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12/10/24 ore

La via del ricordo, di Sergio Badino


  • Elena Lattes

Renata, detta Rena, è una ragazzina che frequenta la scuola media, è figlia unica e i suoi genitori lavorano tutto il giorno in una cartoleria. Per questo trascorre molto tempo con i nonni paterni ai quali è molto affezionata.

 

Un pomeriggio, mentre sta facendo i compiti, apprende della scomparsa di nonna Anna, un’anziana, ma vispa signora amante delle piante, in particolare della lavanda, che negli ultimi anni si è interamente dedicata ad un’attività di volontariato

 

Questa morte improvvisa lascia un vuoto incolmabile nel marito Umberto, nel figlio, nella nuora e nella nipotina, i quali, da quel momento, si troveranno di fronte ad un mistero che si impegneranno a dipanare.

 

Così inizia “La via del ricordo”, un romanzo per ragazzi scritto da Sergio Badino e  pubblicato nella collana Gulliver delle Edizioni Dehoniane nel quale vengono trattate numerose importanti tematiche quali ad esempio, la Shoà, l’elaborazione del lutto, la trasmissione della memoria e il dover gestire malattie degenerative.

 

È Renata a raccontare in prima persona come, in una calda giornata d’estate, scopre, quasi per caso, il numero tatuato sul braccio della nonna. Da qui partono le domande della piccola e le relative risposte attraverso le quali vengono raccontate le terribili vicissitudini di Anna e Umberto, entrambi ebrei, deportati ad Auschwitz e unici sopravvissuti alle loro famiglie.

 

I due, che all’epoca erano bambini, hanno nel tempo reagito in maniera diametralmente opposta: mentre la nonna sente la necessità e il dovere di raccontare, indagare e trovare persone che hanno avuto esperienze analoghe, il nonno non ha mai voluto affrontare l’argomento chiudendosi in un doloroso silenzio ed evitando qualunque esperienza che gli potesse ricordare quei terribili anni.

 

Ecco perché, quando nonna Anna muore, nessuno riesce a capire la misteriosa telefonata ricevuta poco dopo la sua scomparsa e alcuni appunti lasciati dall’anziana signora. Soltanto grazie alla tenacia e all’intraprendenza di Renata, unite alle amorevoli comprensioni e attenzioni verso il nonno e le sue sofferenze sia da parte sua che dei genitori, il piccolo nucleo familiare riuscirà a ricollegare tutte le tessere del puzzle.

 

L’autore ha ben amalgamato in un unico racconto due aspetti della memoria e dei rischi che si corrono quando si comincia a perderla: da un lato la degenerazione fisica progressiva di cui possono soffrire singoli individui e che, con adeguate cure, si può rallentare (ma al momento non ancora impedire del tutto), dall’altro l’oblio collettivo di ciò che avvenne soltanto pochi decenni fa; pericolo, quest’ultimo, che si può (e si deve) contrastare con la diffusione della conoscenza e il passaggio del testimone alle nuove generazioni.

Nasce così un confronto fra persone con età ed esperienze molto diverse all’insegna del rispetto e della creazione di uno spazio in cui i più giovani accolgono le sofferenze di chi li precede (o li ha preceduti) che porterà tutti i protagonisti ad una crescita di consapevolezza, maturazione e apertura.

 

La struttura narrativa è sostanzialmente lineare con alcuni flashback sul vissuto durante il periodo della guerra e delle deportazioni e sulle conversazioni fra Anna e Renata nei pomeriggi che quest’ultima trascorre a casa dei nonni. 

 

Un racconto avvincente con molti elementi fantasiosi ma non del tutto inverosimili (nel quale si tratta anche il tema dell’amicizia e dei piccoli amori che nascono fra i banchi di scuola), ben pensato per coinvolgere i giovanissimi delle medie e dei primi anni delle superiori in una lettura leggera, ma profonda.

 

 


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