Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

21/11/24 ore

‘Spostando l'acqua in un tuffo’, di Ermanno Dodaro e Tullia Ranieri


  • Giovanni Lauricella

Strano trovarsi davanti un libro come  “Spostando l'acqua in un tuffo” (Fefè Editore), scritto da Ermanno Dodaro e Tullia Ranieri, che parla di esuli da Istria e Dalmazia del periodo successivo alla seconda guerra mondiale, uscito proprio in questi giorni in cui ci troviamo sotto il martellamento mediatico di altre due guerre, di Ucraina e di Palestina, che causano tanti danni e morti, con gli stessi drammi umani, una coincidenza che da alla narrazione un particolare significato.

 

Ancora più strano è che il libro, invece di narrare la vicenda come ci si potrebbe aspettare, ovvero come esodo di un popolo, si snoda in un'articolazione bizzarra tra varie vicissitudini familiari.

 

Infatti, a detta degli autori,  è un “libro bizzarro, salta di palo in frasca, zompa, ride, piange. Si avvolge su se stesso, cerca parafrasi, si avvita in argomentazioni e argomenta motivazioni, inciampa e cade, sussurra e si contorce, dà l’addio definitivo e bussa alla porta del cuore dopo tre secondi”.

 

Così invece di immergersi in una prevedibile tragedia, a sprazzi ti trovi in tutt'altra dimensione, avvolto da una piacevole lettura; si potrebbe dire che è forse la stessa scrittura, per come viene offerta, il filo conduttore che ti accompagna sino alla fine del libro.

 

Come a comporre un patchwork,  si sommano in continuazione frammenti di storie delle vicissitudini di Nicola, Dina, Pina, Gilda, Anna, Tilde, Arturo, personaggi che ti fanno rivivere il loro luogo di origine, Lestovo, piccola isola tra Spalato e Dubrovnik, Làgosta in italiano, Augusta Insula in latino, Làdeston in greco, oggi Croazia, luogo di partenza dalla Giuliano-Dalmata.

 

Come a contraddire una frase del libro “Chi perde la propria terra perde la propria anima”, i due autori imprimono alla narrazione un ritmo tale da coinvolgere il lettore in qualcosa di denso e appassionante, a conferirgli quell'anima tribolata che è l'attrattiva del racconto, che non ha un finale, ma forse molti.

 

Il libro prende spunto da fatti veri, benché incredibili, narrando di come una famiglia pugliese dal sud si trasferisce a far fortuna nel mitico nord, dove il nonno dell'autore, Ermanno Dodaro, apre un emporio, l'unico dell'isola: un successo presto deluso dall'inizio della seconda guerra mondiale con tutti gli strascichi che si possono  immaginare, con un'intensificazione di cadenza narrativa, perché di lì successivamente si dipaneranno storie che si ramificheranno in varie parti dell'Italia e in altre parti del mondo.

 

Una famiglia numerosa tesse una serie di storie talmente intrecciate che sono difficili da credere, ma che non sono altro che la prova della sua vitalità, la garanzia di riuscire a cavarsela in questo travagliato mondo. 

 

Un libro che ti fa vivere il dramma delle peripezie storiche, per cui inaspettatamente e continuamente un nucleo familiare può essere coinvolto e travolto da fatti sorprendenti, e sopravvivere.

 

 


Aggiungi commento