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29/12/24 ore

Camille Saint-Saëns. Il Re degli spiriti musicali


  • Elena Lattes

Camille Saint-Saëns è stato un genio della musica dalla lunga carriera, ma nonostante questo, in Italia è poco conosciuto. Recentemente, però, Giuseppe Clericetti, voce di Rete Due, il canale culturale della Radiotelevisione Svizzera, ha pubblicato per la Zecchini Editore una corposa biografia del compositore francese, permettendo agli italiani di conoscere più a fondo lui e le sue numerose opere.

 

Nato a Parigi nel 1835 e rimasto orfano di padre a 3 mesi, Camille Saint-Saëns crebbe figlio unico, con la mamma e la pro-zia. Bambino precoce, fu uno dei pochi a possedere l’orecchio assoluto (ossia la capacità di riconoscere una nota senza un tono di riferimento).

 

A tre anni sapeva già leggere e scrivere, a quattro compose un breve pezzo per pianoforte tuttora conservato presso la Biblioteca Nazionale di Francia, a cinque si esibì per la prima volta accompagnando al pianoforte una sonata per violino di Beethoven e a soli sei scrisse ben 10 brani, due Galop, due Andante, Petit Galop, Variation, Berceuse e tre Walse. A 8 cominciò a prendere lezioni di musica, entrando poi nel Conservatorio parigino dove studiò organo e composizione.

 

Ebbe una lunga carriera e la sua esistenza ha attraversato numerosi momenti salienti della storia tra otto e novecento: frequentò i salotti dell’alta società, in particolare quelli di Wagner,  dei coniugi Viardot e quello della Principessa Mathilde Bonaparte Demidoff, figlia del terzo fratello di Napoleone, a cui dedicò la Sérénade op. 15. Grazie a lei e alla sua protezione venne esonerato dal servizio militare.

 

A 40 anni si sposò e non molto tempo dopo perse due figli piccolissimi a poca distanza uno dall’altro, dolori che gli faranno, come dice egli stesso, perdere la fede: “sono stato devoto quanto più lo si può essere, cattolico appassionato al punto che quando passavo vicino a una cappella protestante avevo voglia di appiccarvi il fuoco! Ma la mia ragione è cresciuta; poco a poco ha corroso la mia fede, ed è arrivato un momento dove bisognava prendere partito per una o per l’altra. È stata una crisi terribile, una lacerazione orribile; (…) Ci si accontenta di una religiosità vaga; si recita il Credo senza riflettervi, senza vedere le impossibilità che esso enuncia a ogni parola (…). Quando scrivo musica religiosa mi metto volontariamente in questo stato di religiosità vaga, nel quale vive la maggioranza dei fedeli, ciò mi permette di scriverla in tutta sincerità”.

 

Dopo aver abbandonato la moglie, visse per 14 anni senza fissa dimora, trascorrendo l’inverno nei paesi arabi per ripararsi dal freddo ed effettuando spesso “lunghi viaggi in America e Asia”. Si stabilì poi a Parigi nel 1904, ma successivamente tornò in Africa, trasferendosi ad Algeri, dove morì di polmonite all’età di 86 anni.

 

Saint-Saëns era dotato di grande memoria e di grande talento, sia nell’improvvisazione all’organo (di queste improvvisazioni sono rimaste numerose tracce: alcune nelle sue composizioni organistiche, altre nelle quindici cadenze scritte per dodici concerti di Mozart e di Beethoven), sia nell’esecuzione e nella lettura delle partiture orchestrali più complesse, ma non era particolarmente geniale nella sua creatività e nell’espressione dei sentimenti.

 

Fu promotore del movimento musicale strumentale, nonché uno dei primi ad interessarsi all’harmonium, un tipo di organo – nuovo per l’epoca - costituito da una o più tastiere  e da due pedali per il quale fu tra i primissimi a scrivere e pubblicare diverse composizioni.  Egli aveva fiducia, infatti, nella modernità, tanto che nel 1908 musicò un film.

 

Collaborò anche con numerose testate giornalistiche: “La renaissance littéraire et artistique”, “Le bon sens”, “Le Voltaire”, “La France”, “L’Echo de Paris”, “Les annales politiques et littéraires”, lasciando inoltre molti articoli sparsi in altri vari giornali. Non solo, figura eclettica, si occupò di numerosi altri argomenti, quali la letteratura e l’entomologia.

 

Scrisse alcune poesie, giocando scherzosamente con le parole e difese strenuamente la sua lingua: “Credo nella lingua francese, nella sua bellezza, nella sua semidivinità; la lingua delle principesse, regine e imperatrici, dalla chiarezza proverbiale, l’arte delle sfumature impalpabili, delle delicatezze innominate” e la diversità della grafia dalla pronuncia (soprattutto le e finali che sono notoriamente mute, le h ereditate dal greco e latino, le doppie consonanti, il trattino in alcune parole composte, la c al posto della k).

 

Scrisse anche su piante e animali, dedicandosi particolarmente a farfalle e coleotteri, i quali, secondo la sua teoria, possono essere dotati di un’intelligenza simile a quella dell’uomo e indignandosi di fronte alle crudeltà che gli esseri umani usano verso di essi.

 

Il lavoro di Clericetti, che è ancor più apprezzabile se si considera che Saint- Saëns non ha lasciato memorie di sé ne diari, consta di due parti: la prima è la vera e propria biografia suddivisa in 6 capitoli di cui 5 sulla sua vita e uno relativo al “dopo Saint-Saëns”, la seconda è dedicata ai suoi scritti, suddivisi tra letteratura, Filosofi, Scienza e, naturalmente, Musica. A conclusione il volume è corredato da 5 appendici.

 

 


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