La presenza ebraica a Padova è testimoniata da documenti che risalgono al quattordicesimo secolo e che vennero raccolti da Antonio Ciscati nel 1901. Poco meno di un secolo dopo, il suo lavoro fu ripreso da Claudia De Benedetti che lo riorganizzò e lo sintetizzò in due volumi, rispettivamente nel 1998 e nel 2000.
A distanza di ulteriori vent’anni alcuni studiosi sentirono l’esigenza di approfondire e aggiornare quelle ricerche, sicché nel 2022 nacque un comitato scientifico composto per lo più da storici e rabbini e coordinato dal professor Pier Cesare Ioly Zorattini, dal rav Adolfo Locci e dall’architetto Stefano Zaggia, che in occasione degli ottocento anni dalla fondazione dell’Ateneo patavino, organizzò il convegno “Gli ebrei a Padova tra tradizione religiosa ed emancipazione civile dall’età moderna all’età contemporanea” i cui contenuti sono poi stati pubblicati dalla casa editrice Giuntina con il titolo “Gli ebrei a Padova dal Medioevo ai giorni nostri”.
Un lavoro collegiale che parte dal 1300 per arrivare ai nostri giorni e che tratta diversi argomenti, come gli aspetti sociali, economici, organizzativi e relazionali di questa comunità piccola dal punto di vista numerico, ma sempre molto vivace e articolata.
Agli italiani infatti, si aggiunsero, nel corso dei secoli, i profughi provenienti sia dall’Europa centro orientale – tanto che, nel 1472 venne fondata la prima sinagoga di rito tedesco - sia dalla Spagna e dal Portogallo (in seguito all’Inquisizione e alla cacciata dalla Penisola Iberica operata dai cattolicissimi Isabella e Ferdinando).
Nonostante le restrizioni e le vessazioni verso gli ebrei in tutta la Penisola che andavano via via aumentando, e che a Padova erano già presenti dagli inizi del ‘400 (come la proibizione di acquistare immobili e l’obbligo di portare il “segno”) in quel periodo gli abitanti locali riuscirono ad ottenere alcuni “privilegi”, per l’epoca non del tutto scontati, come la possibilità di prendere in affitto case sia ad uso privato che ad uso lavorativo e religioso. Venne altresì stabilito che “gli ebrei non dovessero venire molestati durante le loro funzioni liturgiche né tantomeno venir turbati nei loro cimiteri né durante le loro festività (…) né che i bambini minori di tredici anni potessero esser battezzati contro la volontà dei genitori”.
La comunità visse, però, anche periodi molto bui, non solo a causa dei capricci dei vari governanti che si alternarono, ma anche ad esempio, per abusi e furti di corpi da parte dei giovani che praticavano e assistevano alle lezioni di anatomia nel XVI e XVII secolo; per la peste immortalata dal Manzoni nei Promessi Sposi e della quale abbiamo una dettagliata testimonianza del rabbino Avraham Catalano. Non si possono dimenticare, poi, le leggi razziali, le persecuzioni e le deportazioni del secolo da poco trascorso.
Nonostante le difficoltà, la comunità contribuì notevolmente alla vita economica e culturale in tutte le epoche affrontate. Basti pensare a Moshè Hayyim Luzzatto, insigne poeta, drammaturgo, filosofo e cabbalista del diciottesimo secolo; al mistico, ma meno noto, Moshè David Valle; a Tullio Levi Civita, fisico e matematico noto soprattutto per il suo lavoro sul calcolo differenziale applicato alla teoria della relatività; ma anche all’istituzione di un importante collegio rabbinico, alle numerose presenze nell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti, o alla grande partecipazione nel Risorgimento e nella prima guerra mondiale che costarono la vita a diversi giovani. Nel 1846 venne fondata, grazie al contributo di Giacomo Treves, la Società Promotrice delle Belle Arti per sostenere gli artisti dell’Accademia di Venezia e di Padova.
Sebbene sia un testo a carattere prevalentemente storico, sono rilevanti anche i contributi in materia architettonica ed esegetica, l’analisi degli aspetti socio-economici della città nel secondo dopoguerra e le riflessioni sul presente e sul futuro della comunità.
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