Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

22/11/24 ore

Cantavano il Cimberlik



Nelle “Conversazioni della Corte”, presso la corte comunale di Sabaudia, è stato presentato qualche giorno fa il libro di Paola Giacobbe “Cantavano il Cimberlik – Storie e immagini di una famiglia italiana dalla Belle Epoque agli anni Cinquanta”.

 

Marilena Gelardi, l'assessore comunale alla Cultura, Turismo e Spettacolo, dopo aver lodato lo stile scorrevole e chiaro dell’autrice, ha in particolare individuato nell’opera un’esaltazione di sentimenti e legami familiari, mentre il giornalista Romano Tripodi ha sottolineato come il testo non è soltanto la storia di una bella famiglia italiana, ma anche un saggio storico serio e ben documentato sul ‘900 italiano, su un’Italia “diversa” che dopo 2 guerre mondiali ebbe ancora la forza di rimettersi in piedi con coraggio, grazie ai valori e ai principi sani di tanti italiani.

 

La prof. Nietta Corradi ha letto alcuni brani del testo alla presenza dell’autrice la quale li ha commentati con evidente commozione, aggiungendo significative testimonianze e documenti d’epoca. La proiezione su schermo di belle immagini in bianco e nero, accompagnate dalla musica di Piovani, di un filmato davvero pregevole preparato dalla figlia della scrittrice, Valentina, ha prodotto significativi e coinvolgenti effetti.

 

Queste stesse idee le ritroviamo nella presentazione elaborata dalla GBE/Ginevra Bentivoglio Editoria che ha pubblicato il libro. Eccone uno stralcio: “A metà tra diario familiare e documento storico, il libro di P. Giacobbe ripercorre le vicende vissute dagli uomini e dalle donne della sua famiglia, nella cui memoria si intravede il ritratto di un’intera epoca. Coinvolgendo più generazioni in una cavalcata lunga mezzo secolo, “Cantavano il Cimberlik “ (un motivetto anni ’30) si immette gradualmente nel flusso della grande Storia fondendo il calore dei ricordi con la grande memoria collettiva del Novecento.

 

Il fatto che l’autrice sia discendente diretta dei protagonisti delle vicende conferisce una particolarissima forza espressiva, mentre a corroborare la valenza storica dell’opera vi è la presenza di numerose fotografie, testimoni in bianco e nero di un mondo in cambiamento.

 

Snodandosi lungo il Novecento, il ‘fotoracconto’ di Paola Giacobbe ci parla, tra le altre cose, della Roma spensierata e liberty di inizio secolo, attraversata dalle carrozze e da un Tevere che era ancora “biondo” e balneabile, per poi arrivare alle imprese coloniali in epoca fascista e alla tragica esperienza della guerra, fino all’arrivo dell’8 settembre e al sorgere della nuova Italia repubblicana, malconcia ma piena di energia, già pronta a vivere il suo boom”.

 

Il Prof. Luciano Zani, Ordinario di Storia Contemporanea alla ‘Sapienza’ Università di Roma, autore della prefazione, sottolinea che il principale obiettivo della scrittrice è “quello di salvare la memoria di chi non c’è più dall’usura del tempo, trasmettendo alle ultime generazioni il patrimonio biologico e culturale di cui sono almeno in parte il prodotto, per renderle il più possibile consapevoli delle loro radici”, ricordando poi che “è Storia anche questa, pur se lontana dagli stilemi della storiografia accademica”.

 

Ho comprato il libro e l’ho letto in poche ore, aiutata dallo stile semplice e schietto, e profondamente coinvolta da quei ricordi che sono in parte molto simili ai miei: i racconti di nonno Mario, generale in pensione sopravvissuto alle due guerre mondiali, di nonna Lucia, dei miei genitori e di tanti zii e cugini che un tempo formavano le grandi famiglie italiane che si riunivano e dialogavano animatamente sui gravi problemi del tempo, confrontandosi con sincerità nel fervore ricostruttivo del dopoguerra, pur se di opinioni politiche diverse.

 

Nacquero là gli ideali di libertà e vera democrazia, oggi spesso calpestati e derisi. Una frase del libro (un detto argentino) mi ha molto colpita: “Ogni volta che muore una persona anziana, è come se andasse a fuoco un’intera biblioteca…”. E un’ironica domanda ora sorge in me spontanea, osservando la realtà che mi circonda: - Ma figli e nipoti come fanno ad ascoltarli gli anziani, se sembrano ipnotizzati in “full immersion” nei tablet?-. Forse saremo costretti raggiungerli sui social network per comunicare: i tempi cambiano e ci dobbiamo adeguare …!

 

Giovanna D’Arbitrio


Aggiungi commento