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24/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Poesia e stupore



Difficile individuare le sorgive della poesia, la purezza di quel silenzio, una ricerca nel buio di ciò che precede il linguaggio. Ha scritto Heidegger ("In cammino verso il Linguaggio", 1958): "Il poeta esperisce la sua vocazione di poeta come una chiamata alla parola quale fonte dell’essere”.

 

 

 

 

 RINO MELE

 

 

Poesia e stupore

 

Le parole sono il volto del dolore.

Imparando a parlare, i bambini diventano se stessi negli altri, 

abbandonano il pensiero continuo - il cielo nel 

bosco d'acqua del mare - per ferirsi 

nei frammenti di uno specchio: dove l'inconoscibile nostro corpo 

riflesso è slegato e diverso. Niente è più uguale 

nel nostro grammaticale

parlare, è un continuo disunire, allontanare, disgiungere, tagliare, 

ed è così che la parola

progressivamente si sostituisce al pensiero, crediamo 

di pensare quello che diciamo 

come automi impauriti - e subito dimentichiamo. Alla fine della vita

rimane di noi un ischeletrito 

pronome personale, 

vuoto, effimero come un insetto, le lunghe ali spezzate, il loro 

disperato ultimo movimento per fingere 

di volare. Tra le ondose parole 

di una torrenziale alluvione, la poesia tenta 

di risalire la forza di quel fiume: cerca l'enigma del pensiero

prima della parola,

quando era solo stupore.

Ritrovare parole nuove come gusci di mare, l'odore d'erbe, 

il latte che - appena nati - ingorga, e non ti lascia

respirare, 

il tepore della cagna bianca che addormenta 

i suoi cuccioli. E le ombre dei morti nascoste nelle parole 

raggiungono un meravigliato silenzio.

La sera s'apre in un azzurro così chiaro che sembra pioggia,

col volto bagnato 

tua madre ti preme le labbra scure sul volto e s’allontana.

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

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