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18/05/24 ore

'Noi rifugiati' di Hannah Arendt



di Maurizio Musu

 

Dalla banalità del male alle origini del totalitarismo, il pamphlet “Noi rifugiati” di Hannah Arendt rappresenta uno dei temi più divisivi della storia contemporanea.

 

Scritto nel 1943, l’edizione attuale della Einaudi, curata dalla professoressa Donatella di Cesare Noi rifugiati poneva, già a suo tempo, le basi sul tema degli apolidi e più in generale di coloro che venivano rinnegati dal proprio Paese. Dalle ragioni meramente fisiche per arrivare alle più idealistiche posizioni politico-culturali.

 

Diverso quindi rinnegato se non eliminato! Come nel caso degli ebrei tedeschi.

 

Prendendo a prestito il titolo della biennale d’arte di Venezia 2024, “Foreigners Everywhere - Stranieri Ovunque”, ci rendiamo conto di quanto il tema sia un’emergenza culturale e sociale della contemporanei.

 

Nell’oggi dei Vannacci (prestati alla politica dei Salvini di turno), la questione diventa ancor più legittimata, e dirimente, ad essere discussa non più e non solo nei palazzi della Politica.

 

L’impatto culturale e sociale sono tali che le propaggini di una campagna denigratoria contro qualcuno o, peggio, un popolo intero - oggi più che mai - investono sia le aule delle scuole e delle università, sia i dibattiti pubblici dei vari talk show.

 

Il tema pone ancor più in essere la domanda che la filosofa già si poneva a suo tempo su quali fossero, e siano, i diritti degli apolidi e dei rifugiati

 

Quando sei straniero nel tuo Paese, e nel Paese accogliente sei sempre visto come un diverso, quando in una società sempre più cosmopolita, in cui il meltingpot è il “principio esistenza” delle democrazie e dei Governi, la riflessione della Arendt sulla mancanza di un diritto cosmopolitico che assicuri i diritti umani - “il diritto ad avere diritti” -, diventa, oggi più che mai, una nuova urgenza in questo paradosso della democrazia. 

 

L’uguaglianza, principio fondante, diventa la trappola della Democrazia nel legittimare l’annullamento del diverso in qualsiasi modo. Campi di sterminio e campi profughi ne sono una testimonianza vecchia e nuova del principio egualitario. (Si legga a tal proposito un testo di alcuni anni fa del filosofo americano Thomas Nagel, I paradossi dell’uguaglianza. Una proposta non utopica di giustizia sociale, ed. Società Aperta).

 

Essere Stranieri deve essere il “principio esistenza” del singolo, e di una minoranza, all’interno di uno Stato ma più in generale di una qualsivoglia Democrazia.

 

Perché leggere questo libro? Perché lo spirito critico è il vaccino alle illusioni del populismo e dei privilegiati del potere.

 

 


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