mai visitato - ha affermato il regista - Mi hanno fatto compagnia personaggi strampalati e struggenti che ho subito riconosciuto come nostri contemporanei. La parola uno dei temi più importanti del film, ci sono tanti dialoghi, molte cose succedono in scene a due, con rapporti diretti. Si doveva recitare forte, altrimenti non funzionava. Ognuno l’ha fatto con un modo di apparire ed esprimersi. Gli attori sentivano che il gioco era interessante, poi per rendere l’aspetto visivo del film più avvincente, in questa commedia umana in cui a tratti i personaggi sono maschere o pupazzi un po’ patetici, hanno tutti compreso necessità di segnare i personaggi con strani capelli, barbe, occhi”.

 

Valerio Mastandrea invece ha evidenziato gli intenti politici del film per “… la sua denuncia dell’inadeguatezza del potere: la fuga dell’uomo che voleva comandare racconta mille fughe, non solo di dittatori lontani (…)una deresponsabilizzazione di qualcuno che vuole salvare sé stesso e basta. Tutta la retorica del potere come ordine finisce così nell’incapacità a esercitarlo. Non solo lo specchio del nostro paese, ma anche un modo di intendere il potere in tutto il mondo occidentale” .

 

Senz’altro un film particolare. E anche se è inevitabile il confronto con L'armata Brancaleone di Monicelli per il tono grottesco e strambo, Francesco Lagi ci racconta un medioevo insolito in modo originale con il supporto di un buon cast di interpreti, come Lino Musella, Giorgio Tirabassi, Viviana Cangiano, Giovanni Ludeno, Vincenzo Nemolato, Daria Deflorian, Alessandro Gassmann, Valerio Mastandrea. Notevoli regia e sceneggiatura: Francesco Lagi, fotografia di Diego Romero, musiche di Stefano Bollani.

 

Ecco il trailer del film (da FilmIsNow Trailer & Clip in Italiano)

 

 


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