Ido è un dodicenne che vive spensierato a Ramat Gan, una cittadina nell’hinterland di Tel Aviv. La sua famiglia, decisamente laica e benestante, è composta da una sorella di poco più grande, dal papà architetto e dalla mamma impegnatissima giorno e notte nell’hi-tech.
Le loro giornate trascorrono nella normale routine quotidiana, quando all’improvviso piombano in casa 5 bambini, figli di un’amica della mamma che dovranno essere ospitati per un periodo apparentemente breve perché i genitori non possono prendersi cura di loro.
Di età compresa fra i pochi mesi e i dodici anni, i piccoli sono ebrei ortodossi, ovvero appartengono a quel gruppo le cui donne indossano soltanto abiti lunghi che coprono gambe e braccia, mentre i maschi hanno sempre la testa coperta e le frange del manto religioso che sporgono dalla camicia. Non guardano la televisione e di sabato non usano apparecchi elettrici ed elettronici. In sintesi, per il nostro protagonista e sua sorella Noy, essi rappresentano un mondo completamente diverso e quasi del tutto sconosciuto.
Affinché gli ospiti si sentano il più a loro agio possibile e non soffrano di nostalgia, Ido e i suoi familiari fanno finta di essere anche loro osservanti, provocando situazioni a volte imbarazzanti, altre esilaranti. Per il dodicenne, però, sarà l’occasione per superare molti pregiudizi e soprattutto per scoprire il significato dell’essere innamorati. Viene infatti conquistato immediatamente dalla bellezza e dalla delicatezza della più grande dei cinque, la sua coetanea Avigail.
Scritto sotto forma di diario autobiografico, con un linguaggio semplice e adatto ai più giovani, Ghila Piattelli racconta in “Innamorato di una dossa” pubblicato da Ancora editrice, l’incontro di due mondi apparentemente lontanissimi ed inconciliabili, ma che, attraverso gli occhi di un vivace ragazzino, si scoprirà essere molto più vicini di quanto non si pensi comunemente.
Una storia relativamente breve, costruita come una sorta di puzzle, nella quale i pezzi vengono fuori e messi insieme progressivamente, fino a dipanare tutti i misteri iniziali come in un vero e proprio giallo.
Oltre alla presentazione in forma piacevolmente didattica di alcuni aspetti della variegata società israeliana, numerosi sono i temi toccati: dall’illustrazione con un linguaggio moderno i pensieri e i sentimenti degli attuali adolescenti ai valori quali quelli dell’amicizia, del rispetto, della filantropia, del rapporto con i coetanei e della saggezza conquistata con l’età e l’esperienza in contrapposizione con l’ingenuità, la superficialità e il disorientamento di fronte a situazioni nuove e inaspettate, la resilienza e il non giudicare il prossimo.
Ido, infatti, nei momenti di maggiore solitudine trova appoggio in una nonna lontana e in un libraio vicino. Alla prima, che vive negli Stati Uniti e risulta essere una figura molto arzilla e premurosa (come quasi tutte le nonne), ma anche un po’ goffa a causa della sua età, il ragazzino chiede aiuto per dipanare il mistero intorno ai genitori dei piccoli ospiti.
Il secondo è il saggio confidente che lo aiuta a trovare i lati positivi in ogni situazione e le risposte alle domande esistenziali tipiche di ogni adolescente: “Me l’aveva detto Micha, il libraio di via Ben Eliezer a Ramat Gan, città in cui vivevo.
Lui sapeva tutto, anche se passava le giornate in un bugigattolo polveroso pieno di libri e senza smartphone; usava ancora un telefono collegato attraverso un filo a una presa al muro, un apparecchio così antiquato che neanche nonna Lora, a Miami, aveva ancora una roba del genere in casa.”
Questo libro può dunque aiutare a capire alcuni aspetti di una società complessa e multiforme come quella israeliana accompagnando il lettore ad immergersi in un’atmosfera di leggerezza e serenità, lontana dalle tensioni di questo periodo così difficile.
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