Siamo impreparati a ricordare le radici del nostro stupore, in questo Natale senza volto: viviamo in gabbie separate, come gli animali d'allevamento che da sempre con superficiale stupidità, senza avvertirne il dolore, torturiamo, non riuscendo nemmeno a sentire i loro gridi. Alla nascita di Gesù accenna il Vangelo di Matteo, ne parlano quello di Luca e - il più bello, tanto da sembrare scritto coralmente da una classe di bambini - il "Protovangelo di Giacomo", escluso dal Canone e confinato tra gli apocrifi.
RINO MELE
Natale dell'epidemia
Quella notte si fermò il tempo: il braccio
alzato
rimase inchiodato, gli uccelli notturni smisero di battere l'ali,
si ritrovarono a metà del volo,
in aria
senza cadere. L'acqua del secchio rovesciato stupì
come una sospesa
trama, anche la voce di chi parlava non si chiuse
nella vocale
che seguiva, ma restò
sorpresa del suo suono, ad ascoltarsi.
A Betlemme, Giuseppe e Maria erano due pietre
in un torrente,
spinti dalla folla cercavano un portico dove fermarsi
mentre Maria gridava muta
e sbiancava.
Venivano da Nazareth, stranieri in quel villaggio,
e poveri,
nessuno voleva in casa il loro contagio.
Sentirono il caldo di una grotta al di là di un cortile.
La tenebra era alta e la luna,
nel suo chiarore
trovarono la stalla tra un acuto odore di fieno
e l'improvviso silenzio.Partorì
da sola
come le madri delle madri, contadine alle quali
bastava la tenera protezione di un solco
per uscire
dalla propria vita e darla a un piccolo corpo.
Poi, tutto si sciolse e tornò il dolore: Erode che aspettava
il ritorno dei magi, i magi che quel ritorno elusero,
la fuga
di Maria su un asino e Giuseppe che ad essi correva intorno,
a stancarsi d'amore.
In quell'esule viaggio,
il tempo
s'era di nuovo tinto di pianto, aveva ripreso
tra le sue dita d'aria
gli affanni degli uomini, le immagini
che divorava, il sangue dei pensieri dimenticati.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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